Il Messaggero, 9 aprile 2020
Il museo sott’acqua di Cancun
Uomini, donne, anche bambini. Gli uni accanto agli altri. Chi si stringe le braccia intorno al corpo come se volesse riscaldarsi, chi tiene lo sguardo dritto davanti a sé, chi invece lo alza verso l’alto. Un bimbo, il più piccolo forse, siede in disparte, le mani in grembo, i piedi che non toccano terra. C’è perfino un vecchio telefono, abbandonato, inservibile, su un tavolo, in attesa di chissà quali chiamate da una storia remota e senza tempo, che ha il sapore del nuovo, nella composizione di arte contemporanea, ma anche la suggestione dell’antico, richiamando il mito di Atlantide.
Basta navigare in rete per ritrovarsi immersi nelle acque di Musa-Underwater Museum of Art, museo sottomarino inaugurato a largo di Cancun, a otto metri di profondità, nel parco nazionale marino di Isla Mujeres, in Messico, nel 2009. Google Earth, con Street View – parola chiave underwater – infatti, consente la visione di alcuni fondali marini, per ammirare flora e fauna e, come in questo caso, arte. Forzati in casa per le misure di contenimento del coronavirus, dunque, si può comunque sperimentare l’illusione di immergersi in mare. La Evolución Silenciosa è il titolo dell’opera dell’artista ambientalista britannico Jason deCaires Taylor, classe 1974, composta da 450 statue in cemento, sabbia e ghiaia, raffiguranti persone, a grandezza naturale. Un richiamo al tempo e al divenire del paesaggio. E una nota sulla filosofia del progetto. Il museo ha creato una barriera corallina ecologica per favorire il recupero di quella naturale. Le sculture servono pure per attirare l’attenzione dei turisti, distogliendola dai tesori naturali. E vogliono essere un monumento alla vita del mare. «Questa installazione non è affatto finita – sostiene l’autore – e la seconda fase dipende ora dalla volontà degli artisti presenti in natura nel mare. A loro il compito di coltivare le statue, sviluppando su di esse la patina della vita». Così accade.
Street View consente di vedere da vicino bellezze che, nella realtà, sarebbe possibile godere solo in tour subacquei o, nelle aree meno profonde, facendo snorkeling. Si possono apprezzare le alghe cresciute sulle statue, sulle teste a farsi quasi capelli, sui corpi a dare colore ad abiti e figure. E si può intuire, in lontananza, il movimento dei pesci, che del complesso scultoreo hanno fatto casa. Dal primo tuffo nell’ambiente museale si nuota, spostandosi su sito – musamexico.org – e social di Musa ma anche su youtube, per ammirare più di un contributo dedicato al museo nei suoi ambienti, da Manchones a Punta Nizuc dove le statue sono a quattro metri di profondità, fino a Punta Sam, dove sono a 3,5 metri. I video permettono di addentrarsi nell’installazione e di nuotare tra le altre opere eseguite dall’artista e non solo, arrivando perfino a scorgere una casa, un’auto, un cane che dorme, un uomo sul divano che guarda la tv mangiando un hamburger. Gli altri autori coinvolti sono il cubano Elier Amado Gil e i messicani Roberto Diaz Abraham, Salvador Quiroz Ennis – articolata la proposta di video su Vimeo – Rodrigo Quinones Reyes e Karen Martinez Salinas.
Di video in video a catturare l’attenzione sono le modifiche subite nel tempo dalle sculture. Si va dalle primissime immagini delle statue, appena collocate, a quelle dei corpi ricoperti da incrostazioni che prima sottolineano la forma e poi finiscono quasi per farla scomparire. Su alcune figure è stato l’artista stesso a impiantare coralli vivi recuperati. Così, ad esempio, su El colecionista de los sueños, dove il collezionista di sogni è un uomo che custodisce messaggi affidati alle bottiglie.
Tra i web-indirizzi da ricercare per arricchire la visita, sicuramente il canale di Jason Taylor, con le sequenze della lavorazione delle opere eseguite per Cancun, ma anche in altri fondali nel mondo, dall’Australia all’Indonesia, dalle Isole Canarie alla Grecia. Finita l’esplorazione, il consiglio è tornare su Street View, per godere l’emozione di puntare il mouse verso l’alto e vedere la luce del sole vestire di infinite sfumature il mare, un attimo prima di riemergere nella propria quotidianità.