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 2020  aprile 12 Domenica calendario

L’isolamento di Sveva Casati Modignani

“Al mattino apro gli occhi, mi tocco e dico: bene, non sono morta neanche oggi”.
Bice Cairati ha ottantuno anni. Gli italiani la conoscono per via dei suoi cuori infranti, degli intrighi e dei veleni, i sentimenti e le lacrime che lei cuce, da sarta potente e precisa, e ripiega nelle decine di romanzi che soprattutto le signore italiane divorano. Ha raggiunto e superato la montagna dei dodici milioni di copie vendute.
Sveva Casati Modignani, il nome d’arte, è lady bestseller. Ed è la sciura milanese per antonomasia
Milanese oltre l’immaginabile. Genitori, nonni, trisavoli e via regredendo fino al Medioevo.
Una sciura angosciata oppure ottimista?
Contare i morti, quelli della mia età, è così crudele e anche così ingiusto. L’esito di questa sciagura la intesto alla bella gente chiamata a curare la cosa pubblica. Gente di quattro soldi, senza capacità e senza moralità. Cosicché le dimensioni di questa tragedia si sono fatte catastrofiche.
L’ecatombe proprio da voi lombardi, cuore dell’economia, motore dell’Italia.
Infatti i tanti bauscia che conosco bene si domandano stupefatti: ma come è possibile? A noi è successa una cosa simile invece che a Napoli?
Lei scrive romanzi popolari, a volte pieni di cipria, ma nasconde alle sue tante lettrici di mezza età il suo pensiero vigoroso e definitivo.
Non mi sono mai sottratta a nessuna questione. Domandi pure.
Domando: ha colpe da imputare?
Le responsabilità politiche sono chiare e d’altronde questa società ha premiato prima il berlusconismo gaudente, poi la demagogia renziana. Adesso noto che va dietro al rosario di Salvini. Questa epidemia chiama la storia recente sul banco degli imputati. Gli ospedali chiusi, i finanziamenti tagliati, i soldi deviati verso le tasche degli amici. E il conto è arrivato particolarmente salato, proprio qua, nella mia Milano, nella mia Lombardia.
Le tocca assistere, come tutti, alla conta quotidiana dei caduti.
E seguo ossessivamente le indicazioni impartite dal governo. Mi scoccerebbe assai morire in ospedale, come quei tanti poveretti.
Lei ha una vitalità impetuosa
Conosco gli anni che ho. Quindi, come le dicevo, al mattino quando apro gli occhi avverto quel filo di fiducioso stupore. Che passa appena accendo la tv. Però, per mia fortuna, ho saputo dell’esistenza di Netflix e aggiro l’angoscia tuffandomi nelle serie sdolcinate e inconsistenti.
Trova modo per scrivere?
Mi impegna parecchio la scrittura. Ed è la mia personale exit strategy. Ora sono alle prese con la storia di un imprenditore: la sua vita, la sua voglia di fare del bene. Ho già il titolo in mente: Il Falco.
Lei ha vissuto il dopoguerra. Sarà così anche questa volta?
Il dopoguerra è stata una stagione d’oro, una cascina quotidiana dentro la quale noi abbiamo assistito alla vitale energia dei nostri genitori. Che ci invitavano a guardare avanti, a costruire. E soprattutto a essere onesti. È stato un grande dono vivere il dopoguerra.
Gli anni del boom sono stati meravigliosi e quelli recenti così odiosi?
Perché è giunta la stagione della furbizia, l’idea che la destrezza, la disinvoltura, la clientela potesse farci vincere. Non c’era bisogno di essere competenti, soltanto dritti, massimamente dritti. E così abbiamo inesorabilmente intrapreso la discesa. E ora eccoci qui, in questo disastro.
Pensa che non ce la faremo.
Penso invece che in molti daranno il meglio. Ma in parecchi mostreranno il peggio di sé. Nelle grandi ricostruzioni il bene e il male si affrontano e si sfidano. Sarà una competizione sfibrante.
L’Italia che prova sta dando. Il premier Conte come lo giudica?
Si dà da fare, noto che non gli manca una certa ambizione. Di lui ricevo giudizi divergenti. Ho sentito Maurizio Landini e gli pare una persona ragionevole: ‘Finalmente uno con cui si può parlare’. Un altro amico, un medico, mi ha detto invece che non capisce niente. Mi tengo nel mezzo e lo inchiodo a un voto di sufficienza. Vediamo dove andrà, cosa farà.
Lei cosa farà?
Che domande! Continuo gli arresti domiciliari. Curo le piante, guardo il cielo di Milano. Ho con me la badante, non ho problemi di danaro. Ho il necessario e anche il superfluo.
Parliamo del superfluo.
Il superfluo, contrariamente a quanto ci lasci intendere la parola, è necessario.
Spieghi con un esempio.
Con la minestra mi sfamo, col dessert mi consolo. Il superfluo è consolatorio, produce benefici oltre la stessa sua misura materiale.
La lascio al suo giardino, ai suoi fiori.
Sa che il cielo di Milano li stordisce? Mi sembrano dopati.