Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2020
I tagli degli stipendi dei calciatori in Europa
In tutta Europa non è ancora certo che i campionati di calcio possano riprendere e concludersi regolarmente. Mentre si stimano i danni dell’impatto economico di un’eventuale serrata post-coronavirus ovvero di una ripresa parziale a porte chiuse, con un prolungamento della stagione oltre il termine naturale del 30 giugno, le Leghe e i club si stanno affannando ad assicurarsi la liquidità necessaria per non cadere nel baratro dei default.
Per questo in tutto il Vecchio Continente il taglio degli stipendi dei calciatori è al centro di un serrato confronto con i sindacati degli atleti. La Lega Serie A, lunedì scorso, rompendo la trattativa con l’Assocalciatori, ha approvato le proprie linee guida. La Juventus aveva anticipato tutti lo scorso 29 marzo, concordando con i propri tesserati una sforbiciata da 90 milioni pari a quattro mensilità (salvo si ricominci a giocare). Gli altri 19 club hanno messo sul tavolo una riduzione pari a un terzo della retribuzione totale annua lorda (ovvero quattro mensilità medie onnicomprensive) nel caso in cui non si possa riprendere l’attività sportiva e di un sesto (ovvero due mensilità) qualora si possano disputare nei prossimi mesi le restanti partite della stagione 2019-2020. In pratica niente stipendi di marzo e aprile, e nessun bonifico anche a maggio e giugno se il campionato non ripartirà.
Il costo delle rose dei 20 club di A supera quota 1,5 miliardi (incluso il carico fiscale delle ritenute). Il risparmio per le società che partecipano al massimo torneo italiano sarebbe notevole: nella prima ipotesi, con un taglio del 33%, otterrebbero un beneficio di circa 500 milioni; mentre se si riprendesse a disputare il torneo in estate lo sconto sul bilancio sarebbe intorno ai 250 milioni (il 16,6% del totale). L’Aic ha bollato la proposta come “vergognosa e irricevibile”, accusando i club di «di voler riversare sui calciatori, l’eventuale danno economico della crisi».
Anche in Spagna i sindacati e Leghe non hanno raggiunto un accordo sulla riduzione salariale (in Liga i giocatori hanno proposto una riduzione del 20% nel caso in cui non fosse ripreso il campionato, di cui il 10% sarebbe stato restituito loro durante la stagione successiva). In Premier si lavora a un taglio condiviso del 30% integrato da un contributo per le serie minori e per il servizio sanitario nazionale da 22,6 milioni. In Bundesliga, il piano di riduzione è diversificato fra squadre (il Bayern Monaco ha deciso per il 20%), mentre in Francia, tutti i team di Ligue 1 hanno aderito al piano di «disoccupazione parziale» prevista dal governo.
Il vero tema è però legale: attualmente senza un nuovo atto del governo che chiuda d’imperio le attività (allenamenti e partiti), i club non sono legittimati a trattenere quote dello stipendio relative alla fase post 13 aprile. Eventuali stop ai tornei e tagli unilaterali agli ingaggi, fuori da una cornice legislativa di “forza maggiore”, rischiano di esporre Federazioni (la Fip ieri ha decretato la fine anticipata del campionato di basket, e scelte analoghe hanno già assunto rugby e volley), Leghe e club a contenziosi verosimilmente sfavorevoli.