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 2020  aprile 11 Sabato calendario

Come vestirsi in casa

Vestiti, stiamo a casa. L’abbigliamento che si indossa fra le pareti domestiche - sintetizzato nel termine anglosassone loungewear - ha la sua importanza. Soprattutto in questi giorni di Pasqua che, chi non è sola, festeggia in famiglia, forzatamente a casa, in terrazzo o in giardino. Sfruttiamo il fatto che stiamo riordinando gli armadi. Disseppelliamo qualche mise carina, anche se vintage, e facciamoci belle. Il trend per stemperare la tristezza di questo momento difficile è scandito da fantasie bucoliche, colori accesi, ma anche effetto candy. Cerchiamo il capo giusto fra i lunghi e freschi abiti estivi dimenticati; fra i pigiami comprati quando tanto andavano di moda la sera al mare. 
Le fantasie
Se Intimissimi punta su tinte unite e stampe floreali, ecco che F.R.S. For Restless Sleepers assembla come un puzzle i motivi dei foulard in twill di seta dai soggetti più disparati: tarocchi, fiabesche zebre alate, tramonti esotici attraversati da un volo di uccelli del Paradiso. Mentre Ermanno Scervino privilegia i classici pois bianchi e neri. Da coordinare a piccoli top, morbide vestaglie che fungono da cardigan e ballerine o friulane in tinta. Messa in piega fai da te, trucco leggero, una spruzzata di profumo... e voilà, siamo pronte. 
Chic d’antan
Prendiamo spunto dagli Anni 60, quando il loungewear era una cosa seria e la principessa Irene Galitzine, inventrice del pigiama palazzo- consigliava ironicamente, ma non troppo- alle sue clienti di usare i modelli datati per ricevere gli amici in casa. All’epoca, a Roma, le «vestali» dello chic internazionale non si concedevano mai un capello fuori posto. Consuelo Crespi, addirittura, suggeriva alle amiche di riciclare gli abiti da sera già visti alle feste vip per cenare con il marito. Bei tempi. Lontani da cafone sciatterie che tutto consentono, promuovendo tenute sportive di dubbio gusto. 
Dal guardaroba delle signore bene d’antan oggi vengono recuperati proprio quei capi in bilico fra giorno-sera-e relax , rilanciando un linguaggio estetico dove nulla è lasciato al caso. Un’estimatrice del genere è Sara Cavazza Facchini, direttore creativo di Genny che confida: «Mi sono fatta fare su misura una serie di kimono coloratissimi, in satin, da sfoggiare a tavola con i miei famigliari. Mi fanno sentire a posto, con un pizzico di civetteria. Li realizzerò anche in collezione. Perché dovremo convivere ancora parecchio con il corona virus e tutte staremo di più a casa». 
Fascino folk
La comodità unita all’eleganza significa, innanzitutto, dimenticare le tute da relegare allo sport. C’è sempre nell’armadio di ognuna di noi una tunica che aspetta di essere rispolverata. Magari con l’atteggiamento disinvolto che aveva Talitha Getty nei Sixty. Quando, accarezzata da fluidi caftani ricamatissimi si faceva fotografare a Marrakech. Gli orli alla caviglia sono grandi alleati. Nascondono una depilazione non perfetta e danno subito un’impressione curata. Le francesi adottano spesso lunghe sottovesti, scaldate da golfini «coccolosi e pelosetti», in sfumature pastello. Mentre le americane raffinate si affidano a morbidi caftani. Diana Vreeland, mitica «direttora» di Vogue Usa, insegna. Fu lei, negli Anni 50, a importare negli Stati Uniti quell’indumento -simbolo della cultura orientale- dopo essersene innamorata durante un viaggio in Marocco. Dall’America all’Europa passò poi nelle mani di Saint Laurent che lo trasformò in capo d’alta moda, sdoganandolo negli armadi del «beautiful people», negli Anni 60 e 70. 
Un must del nomadismo
Ed è grazie a stilisti come Yves e Halston (artefice della versione batik) se è diventato un must del nomadismo glamour. Non solo da ricercare fra le pagine della cultura hippy; sublimato da Mia Farrow, Joan Baez, Janis Joplin, Vanessa Redgrave e molte altre. Ma anche da riscoprire addosso a sofisticate socialite, come Gloria Vanderbilt, Tina Livanos, Barbara Hutton, Fiona Thyssen. E Babe Paley (il «Cigno della Quinta strada» più amato da Truman Capote) che, da vera geisha, accoglieva all’imbrunire nell’appartamento di New York il consorte (fondatore della Cbs) stanco dal lavoro con un aperitivo in una mano e un vassoio di salatini nell’altra. Anticipando il suo ingresso in salotto da un tintinnio di campanellini cuciti nell’orlo del caftano di broccato che usava in casa.
Roba da far inorridire anche le femministe meno convinte. Oggi non si arriverebbe a tanto. Per essere presentabili con un tocco glamour senza troppi «trallallà» basta guardarsi allo specchio. Il resto viene da sé. E a volte aiuta anche a salvare un matrimonio saturo di straccioneria.