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 2020  aprile 11 Sabato calendario

Intervista a Sasha Waltz

Leonetta Bentivoglio
Come le altre città, strette nel tempo lungo e fermo di questi giorni, anche Berlino, metropoli solitamente frenetica, subisce una traumatica battuta d’arresto: «La vita avanza nel vuoto relativo delle strade», riferisce dalla sua casa berlinese la tedesca Sasha Waltz, coreografa di punta della Germania odierna e artista lanciatissima nel mondo.
«Qui vige una drastica riduzione della socialità», spiega. «Tra scuole chiuse e cancellazione degli eventi collettivi, si è creata un’atmosfera sospesa, benché a Berlino non domini una paralisi assoluta, come mi dicono che stia accadendo a Milano o a Venezia. Ci viene consentito di passeggiare e non pochi continuano ad andare al lavoro. Usciamo per la spesa e in molti, negli spazi aperti, sono impegnati a fare jogging: sull’asfalto dei marciapiedi si corre».
Nata a Kalsruhe nel ’63, Sasha Waltz è emersa da tempo internazionalmente come una delle autrici di danza e teatro più forti e originali di quest’inizio di millennio (firmò tra l’altro una memorabile regia dell’opera
Didone ed Enea di Purcell, tuffata in un gigantesco acquario scenico). Le sue tessiture coreografiche, eloquenti e ben cesellate, viaggiano in diversi linguaggi del corpo vissuti come indagini di un ampio raggio di potenzialità espressive. Attratta da tutti i vocabolari artistici, la Waltz ha pure lavorato molto sull’incontro fra nuova musica e danza, oltre che sui nessi tra movimento fisico e volumi architettonici (celebri le sue performance “site specific” in musei d’arte contemporanea).
Poiché in questo periodo sarebbe utile rammentare quanto l’arte possa nutrire, consolare, profetizzare, scavare nello spirito del tempo ed esplorare la natura dei contatti dando contributi umanistici alle crisi, la nostra conversazione telefonica verte su Allee der Kosmonauten (Allee in tedesco significa Viale, e quel Viale esiste veramente a Berlino), titolo di un pezzo di teatrodanza ideato da Sasha nel ’96 e atteso il 19, 20 e 21 ottobre al Teatro Olimpico di Roma (nell’ambito del festival Romaeuropa diretto da Fabrizio Grifasi). Lo spettacolo si svolge dal principio alla fine in un appartamento dove una famiglia ci appare intrappolata dentro una rete paradossale e buffa di legami amorevoli o perversi, aggressivi o provocanti, generosi o violenti. Il contesto unico, col suo perimetro senza scampo, enfatizza rivolgimenti, contrasti e giochi di ruoli, sottolineando i tratti delle personalità coinvolte. Proprio come accade in molte famiglie durante queste settimane.
Sasha Waltz: può descrivere il suo “Allee der Kosmonauten”, che arriverà a Roma in autunno?
«Nel ’96 sentivo il bisogno di creare qualcosa sulla convivenza in una bolla di angusta quotidianità. Cercavo anche un modo di avventurarmi nella condizione giovanile delle due Germanie riunite da poco, tema a cui ho dedicato più di un mio spettacolo. Feci un’inchiesta in certe zone di Berlino Est e in particolare nell’area di Marzahn, con la sua architettura socialista scandita da edifici simili tra loro.
Raccolsi vicende familiari, appuntai ritratti, analizzai gli ambienti e girai video poi confluiti nello spettacolo. I personaggi sono un padre, una madre e tre figli: due ragazze e un ragazzo, e in casa c’è anche il boy-friend della sorella maggiore. L’intreccio gira attorno a un divano e a un tavolo, e sollecita storie di attaccamento, rabbia e repressione».
Qualche esempio concreto?
«Certe azioni si focalizzano sulla presenza assurdamente ingombrante di un aspirapolvere, trasformato in un elemento importante del pezzo, dove oggetti e suoni incidono sui rapporti fra i membri di questa famiglia-archetipo. Un passaggio forte deriva dal tremendo disturbo che il figlio, il quale tiene altissima la musica, arreca a suo padre. Nei limiti invalicabili della casa, i movimenti e i gesti narrano con furia ed ironia il confronto dialettico tra generazioni differenti. Oggi, nel mio privato, sto attraversando una condizione analoga».
In che senso?
«Ho una figlia di sedici anni e un figlio di ventidue, che nelle attuali circostanze è tornato ad abitare da noi con la sua ragazza. In ogni stanza c’è qualcuno che parla, o scrive, o lavora al computer, o mangia, o fa esercizi… Bisogna dividere gli spazi e rispettarli, ed è una sfida piena di alti e bassi. Ci può essere un feeling positivo in questo dover stare insieme. A volte si hanno discussioni, ma il tempo per dialogare e conoscersi si dilata, e le persone si svelano sempre di più».
Intanto fuori, per le vie di Berlino, la gente corre per dimenticare...
«Credo invece che la gente corra perché si è resa conto di avere un solo corpo e un’unica vita. È vero che si sta facendo molto jogging, ma è naturale! Sentiamo la necessità di muoverci, in un presente oppresso da dinamiche cui non siamo abituati. Siamo divenuti più consapevoli del fisico e della salute».
In che modo realizzò il montaggio di “Allee der Kosmonauten”? E il pubblico come reagì?
«Diedi caratteri specifici ai danzatori e chiesi loro di svilupparli. Condussi improvvisazioni che prendevano spunti, oltre che dalle testimonianze accumulate, dalle esperienze delle loro vite e della mia. Lo spettacolo vinse premi e partecipò a festival di teatro, oltre che di danza. Andammo in tour in India, in Giappone, in America… All’epoca il fatto che ci fossero video in scena era inconsueto, e molti restarono sorpresi dal mix fra corpi e proiezioni. Il pezzo ottenne un successo tale da riaffiorare spesso nel repertorio della compagnia Sasha Waltz & Guests, ed è stato riallestito di recente alla Volksbühne di Berlino. Oggi gran parte degli interpreti è cambiata, ma il padre e la madre sono gli stessi della produzione originaria».
Lei è attivissima a Berlino, dove collabora con varie istituzioni, e Berlino ha fama di città prodiga con l’arte, che in questa fase si è fermata. Gli artisti ricevono sostegni?
«La scena indipendente soffre, e ciò riguarda musicisti, attori e danzatori: l’intera stagione è saltata. Ma a ogni artista free-lance il Land di Berlino ha dato subito cinquemila euro: un grande aiuto che permette a molti di andare avanti almeno fino all’estate.
L’attività del gruppo Sasha Waltz & Guests si svolge in rete: ho chiesto ai miei ballerini di tenere un diario in danza, scandito da estratti da eseguire nell’appartamento, in giardino, in balcone o sul tetto. Il nostro pubblico può restare connesso.
Ed è intenso il lavoro di training per adulti e di classi per bambini che stiamo portando avanti sulla rete».