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 2020  aprile 11 Sabato calendario

La burocrazia spiegata da Giovanni Legnini

Si è insediato mentre l’epidemia coronavirus bloccava i rari cantieri post-sisma 2016. Ma il commissario alla ricostruzione, Giovanni Legnini, nella sua prima intervista, anticipa una semplificazione burocratica capace di farne aprire «10.000 entro un anno, utilizzando gli oltre 9 miliardi già disponibili». E rilancia: «La ricostruzione può essere, non solo atto di giustizia, ma motore di ripresa dopo il Covid». 
I terremotati temono: «Per noi è finita». Non è così? 
«Il rischio c’è. Ma possiamo e dobbiamo scongiurarlo». 
Speranza finora delusa. 
«No, parlo di atti concreti, già assunti in pochi giorni. Migliaia di tecnici, lavoratori, fornitori e imprese, il cui reddito era legato alla ricostruzione, attendevano i pagamenti. Li ho sbloccati con due ordinanze da centinaia di milioni: per anticipare il 50% dei compensi ai professionisti per i 7.000 progetti già depositati, per i lavori fatti dalle imprese nei cantieri sospesi e per i Comuni, per rimborsi e nuovi interventi urgenti. Ma la più importante sarà la prossima ordinanza: darà rapidità e certezze per far decollare finalmente la ricostruzione». 
Ce la anticipa? 
«Attuando una norma varata a dicembre, agiremo con due leve antiburocrazia: forte responsabilizzazione di tecnici e proprietari e controlli preventivi e successivi sistematici e rigorosi. La filosofia sarà: stabilite e certificate voi come ricostruire e quanto spendere, nel rispetto delle norme edilizie, urbanistiche e finanziarie. Noi, Uffici speciali e Comuni, saremo inflessibili nei controlli». 
E i furbi? 
«Risponderanno anche penalmente. Rafforzerò i presidi di legalità. Ma non possiamo permetterci che la maggioranza di cittadini, imprese e professionisti onesti siano penalizzati da procedure e attese estenuanti». 
L’obiettivo? 
«Cento giorni per una pratica. Oggi serve in media un anno e mezzo: più di vent’anni per le ottantamila attese. Abbattiamo i tempi del 75%. Creiamo le condizioni per far aprire, dai prossimi mesi, almeno 10.000 cantieri. E numeri forse maggiori negli anni successivi». 
Con quali risorse e poteri? 
«I 6 miliardi della ricostruzione privata. I poteri del Commissario, non molti ma neanche pochi, in parte devoluti ai Presidenti di regione». 
Riguarderà quali edifici? 
«Miro a una platea ampia, spero il 70% di quelli privati. Per gli altri, occorrerà risolvere problemi di pianificazione complessi. A partire dai piani per i centri storici distrutti». 
Per Amatrice e gli altri centri storici a terra? 
«Sono preoccupato. La redazione dei piani spetta agli Usr e alle Regioni, con i Comuni e richiede ancora tempo. Io devo individuarli. Ho già avviato la procedura». 
Ricostruzione pubblica?
«È al palo. Bisogna accelerare su scuole, chiese e altre opere, per spendere i tre miliardi disponibili. Ma mi preoccupa di più l’economia. Occorre una misura di programmazione e incentivazione stabile sul modello Restart che introducemmo a L’Aquila e funziona. È il cuore dell’Italia, con bellezze straordinaria. Farlo rinascere è un dovere». 
Servono poteri speciali? 
«Governo e Parlamento hanno fatto tanto, ma serve un po’ di coraggio in più dalle forze politiche. Sarebbe un segnale di fiducia se nel prossimo decreto per l’emergenza coronavirus si puntasse su quelle aree, facendo sì che la ricostruzione diventi leva di ripresa. Serve un esercizio responsabile dei poteri, niente più procedure infinite, e severo controllo di legalità prima e dopo. Vale per il centro Italia, per l’Aquila e altri disastri. Non amo esportare modelli ma i poteri che servono sono quelli del Ponte Morandi. Solo il legislatore li può dare».