La Stampa, 10 aprile 2020
Per Elisa l’isolamento è «un regalo divino»
«Andrà tutto bene», da un adagio in voga in questi tempi amari, è la canzone scritta e cantata da Elisa con Tommaso Paradiso, in rete da oggi e scelta come colonna sonora di una campagna istituzionale del Ministero della Cultura a sostegno della Protezione Civile: «In diretta Instagram abbiamo costruito un testo prendendo i suggerimenti della gente. Abbiamo chiesto di mandarci i vocali dei bambini, ne sono arrivati 200. Per la positività e per i bambini, è giusto pensare che andrà tutto bene», dice Elisa dal suo Friuli. Forse per lei è più facile essere ottimista; la sua quarantena si dipana in un ambiente bucolico, in mezzo alla campagna dove vive con il marito chitarrista Andrea Rigonat e i loro due figli Emma di 10 anni e Sebastian di 7. Le settimane scorrono nella quiete, ma il ritratto che esce dalle sue confessioni suonerà familiare a molte altre donne.
Com’è, Elisa, la quarantena in campagna?
«Molto diversa da quella di chi abita in appartamenti, magari in tanti e con problemi anche economici, sviluppando molta rabbia. Anni fa abbiamo comprato un terreno e costruito questa casa con un ampio giardino. Abbiamo cani e gatti. Certo adesso non ci aiuta nessuno, siamo soli, c’è da farsi un mazzo tremendo. Però è bellissimo. Ho un sacco di piante, tengo a posto i fiori, ho un po’ di orto del quale di solito si occupano i miei suoceri, e mi debbo far dare dritte al telefono per seminare. Ma stiamo bene».
Esce spesso?
«Sono rientrata da Bologna il 4 marzo e non sono più uscita. Ci sono tante coppie di amici con residenze separate e stanno ognuno a casa propria... è surreale. Qui è un paradiso ma la differenza rispetto al solito è che non ho nessuno che mi aiuta. Pulisco e faccio tutto io. Di tempo per me ne resta ben poco».
I bambini come se la cavano con la scuola a distanza?
«Frequentano una scuola tutta tecnologica, i programmi sono molto buoni con classi online. Lavorano tanto e bene ma gli debbo star dietro parecchio. La cosa più importante per tutti è il ritmo: una piccola autodisciplina, ma in mezzo alla natura. Se hai da fare, il ritmo va da sé».
Come la cambia questa esperienza?
«Ho cominciato a pensare in modo inedito. Adesso ho capito la mia nonna, che pensava al cibo, a come non buttare: e mi ritrovo a far la stessa cosa tutti i giorni, è un bene perché serve anche nella musica e nella creatività. Significa trovare un flusso naturale, molto positivo. Mi sembra un regalo, qualcosa di divino. Tanti miei amici vivono la stessa cosa: recuperare un ritmo adatto a noi, riappropriarsi del tempo, è un’occasione unica per il corpo e per la mente».
Non vivremo mai più come prima?
«La mia domanda è: ma che vita facevamo? Io avevo anche un ipertiroidismo, adesso sto meglio. Se si dovesse trovare un vaccino e per 10 anni non si presentasse un altro virus senza cura, tornerebbe tutto come prima. Ma ora è la salvezza da un punto di vista mentale. Anche nell’ambiente i segnali sono inequivocabili e velocissimi: l’aria è diversa, si torna a vedere l’orizzonte che non si vedeva. Il punto di forza, se la natura si riprende, è che ne ricaveremo grandi benefici soprattutto per le generazioni successive. Spero anche che nella disperazione nascano soluzioni basate su un’etica diversa, su un altro tipo di capitalismo, con consapevolezza delle conseguenze. C’era uno strascico pesantissimo di un mondo industriale che - s’è ormai visto - fa male alla salute e all’economia».
L’economia va a rotoli.
«Non la vedo una cosa negativa perché sono privilegiata, ma capisco i problemi enormi. Sto pensando a come aiutare quelli che avranno problemi a fare la spesa. Come nel cubo di Rubik, la soluzione si trova solo spostando qualcosa, non cambiando. Le possibilità si sono così ristrette che fare la cosa giusta diventa più facile».
Con il suo Andrea come va?
«E’ in un momento suo di ricerca. Quando si finisce un tour, all’inizio c’è un down. Ha avuto una bellissima reazione di ricerca, sta studiando il jazz, prende lezioni di improvvisazione, penso stia cercando di ampliare l’elasticità mentale. Da un punto di vista pratico ci dividiamo i lavori, mi aiuta, fa matematica con i bimbi».
Come reagiscono i figli?
«Hanno capito bene, non sembrano preoccupati. Giocano fra loro nel prato, giocano con i bambini dall’altra parte della rete, ci riescono anche a distanza».