la Repubblica, 9 aprile 2020
Perché la Welt non scrive la verità sull’Italia
Ormai siamo abituati alle copertine sbagliate dei giornali tedeschi. Lo Spiegel ne ha collezionate una serie, dalla famosa pistola sul piatto di spaghetti nel 1977, quando l’Italia pagava il suo doloroso tributo di sangue al terrorismo e il settimanale si preoccupava dei poveri vacanzieri tedeschi. Fino alla recente copertina con lo spaghetto a forma di cappio dell’inverno del primo governo Conte giallo-verde a trazione salviniana, passando per le innumerevoli copertine contro Berlusconi, reo ogni volta di distruggere il “Paese più bello del mondo”. Ma stavolta è diverso. Stavolta siamo in guerra contro un nemico invisibile, siamo nel mezzo della peggiore pandemia del secolo, e l’Italia è tra i Paesi più colpiti al mondo. Le notizie dei picchi, della conta dei settecento, dei mille morti al giorno sono state raccontate anche dai giornali tedeschi. E sui social sono circolate le strazianti immagini degli ospedali lombardi o della fila di camion militari che portavano i cadaveri fuori da Bergamo. La foto dell’infermiera esausta che dopo l’ennesimo turno massacrante si addormentava sulla tastiera, è diventata un’icona anche in Germania del proverbiale coraggio, della tenacia, a anche del dolore di un popolo intero. In questa tragedia, in cui l’economia è precipitata in un grande letargo da cui non si sa se riuscirà a risvegliarsi, il quotidiano ultraconservatore Welt ha fatto infuriare il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, per un articolo in cui invita Angela Merkel a non spostarsi di un millimetro dalla sua contrarietà agli eurobond. Se fosse uno dei tanti commenti che stanno uscendo in queste settimane, amen. Anche il presidente del Bundestag e ’padre dell’austerità’ Wolfgang Schaeuble ha argomentato su Repubblica perché si oppone a uno strumento di debito comune. Mentre lo Spiegel, stavolta, ha deciso di sorprenderci scrivendo un appassionata difesa dei coronabond e definendo meschino e gretto il rifiuto di Merkel di aiutare l’Italia con le obbligazioni comuni. Il commento della Welt che ha indignato Di Maio, però, è profondamente squallido per due motivi. Primo, perché gli argomenti che usa sono due colossali bugie. Secondo, perché alimenta pregiudizi sull’Italia che sono duri a morire persino in un Paese che conta 700mila italiani che vivono lì, molti dei quali che hanno genitori e nonni che negli anni ’50 si spaccarono la schiena per ricostruire la Germania precipitata nel suo anno zero, riemersa a fatica della macerie della guerra. La prima bugia della Welt è che aiutare l’Italia con i coronabond significherebbe infliggere delle “perdite miliardarie ai contribuenti tedeschi”. Una falsità da querela. I coronabond sono obbligazioni garantite dai Paesi europei, emesse ex novo e che l’Italia sta chiedendo perché l’ombrello comune le consentirebbe di pagare oneri molto minori di quelle che paga ora sul proprio debito. Il contribuente tedesco non ci metterebbe un soldo: insieme ad altri centinaia di milioni di contribuenti in tutta Europa garantirebbe tassi bassi in virtù di un continente che esprime, nel complesso, una potenza da prima economia del mondo. Ma questa prima bugia è già una estremamente velenosa perché solletica il “complesso del pagatore” in cui la politica e la stragrande maggioranza dei giornali crogiola da anni i tedeschi. Un luogo comune che dimentica, ad esempio, che l’Italia è contribuente netto della Ue, esattamente come la Germania. Purtroppo, è un senso di superiorità che la gestione maldestra di Angela Merkel della crisi finanziaria e dei salvataggio della Grecia non ha fatto che alimentare. La prima cosa che bisognerebbe ricordare ogni giorno ai tedeschi è che sono i più generosi, certo, ma non gli unici a mettere soldi nella Ue. Che anche l’Italia, tanto per dirne una, ha salvato la Grecia con una montagna di soldi ma senza fiatare. E che nessuno più della Germania ha incassato un dividendo d’oro dall’appartenenza alla moneta comune, a partire dai vantaggi che trae da un euro perennemente sottovalutato rispetto alla potenza della sua economia. Con il vecchio marco, la Germania si sognerebbe di fare i numeri che fa ora nel settore trainante della sua economia: l’export. Ma è nella seconda, clamorosa balla che si annida un luogo comune ancora più insidioso. Scrive la Welt che la siccome “mafia è una potenza nazionale e non aspetta altro che una nuova pioggia di soldi da Bruxelles”, andrebbe rigorosamente controllato ogni centesimo che si dà all’Italia. Una frase che alimenta un pregiudizio ancora peggiore: dare soldi a un Paese sostanzialmente sequestrato dalla criminalità organizzata è inutile e dannoso. Come se l’Italia fosse ormai un Paese perso, inghiottito dalle cosche e pericoloso da aiutare. Come se la Welt non avesse capito o non volesse capire che proprio i soldi europei potrebbero salvare invece l’Italia da un assalto silenzioso della criminalità organizzata che sta avvenendo in queste ore, in queste settimane di disperazione. Le mafie sono pericolosissime nei momenti di crisi perché hanno una liquidità infinita a disposizione. Che possono usare per comprarsi le aziende, anche quelle strategiche, per aiutare i cittadini, per dribblare la burocrazia statale e infilarsi direttamente nelle strutture più disagiate. Nei giorni scorsi il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, lo ha detto a chiare lettere a Repubblica: “Le mafie nascono come agenzie di servizi. Proliferano laddove lo Stato non c’è, arriva in ritardo, manca o fa comunque fatica a fare il proprio mestiere”. Le mafie attaccano quando lo Stato non c’è. E non quando lo Stato c’è e può aiutare chi ne ha bisogno, contando su uno strumento di solidarietà europea che, se nascesse, i Paesi nordici non mancherebbero di sorvegliare attentamente (e ci mancherebbe altro). E che la mafia proliferi dove lo Stato non c’è, dove è squattrinato o assente, lo sanno i magistrati, i poliziotti, i giornalisti – compresi quelli di Repubblica – minacciati dalle mafie che rischiano la vita ogni giorno per combatterla. Ed è anzitutto loro, che non si sono mai rassegnati all’idea che la mafia abbia vinto, che la Welt ha umiliato.