Il Sole 24 Ore, 9 aprile 2020
La mappatura delle strade italiane non esiste
Probabilmente l’imbarazzante vicenda dei controlli sul ponte collassato ieri ad Albiano Magra (si veda l’articolo sopra) non è frutto di una svista isolata, ma di un sistema che non funziona nemmeno dopo i tragici crolli degli ultimi anni. Lo ricordano altri episodi “minori” di questi giorni (il cedimento di un ponte sulla provinciale sarda Gonnesa-Nebida e il sequestro di due cavalcavia sull’A20 Messina-Palermo). E lo spiega la tormentata storia delle contromisure che si sta ancora cercando di mettere in atto dopo il crollo del Ponte Morandi.
Era ottobre 2018 quando il decreto Genova istituiva d’urgenza l’Ansfisa, superagenzia di controllo con poteri e responsabilità estesi alle condizioni strutturali delle opere, e la dotava dell’Ainop, maxi-archivio che di esse dovrebbe contenere tutto, dal progetto ai risultati dell’ultima ispezione e addirittura ai dati dell’eventuale monitoraggio in tempo reale. L’Ansfisa non opera ancora: è stata molto rallentata, come ha dimostrato il polemico addio del suo primo direttore. L’Ainop esiste, ma largamente incompleto: come Il Sole 24 Ore ha denunciato più volte, spesso ci sono solo i dati “anagrafici” delle opere, non quelli sui controlli.
E qui entriamo in un paradosso creato dalla lunga partita sulla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia (Aspi). Come a tutti gli addetti ai lavori era chiaro sin dal decreto Genova, nell’Ainop ci sono dati sui controlli praticamente solo per le autostrade a pagamento, i cui gestori hanno ovviamente più risorse e sono meglio organizzati. A partire proprio da Aspi che, pressata da pm e ispettori ministeriali, ha accettato di rifare tutti i controlli quando non si poteva più negare che fossero edulcorati o comunque poco affidabili. Non ci sono evidenze che abbiano fatto altrettanto molti gestori delle autostrade gratuite e delle strade ordinarie. A partire dall’Anas, che ha la responsabilità anche del ponte di Albiano Magra crollato ieri e, come stabilisce l’ultimo decreto milleproroghe, sarebbe chiamata a gestire la rete Aspi se la revoca della concessione scattasse davvero.
I problemi non finiscono con Ansfisa e Ainop, però. C’è anche da vedere come si fanno i controlli: si parte da una situazione in cui ogni gestore fa da sé. Perciò da oltre un anno il Consiglio superiore dei lavori pubblici sta lavorando a dettagliate linee guida, che avrebbero dovuto essere votate nella seduta del 28 febbraio. L’emergenza coronavirus ha bloccato tutto e ora si sta cercando una modalità per arrivare a un’approvazione in videoconferenza. Ma c’è il timore che tutto slitti a dopo l’estate. Il Consiglio, tra l’altro, lavora anche sull’altro complesso tema delle gallerie (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 febbraio).
Quando si saranno stabilite tutte le linee guida, è molto probabile che non ci sarà da stare allegri: in quel momento diventerà evidente la mole di lavori e di risorse necessaria non solo per garantire controlli adeguati, ma anche per rimettere in sicurezza la rete viaria e adeguarla agli standard attuali. Ed è possibile che questo sia uno dei motivi per i quali anche gestori come Anas, tecnicamente all’altezza di dialogare con l’Ainop, non vi hanno ancora inserito i dati. Così come potrebbe spiegare perché le responsabilità dei vertici Ansfisa sono state ridotte lo scorso autunno. Insomma, l’Italia non pare in grado di gestire il degrado della sua rete.
Per ora c’è una stima – informale e di massima – solo per le autostrade: 40 miliardi di euro (si veda Il Sole 24 Ore del 24 marzo). Dove si troveranno i soldi per mettere a posto le strade non a pedaggio? E per garantire adeguate professionalità negli uffici tecnici di Comuni, Province e Regioni?
L’Anas ha un suo sistema di controlli e lavora per evolverlo con tecnologie di avanguardia. Ma riuscirà a coprire tutti i 30mila chilometri della sua rete, tra cui gli 8mila che le sono tornati proprio da questi enti dopo la fallimentare esperienza del “federalismo stradale” di fine anni Novanta?