ItaliaOggi, 11 aprile 2020
Periscopio
Ascoltare Mozart. Anche la sua preferenza per l’approvazione muta. Dino Basili. Uffa News.
Voto 7+, Imma Battaglia. «La lobby gay esiste ed è fortissima, in questo momento è governativa», svela la storica pasionaria del movimento Lgbt, che, sposata con Eva Grimaldi, si presume sia molto informata al riguardo. E riferendosi ai membri dell’esecutivo demogrillino si lamenta: «Preferirei che uscissero allo scoperto, anche perché non ti fa essere ricattabile». Omo avvisato, mezzo salvato. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Non so bene dove stiamo andando. So che marciamo in direzione opposta all’articolo 21 della Costituzione («tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero») promulgato nel 1948, un’epoca dimenticata. Uscivamo da due despotismi, nazismo e fascismo, ed eravamo minacciati dal comunismo stalinista, che era anche peggio. Per rinascere, abbracciammo la libertà incondizionata. Oggi, pare, non serva più. Così, ci troviamo di nuovo in gabbia, incatenati a questo sproposito del politicamente corretto. Giancarlo Perna. LaVerità.
Ho consultato centinaia di cartelle cliniche di bambini ricoverati negli ospedali psichiatrici con diagnosi raccapriccianti: bambini disturbati, menomati, epilettici, indigenti, imbecilli, cerebropatici, idioti, affetti da turpiloquio. Un’infanzia mai risarcita per i diritti fondamentali di cui erano stati privati. Alberta Basaglia, scrittrice (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Se vuoi fregare i sovranisti, assecondare l’Europa e soprattutto tardare la partita elettorale, la scelta è Drago Draghi, anzi Mister Drake, come vuole il suo aplomb british da City e il suo profilo internazionale. Se invece vuoi buttarla in caciara, menare il can per l’aia o il pallone in tribuna, con la speranza di colpire i presidenti, la soluzione è Dibba leader del movimento di maggioranza relativa, sempre più relativa, del nostro parlamento. Marcello Veneziani. Panorama.
La percezione del cambiamento e del suo significato l’ho avuta fin da giovanissimo. Frequentavo con la ragazza che sarebbe diventata mia moglie un baretto di Corso Buenos Aires a Milano. Era modesto, ma simpatico. Lo avevamo preso come nostro luogo di elezione. Un piccolo rifugio, intimo, solo per noi due. Ci andammo per un paio d’anni, soprattutto di sabato perché entrambi lavoravamo. Un sabato non lo trovammo più. Al su posto c’era un negozio di abbigliamento. «È l’inizio della fine», dissi. Lei mi guardò stupita. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
Le Instrucciones di Carlo V a Filippo II sono cinquanta pagine manoscritte, rilegate in cuoio rosso. Sono i consigli per il figlio: «Non fate mai nulla nella furia». Che l’acerbo Felipe si guardi poi dagli adulatori: «huid de ellos como del fuego», evitateli come la peste. Un grande re deve essere arcano, impenetrabile nel suo ritegno: «Non firmate nulla… Non affidate incarichi speciali né a voce né per iscritto… Non promettete niente, non suscitate aspettative, perché generalmente, in simil faccende, non porta nulla di buono “anticipar el tiempo”… A corte, state tra la gente e conversate… Concedete le udienze necessarie… Siate paziente nell’ascolto, ma blando nelle risposte». Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
La sera del 13 febbraio 1945, la città tedesca di Dresda era ancora intatta. Il suo valore militare era così basso, che nessuno l’aveva mai inclusa nella lista dei bersagli strategici. Gli abitanti si cullavano nella illusione di essere risparmiati, almeno dall’aria. La fine invece era vicina. Via via che l’invasione russa metteva in fuga le popolazioni della Prussia orientale e della Slesia, Dresda vide crescere i suoi abitanti dai 630 mila dei tempi normali fino a un milione e duecentomila e oltre. Gli uomini validi erano al fronte, gli operai delle fabbriche abitavano in periferia. La Capitale medioevale e barocca degli Elettori di Sassonia era gremita di anziani, donne, bambini e feriti. Erano questi che Churchill decise di sterminare. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.
Ve lo immaginate Togliatti, detto dai suoi il «Migliore», il più fedele e spietato esecutore degli ordini staliniani, sempre in doppiopetto, lettore di Marx e prefatore di Voltaire, che si faceva dare del lei dai compagni, ve lo immaginate in camicia scozzese o in maglietta Polo, mano nella mano di Terracini, Pajetta, Longo e Ingrao e altri duri del Pci, fare il girotondo nella piazze romane? Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
Con la minestra di verdure, Alberto Sordi aveva un pessimo rapporto, dato che era il piatto che la madre gli faceva spesso a causa delle ristrettezze economiche. Non mangiava nemmeno i funghi, che riteneva tutti velenosi. Igor Righetti, Alberto Sordi segreto. Rubettino, 2019.
Non sono ancora scesi dal taxi che io so già se si tratta di una coppia di adulteri. Li sento di lontano, dall’odore riconosco anche i più spregiudicati, quelli che hanno superato ogni limite. Ecco una coppia di timidi, glielo si legge in faccia in modo chiaro, tanto che verrebbe voglia di dire: «Non è poi un gran malanno, via, ragazzi, sono tutte cose già capitate, io sono del mestiere da 50 anni. Cinquantanove marchi e ottanta, mancia compresa, per una camera matrimoniale. In compenso state sicuri, troverò il modo di venirvi incontro e se la passione vi tormenta troppo, cercate, se possibile, di non incominciare già nell’ascensore». Heinrich Böll, Biliardo alle nove e mezzo. Mondadori, 1959.
Furto in un ristorante in via del Corso: i ladri portano via 80 mila lire in contanti, posate d’argento, bottiglie di liquore, un orologio e... una torta che li tradirà. Sul dolce infatti ci sono i confetti d’argento, parte dei quali cadono per terra durante la loro fuga. Il particolare non sfugge a un carabiniere che il giorno dopo, controllando un’auto, nota, dentro, dei confetti identici. I malviventi, portati in caserma e interrogati, confessano. 13 gennaio 1960. Libertà. Antonella Lenti.
Presso la mezzanotte, Ginevra dormiva, e solo due uomini stavano in piedi per regolar la vela e dirigere la barca; ma anch’essi, tratto tratto, andavano dormicchiando. Io, seduto a prora, vegliavo, fisso in mille pensieri. Massimo D’Azeglio, Ettore Fieramosca. Vallardi, 1963 (prima edizione 1833).
Sono in una sacrestia illuminata da una luce tremula, le pareti gonfie di umidità, un vago profumo di deodorante al mughetto. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Conte: solo me ne vo per la città. Roberto Gervaso. Il Giornale.