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 2020  aprile 10 Venerdì calendario

Intervista a Diego Della Valle

Diego Della Valle sta trascorrendo il suo lockdown nelle Marche, dove hanno sede gli stabilimenti Tod’s, in questo momento non operativi. Come altri imprenditori aveva fermato le fabbriche già il 12 marzo ma ora la tensione sta diminuendo e molti imprenditori chiedono di poter ricominciare con le attività produttive, anche se la prudenza è d’obbligo. «Bisogna ripartire ma con il piede giusto», dice.
Della Valle, è d’accordo con gli esponenti della Confindustria del Nord che chiedono di riaprire le produzioni, altrimenti il motore del Paese si blocca?
«Credo che in questo momento non si debba abbassare la guardia, è giusto affidarsi a ciò che decide il governo che si confronta con chi ha competenza in materia sanitaria. Noi siamo pronti a ripartire, quando le condizioni lo permetteranno, rispettando tutte le norme prescritte. Il primo obiettivo è stato quello di preservare la salute di tutti i nostri dipendenti. Ovviamente vogliamo tornare a lavorare più presto possibile».
Che cosa ci sta insegnando questo periodo di lockdown?
«Siamo stati travolti da uno tsunami e stiamo lavorando, cercando di pensare a tutto, confrontandoci con scenari che non avevamo mai visto prima. Dobbiamo fare tesoro di tutto quello che stiamo vedendo ed imparando per evitare che, qualora accadessero cose così gravi in futuro, ci si possa trovare impreparati».
Le aziende in particolare che ruolo dovranno svolgere in questa ripartenza?
«Devono ripensare ai modelli di business immaginando come sarà il mondo nel primo anno post epidemia e poi in quelli successivi. Bisognerà capire quale sarà lo stile di vita che le persone adotteranno e, di conseguenza, come approcceranno i servizi e i prodotti. Ma è comunque sicuro che gli imprenditori e le imprese dovranno sviluppare una maggiore sensibilità verso i temi della solidarietà e che, oltre a pensare, come è corretto che sia, alla competitività delle proprie aziende, dovranno dedicare parte del loro tempo e dei loro utili a migliorare la qualità della vita delle persone».
Dunque lei pensa che questa sia l’occasione buona per ripensare i meccanismi di funzionamento del capitalismo?
«Sì, abbiamo l’occasione per cambiare un capitalismo invecchiato che già era stato messo in discussione prima della tragedia legata all’arrivo del coronavirus. Dobbiamo costruire il nuovo capitalismo solidale, pensi alle iniziative positive che può realizzare un’azienda leader di un territorio collaborando con gli enti locali e con il mondo del volontariato. Io penso che non ci sia futuro senza una visione solidale del sistema in cui viviamo. Non può esserci competizione tra aziende se alla base non c’è un mondo che funziona».
Come azionista Tod’s rinuncerà al dividendo quest’anno?
«Il cda di Tod’s ha già deciso di non distribuire il dividendo quest’anno, inoltre io e mio fratello Andrea abbiamo rinunciato ai compensi del 2020 e i nostri vertici aziendali hanno sacrificato parte dei loro stipendi. Da anni Tod’s devolve l’1% dell’utile di bilancio ad attività di sostegno sociale del territorio. Nei giorni scorsi, poi, la famiglia Della Valle ha donato 5 milioni a favore dei familiari del personale sanitario che ha perso la vita nella lotta al Covid-19».
Come giudica i provvedimenti che sta mettendo in campo il governo per permettere a imprese e lavoratori di superare questo momento difficile?
«Quelle del governo Conte sono misure importanti, ma oltre alla grande rilevanza degli interventi è assolutamente determinante la velocità con cui si riuscirà a fornire questa liquidità ai cittadini, ai lavoratori e alle aziende, soprattutto quelle più piccole. È indispensabile poter dare questi aiuti immediatamente, saltando ogni forma di burocrazia, considerata l’eccezionalità del momento».
L’Italia si è anche improvvisamente scoperta carente su alcune filiere produttive, come dimostra la difficoltà nel reperire mascherine.
«Spero che la tragedia che stiamo vivendo abbia fatto capire che certe filiere produttive non possono essere chiuse solo perché non sono più competitive e quindi conviene comprare quei prodotti in altri Paesi. In questo caso dobbiamo identificare tutte le aziende strategiche che servono per la salvaguardia del Paese e per la salute delle persone. Dobbiamo essere in grado di coprire il fabbisogno del nostro Paese, senza dipendere da altri. Sicuramente costerà qualche cosa allo Stato ma è denaro speso bene, a garanzia del benessere delle persone».
In Europa, invece, sono emerse visioni differenti sulle risorse da mettere in campo in questo particolare momento. Fa bene il governo Conte a chiedere un intervento comune a tutti i paesi contro il coronavirus?
«Credo che l’Italia si sia mossa bene, tenendo presente che il nostro alto debito pubblico può indebolirci nelle fasi di negoziazione. Forse non siamo molto simpatici ad alcuni ma questo non è il momento delle polemiche, che magari verranno fatte a momento debito. Ora bisogna insistere nello spiegare a chi non vuol capire che non c’è un “problema Italia” ma c’è un problema di grave emergenza mondiale e quindi bisogna essere molto lungimiranti e solidali nel prendere decisioni con grandissima rapidità».
Dunque in definitiva cosa serve per uscire dal tunnel?
«Prima di tutto mettersi in sicurezza, gli anziani protetti a casa e i giovani che possono tornare gradualmente a una vita normale. Poi, dopo alcuni mesi, vedere cosa succede, guardando anche alla situazione degli altri Paesi investiti dal virus dopo di noi. E ripartire con tanta voglia di fare e con l’obiettivo di far nascere un nuovo capitalismo solidale, con al centro il successo delle aziende ma ancora di più l’interesse per le persone. Il virus produrrà sicuramente un forte cambiamento sociale e credo che per un pò le persone saranno fisicamente più lontane ma sentimentalmente e umanamente più vicine».