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 2020  aprile 12 Domenica calendario

I giovani gioielli del calcio italiano

Abbiamo adesso giovani che riconciliano forse con il passato. Penso a Tonali, Chiesa, Barella, Castrovilli, lo stesso Sensi, forse Bernardeschi, Zaniolo quando tornerà. Bernardeschi è già oltre la giovinezza pura, ha 25 anni, si avvicina a essere un uomo. Era il migliore fino a tre anni fa, poi ha smesso di crescere. Ha avuto tanti piccoli infortuni e gli è pesato il lusso di andare nella squadra migliore, la Juve, dove ci vuole tanto peso per trovare un posto. La Juve ha sempre in mano i migliori giovani del paese, ma deve via via rinunciarci perché non ha il tempo di prepararli. E quando potrebbero essere pronti, il loro posto è già occupato da Ramsey o Rabiot, non ha modo di provarli. Oggi andare alla Juve per un giovane bravo è una condanna di lusso. Nome, stipendio, ottima stampa sicura, ma anche un posto nella periferia del calcio, un cambio continuo alla Sensi o alla Mandragora. Bernardeschi è oggi l’esempio migliore del seme travolto dall’inverno, terra dubbiosa, coltivata a istinto. Un giorno farà un grande campionato ma non nella Juve. È un numero uno pallido, non spinge gli altri, ha purezza, bisogno di essere aspettato. Può portare entusiasmo in una squadra in cui il fenomeno è lui, diventare sorpresa. O cambiare teatro, accettare la maglia numero tredici e diventare uno che sta bene su una grande tavola ma è un contorno alla notte, non cibo essenziale. Lo stesso rischio lo corre Tonali. Andrebbe alla Juve a fare cosa? Pjanic credo sarà venduto ma il titolare è Bentancur. Con Sarri, Tonali dovrebbe abituarsi a dare il pallone di prima, centotrenta palloni a partita. Non è ancora questo Tonali. Forse è di più. Tonali è un centrocampista completo, ha interdizione e inserimento, senso del gioco, fisico duro. È tecnico. Mi ricorda De Sisti giovane, uno dei migliori registi puri della storia, un po’ difensore, il resto diviso tra fantasia, ordine e carisma. Come De Sisti, Tonali è un uomo squadra, ha bisogno di essere al centro. Può la Juve mettersi in mano ai suoi vent’anni? Forse sì, ma è un rischio per chi gioca sempre per vincere. Altrettanto rischioso è averlo senza farlo giocare. Forse c’è un equivoco più profondo dentro la Juve. Davvero hanno confermato Sarri? Davvero la discussione si è fermata alla partita con l’Inter e davanti all’epidemia? Non ci sono ragioni tecniche reali per discuterne la guida, ma non ne esistevano nemmeno per Allegri. L’idea è che resti tra la casa e il tecnico una diffidenza di fondo non risolta, fermata solo dalla malattia. Una discussione più lenta, quasi sottovoce, ma ancora ricorrente. Chiesa è invece giocatore importante ma non ancora definito. Non ha un ruolo esatto. Come attaccante segna poco, come esterno è irresistibile e un po’ confuso. È uno di quei grandi giocatori futuri di cui aspetti sempre il passo successivo. È uno dei più veloci al mondo col pallone. A volte è così veloce da lasciarsi dietro lo strumento, è lì che nasce il suo vuoto, la differenza con Robben. Ma spezza le partite come pochi, così come divide chi guarda. Sarri non si fida di quelli che corrono a testa bassa. Nella rosa della Juve vedrebbe meglio Castrovilli. Prandelli dice che tra due-tre anni Chiesa sarà il più forte al mondo. Credo possa essere vero solo se imparerà a segnare. Non ha ancora né la potenza del tiro né la precisione. Molto meglio i trent’anni del padre che i venti del figlio. Forse gli servirebbe più Conte che Sarri. Chiesa può essere un attaccante laterale esatto per ritmo e cross. Con Conte dovrebbe imparare a seguire il proprio terzino. Nella Juve sarebbe un Douglas Costa integro e più all’italiana, meno verticale, meno automatico. Ferma ancora il pallone prima dello scatto, cioè ferma il gioco. Però, mescolando ci sono momenti di altissima qualità. Alla fine, il miglior giovane, il più completo, resta Barella, un’evoluzione gregaria di Tardelli. Ma Tardelli è stato (con Maldini) forse l’italiano migliore del dopoguerra.