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 2020  aprile 10 Venerdì calendario

La clausura di Gino Paoli

«Una di queste sere mi toccherà fare una telefonata al Padreterno per ricordargli che qui le cose non vanno per niente bene, anche se credo che lassù il mio amico don Gallo lo stia già assillando». Gino Paoli si è alzato tardi, come sua abitudine, e dalla voce sembra di buon umore, nonostante tutto. Le settimane di reclusione per il coronavirus cominciano a pesare, «ma non mi lamento troppo perché la salute va bene e qui con me c’è tutta la mia grande famiglia – dice al telefono dalla sua casa sulla collina di Nervi a Genova – posso vedere il mare, esco un po’ sul terrazzo, curo le piante e i fiori nel giardino.
L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando è molto preoccupante, soprattutto è una situazione totalmente inaspettata. Stare a casa è fondamentale per il bene di ciascuno di noi e di tutti».
Come sta andando il suo isolamento, Paoli?
«Non ho problemi di solitudine, ho una famiglia molto numerosa che mi tiene compagnia. Mia moglie Paola, i figli con le rispettive famiglie. Le giornate passano, parli un po’ con uno, un po’ con l’altro. Non è una vita tanto diversa da quella di prima, se non per l’impossibilità di uscire».
Non è mai uscito finora?
«Mai, non ho messo il naso fuori neanche una volta. Non posso fare diversamente ed è giusto così. I miei figli escono per fare la spesa, per lo stretto necessario, ma da quello che mi raccontano sembra che là fuori si sia generata una psicosi. Certamente non è facile, siamo impreparati di fronte a quello che ci sta capitando. Abbiamo toccato un punto di crisi senza precedenti».
Come riempie le sue giornate?
«Mi alzo tardi, bevo molti caffè per svegliarmi, come faccio sempre. Ho la fortuna di poter uscire in giardino dove c’è anche un piccolo orto. Guardo la grande mimosa delle quattro stagioni che fiorisce più volte nell’anno, il frangipane che è un albero africano con larghe foglie e fiori bianchi meravigliosi, con un profumo incredibile. Ne ho visti tanti sul Lungomare Caracciolo a Napoli, anche se qui in Italia non cresce facilmente. Io però ci ho provato lo stesso a piantarlo».
Anche la musica le tiene compagnia?
«Ogni tanto mi siedo al pianoforte e compongo qualcosa, ma soprattutto ascolto la musica di Mozart ogni giorno. La consiglio a tutti, le sonate per pianoforte, le sinfonie. Mozart è un toccasana in casi come questo, è qualcosa di magico, non è soltanto un compositore che scrive musiche favolose, è molto di più, più di Schumann, di Beethoven, di Schubert. Arriva alla nostra anima, regala gioia e pace, rasserena. Alle mucche per farle stare tranquille fanno sentire Mozart, anche i miei cani si acquietano e stanno immobili in ascolto. Non voglio fare della retorica, ma in queste sere chiusi in casa la sua musica rilassa, è come vedere un cielo stellato».
Ha altri suggerimenti per questo periodo?
«In questi giorni sto facendo un’immersione nel cinema di Frank Capra. Rivedo un po’ tutto. Mi sono fatto spedire a casa un cofanetto di dvd con la raccolta completa dei suoi film, La vita è meravigliosa con James Stewart e Donna Reed, L’eterna illusione, Accadde una notte
con il buon Clark Gable, È arrivata la felicità , Orizzonte perduto».
Si racconta che Humphrey Bogart guardasse “La vita è meravigliosa” con un fazzoletto a portata di mano.
«Anch’io mi faccio dei gran pianti. Per me Capra è terapeutico, quando finisco di vedere i suoi film mi sento un uomo più buono, mi commuovo e mi diverto, perché il divertimento è anche provare qualcosa, magari tristezza, ma non quella cialtrona o superficiale. C’è una bellissima battuta in Amarcord di Fellini, quando una vecchietta, uscendo dal cinema con un fazzoletto in mano e un sorriso stampato sulle labbra, dice “era tanto bello e ho pianto tanto”…».
Le manca molto la vita che facevamo prima dell’epidemia?
«La cosa più strana è che prima, quando dovevo andare in giro, preferivo l’idea di starmene chiuso in casa. Adesso che sono qui dentro tutto il giorno, non vedo l’ora di uscire».
Sta pensando a come cambieremo dopo questo periodo così difficile?
«Certo che ci penso, come tutti. Il mondo non sarà più lo stesso di prima, dobbiamo farcene una ragione. Per tante persone sarà un colpo durissimo anche la fase della ripartenza. L’incertezza è la cosa che destabilizza di più, ma certamente come esseri umani avremo una nuova coscienza, sapremo dare più valore alle cose che contano veramente. Vivremo in un modo diverso. Il problema vero però è adesso. Tutte le guerre si combattono contro un nemico riconoscibile, ma in questo caso il nemico non lo vedi, davanti alla diffusione del virus prevale un senso di impotenza che ti lascia estenuato. Questo è l’aspetto più drammatico. Non puoi sapere se è stato pienamente sconfitto.
L’unica cosa che possiamo fare noi cittadini è aspettare».
Un buon libro potrebbe essere d’aiuto nell’attesa?
«Sicuramente abbiamo molto tempo per leggere. Gli autori che mi danno conforto in questo momento sono Robecchi Malvaldi, il solito Pennac, li consiglio perché sono divertenti ma in una maniera elegante».