Il Sole 24 Ore, 12 aprile 2020
Intervista a Nicola Gratteri
Il mondo non può permettersi due pandemie. Quella da Covid-19 e quella della strapotenza sociale ed economica mafiosa. Per questo, più che all’oggi, il mondo deve concentrarsi sul “post” coronavirus, quando, stremato, dovrà fare i conti con mafie pandemiche che rischiano di diventare ancora più forti, cartelli messicani e ‘ndrangheta in testa.
Da questo punto di partenza, ruotano le riflessioni di Nicola Gratteri, 62 anni, a capo della Procura di Catanzaro, dalla quale prosegue una lotta che lo vede da sempre nel mirino delle cosche calabresi cementate, in quella cupola invisibile che lo stesso magistrato denuncia, con entità diverse ma sempre più agguerrite.
Finita l’emergenza come sarà cambiato il rapporto di forza tra Stato e mafie?
Se si eviteranno gli errori del passato, sarà più facile affrontare le mafie nell’immediato futuro. Bisogna, per esempio, partire dagli elenchi dei bisognosi. Bisogna utilizzare gli inquirenti che operano sul territorio per evitare che le risorse messe a disposizione dallo Stato finiscano nelle mani sbagliate. Questo è il primo e più importante passo da fare.
E poi?
Poi bisogna essere consequenziali su tutto, per evitare gli errori e le valutazioni che hanno consentito alle mafie di rafforzarsi durante la crisi del 2007-2009, quando hanno avuto la possibilità di depositare i loro soldi – senza eccessivi controlli – nelle banche di mezzo mondo.
La ‘ndrangheta anticipa sempre le mosse delle Istituzioni. Dunque, come approfitterà del post-emergenza?
Le mafie possono essere declinate in vari modi: ci sono livelli di mafia che cercano di arraffare risorse, senza soluzione di continuità e a maggior ragione in momenti come questi, ad esempio da vendita di prodotti contraffatti, mascherine e via di questo passo. Ci sono altri livelli di mafia che invece cercheranno di trasformare la crisi in opportunità e quindi, nella fase 2 di questo delicato momento, investire nell’economia della ricostruzione i soldi accumulati con il traffico di droga. Bisogna tenere conto che le mafie, come la ‘ndrangheta per esempio, sono rapaci. In passato, hanno sempre tratto vantaggi delle grandi emergenze. Cercheranno di farlo anche adesso.
Ogni mafia per conto proprio o con una scientifica divisione di spazi e settori?
Dal contrabbando di sigarette in poi, le principali organizzazioni criminali di stampo mafioso hanno imparato a coesistere, soprattutto quando gli interessi esulano dagli ambiti prettamente territoriali. Eviteranno come sempre di pestarsi i piedi.
Europol e Interpol hanno già le prime evidenze?
Ci sono avvisaglie sull’aumento di reati legati al cybercrime. Ci sono organizzazioni criminali, ma anche semplici avventurieri dei sistemi digitali. C’è un aumento di truffe online.
Finite le scorte di cocaina e narcotici vari come si muoveranno cosche e organizzazioni? I cartelli messicani e colombiani mostrano un grande nervosismo per frontiere blindate e mobilità ferma.
Questo è il periodo migliore per trasferire scorte di droga dai depositi dei narcos ai paesi di consumo. I container viaggiano anche in questa delicata fase e non bisogna certamente abbassare la guardia. Certo, sono diminuiti i reati, ma questo non significa che sia anche diminuita la richiesta dei tanti tossicodipendenti. Magari si staranno utilizzando meccanismi diversi di consegna.
Magari è il momento di dare una svolta al narcomercato mondiale...
Il Covid-19 potrebbe contribuire a creare nuovi scenari, in cui le droghe sintetiche avranno più mercato, dal momento che la loro produzione non dipende da principi attivi reperibili solo in determinate aree geografiche. Bisogna comunque evitare le valutazioni grottesche di chi pensa che le mafie siano in grado di leggere nella sfera di cristallo. Sono forti, ma non bisogna contribuire a renderne esagerata la narrazione.
A che punto è, oggi, il motto ‘ndranghetista secondo il quale «il mondo si divide tra la Calabria e ciò che lo sarà»?
In molte parti del mondo, le mafie si confermano purtroppo come fenomeni «a sviluppo indisturbato». È una sorta di inazione ottimale, il far nulla continua ad essere la più usata delle opzioni possibili. Se non si comincia a mettere in discussione questa strategia, la ‘ndrangheta avrà sempre più terreno fertile.
La ‘ndrangheta è una società di servizi e affari pronta a cogliere l’attimo. Oggi qual è l’attimo che viene colto?
Abbiamo la percezione che la ‘ndrangheta stia diversificando raggio e natura degli investimenti. Va sempre più alla ricerca dei paradisi normativi, dove è molto più facile delinquere.
Già, i paradisi fiscali, che abbiamo anche in Europa...
Non ho nessuna intenzione di criminalizzare interi settori, ma per individuare la presenza della ‘ndrangheta bisogna tenere conto dei paesi offshore, di quelli che alzano più gru per costruire palazzi, di quelli che offrono sponde al necessario riciclaggio del denaro. La ‘ndrangheta investe anche in settori che fino a qualche anno fa sembravano impensabili, come le criptovalute. C’è un altro aspetto interessante, le mafie usano sempre meno la violenza e molto più la corruzione.
Che cosa non hanno capito le istituzioni internazionali della lotta corale che deve essere condotta contro la ‘ndrangheta?
Le mafie non potrebbero esistere se non fossero intrecciate a poteri più visibili, come la politica, l’economia e le istituzioni. Per sciogliere un nodo così serrato non possono bastare né la magistratura né le polizie, ma serve un costante alimento etico-politico, un adeguato sostegno dello spirito pubblico e il coinvolgimento di persone e gruppi, élite e popolo per rendere concreta la convenienza della legalità e perdente quella dell’illegalità. Oggi purtroppo a Singapore, Panama e New York e in mille altri posti ancora che fanno meno notizia, le mafie più che come pericolo vengono viste come opportunità. Investono soldi e i soldi non puzzano. Laddove ci sono soldi sporchi ci sono anche faccendieri e uomini poco puliti.