Corriere della Sera, 12 aprile 2020
Putin, lo zar prudente
Alcuni uomini di Stato, dall’Europa all’India e alle Americhe, si stanno servendo della pandemia per attribuire a se stessi maggiori diritti. Il caso più recente è quello del primo ministro ungherese Viktor Orbán che ha ottenuto i pieni poteri da un Parlamento imbavagliato. Non è una sorpresa. Esiste una corrente sovranista, presente in quasi tutti i Paesi dell’Occidente, che detesta la democrazia rappresentativa, e approfitterebbe di qualsiasi sventura per sbarazzarsene.
Ma in questo quadro esiste anche una interessante eccezione. In Russia Vladimir Putin ha delegato ad altri la gestione della crisi. In una prima fase ha dato l’incarico al primo ministro Mikhail Mishustin. Più recentemente, quando il problema è ormai il livello della serrata che bisognerà imporre a città e regioni della intera Russia, si è fatto da parte per lasciare il compito alle autorità locali e, nel caso di Mosca, al sindaco Sergej Sobyanin. Prudenza e opportunismo? Probabilmente sì. Sobyanin, negli scorsi giorni, aveva approfittato di una trasmissione televisiva per ricordare a Putin che certi dati ottimistici diffusi sul futuro della crisi sono falsi e che la serrata a Mosca dovrà essere pressoché totale. Chiamato personalmente in causa, Putin ha preferito delegare ad altri decisioni che saranno certamente impopolari. Ma in altre occasioni aveva dato l’impressione di non temere le decisioni difficili. Quando un gruppo di terroristi ceceni, nell’ottobre del 2002, si impadronì del Teatro Dubrovka a Mosca e prese in ostaggio circa 850 spettatori, il presidente della Federazione permise alle forze speciali di iniettare nella sala un agente chimico che provocò la morte di 129 ostaggi e 39 terroristi. Ma in tempi di pandemia il teatro è un enorme Stato che copre 17 milioni di km², è abitato da una popolazione di potenziali ostaggi che ammonta a 144,5 milioni e ha condizioni climatiche che vanno dai grandi freddi della Siberia al clima mite dei mari meridionali (Azov, Caspio e Mar Nero). Per meglio gestire una tale varietà di situazioni locali, Putin ha preferito adottare una formula federalista delegando i suoi poteri alle autorità del posto. E anche in questo caso ci ha sorpreso adottando una linea che in altri tempi non corrispondeva alle sue preferenze. Dopo l’eccidio della scuola di Beslan, nel settembre 2004, Putin aveva corretto una legge federalista promulgata da Eltsin sulla elezione popolare dei governatori di provincia e li aveva trasformati in altrettanti prefetti. Oggi, in una situazione in cui sarebbe costretto ad adottare misure impopolari, ha delegato il compito ad altri. È prudente, probabilmente perché la sua maggiore preoccupazione in questo momento è l’approvazione di una riforma costituzionale che gli permetterà di rinnovare il mandato presidenziale. Putin non è forse democratico nel senso occidentale della parola. Ma è troppo attento agli umori della sua opinione pubblica per essere un vero dittatore.