la Repubblica, 8 aprile 2020
Il virus blocca gli aborti
Chiusi i reparti, respinte le donne. Consultori fermi. È l’altro lato dell’emergenza. In Italia abortire è diventato quasi impossibile, la crisi del Covid-19 ha mandato in pezzi la già fragilissima rete della legge 194. Effetti collaterali di una pandemia che mostra il lato nascosto delle cose. «In tutto il Nord, gran parte dei reparti di interruzione volontaria di gravidanza sono stati chiusi per destinare i letti ai malati di Coronavirus. In altri, i pochi anestesisti non obiettori sono stati destinati alle terapie intensive, i consultori non ricevono più». Silvana Agatone, ginecologa, è presidente della Laiga, associazione storica nata per difendere la 194. «È una tragedia nella tragedia. So di ragazze che si sono dovute spostare da Torino a Caserta per poter abortire. Donne vicine alla scadenza delle 12 settimane respinte da tutti i centri. Il ministero della Salute ha specificato che l’aborto rientra negli interventi indifferibili, ma molte strutture hanno invece equiparato le interruzioni agli interventi di routine e fermato gli accessi».
Le testimonianze sono drammatiche. Maria: «A Milano sono stata respinta da quattro ospedali. Ero vicina al termine quando finalmente mi hanno accettato alla Mangiagalli». Rosaria, da Salerno: «Ho violato le ordinanze e sono andata di nascosto a Campobasso, dopo aver perso ben due settimane. L’unico ospedale di Salerno che praticava le interruzioni ha chiuso per il Covid-19 e a Napoli non c’era posto. Un calvario. Ho viaggiato di notte». E su una rete in cui soltanto il 64 per cento di ospedali in Italia ha reparti per le “Ivg” è bastato poco per mandare al collasso il sistema. Il paradosso però è che in molte strutture, a Lodi, ad esempio, sono stati bloccati gli aborti farmacologici, che richiedono ricovero e dunque “l’occupazione” di letti, a favore degli aborti chirurgici effettuati in day hospital. Facendo riesplodere così la questione delle restrizioni nell’uso della pillola Ru486 in Italia. Con una lettera al ministro Speranza, al presidente Conte e all’Aifa, sottoscritta da centinaia di firme, da Saviano a Boldrini, quattro associazioni (Laiga, Pro-Choie, Amica e Vita di Donna) hanno chiesto “misure urgenti” per garantire gli aborti, privilegiando la procedura farmacologica», eliminando i ricoveri obbligatori e con l’assuzione della pillola a domicilio. Chiedendo anche, però, di allungare i tempi della Ru486 fino a nove settimane. Perché l’emergenza “194” non riguarda più soltanto il Nord, dove a Milano, ad esempio, si sono fermati i reparti del Sacco, del Niguarda e del Buzzi, ma la crisi si è sentita in tutta Italia. Al “Grassi” di Ostia, l’unico anestesista non obiettore è stato deviato nelle terapie intensive del Coronavirus rendendo impossibili così gli aborti. Dalle Marche, Umbria, Campania, le donne sono costrette a spostarsi. E l’epidemia di Covid 19, cui si somma il mirato smantellamento dei centri di “Ivg”, potrebbe minacciare la sopravvivenza stessa del diritto all’aborto sicuro. Racconta Eleonora Mizzoni di “Obiezione respinta” piattaforma nata per mappare l’obiezione di coscienza. «Le richieste di aiuto sono triplicate. Abbiamo creato un canale Telegram proprio per questa emergenza. C’è la questione Covid-19. Ma c’è anche il boicottaggio. A una ragazza, all’ospedale di Avellino, hanno risposto: “Durante la settimana santa non facciamo aborti”. Capite?». Ciò che affiora è molto di più rispetto a un’emergenza sanitaria.
Del resto dai primi giorni dell’epidemia i gruppi prolife italiani, avevano chiesto al ministro Speranza di “abolire gli aborti”. Cosa effettivamente avvenuta in Ohio e Texas, stati ultraconfessionali americani, E mentre sul sistema già depauperato della 194 cala il "lockdown”, la clinica Sant’Anna di Caserta è passata in poche settimane da 120 a 160 aborti al mese. Conferma il direttore sanitario Tornatore: «Assistiamo a una migrazione straordinaria verso la nostra struttura. Segnale che le donne non sanno più dove andare».