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 2020  aprile 08 Mercoledì calendario

L’isolamento di Tito Stagno

«Mi scusi la voce, ma arrivo da due polmoniti in 11 mesi che hanno rischiato di mandarmi all’altro mondo!». 
Siamo sicuri che non fosse coronavirus? 
«Mah, il dubbio l’ho avuto e volevo pure fare il test sierologico, ma il medico mi ha detto neanche per sogno». 
E adesso da quanto tempo è rinchiuso in casa? 
«Mi hanno ricoverato per la seconda polmonite il 18 dicembre, la prima l’avevo avuta a febbraio del 2019. Sono rimasto in clinica fino al 24 gennaio. Quando sono uscito, scoppiava il coronavirus. E allora sono stato disciplinato, cosa facile arrivando da una famiglia di otto figli con una madre sarda. Severissima...». 
Tito Stagno risponde con voce cavernosa dalla sua casa romana. Con lui c’è Edda, amatissima moglie da 62 anni, e Crispino, il domestico che vive con loro. «Lui è l’unico autorizzato a uscire. E siccome ha troppa paura di ammalarsi, va al mercato alle 6 del mattino, con guanti e maschera. Dagli altri tiene sempre 5 metri di distanza». 
Le spiace se torniamo sulla seconda polmonite? 
«Mi è venuta a metà dicembre. Ero andato al Circolo Parioli a fare una chiacchierata sulla Luna con i soci, tra i quali c’era il mio medico che mi aveva chiesto di farlo. Edda a fine serata mi disse che secondo lei non ero stato brillante come al solito. Rientrato a casa, avevo la febbre a 38,5. Lì è cominciato tutto, ma io sapevo già di avere la polmonite: sa, ho fatto cinque anni di medicina prima di dedicarmi solo al giornalismo...». 
Si è mai pentito? 
«No, ho conosciuto da Kennedy ai papi, ho girato il mondo con due presidenti della Repubblica. Ho fatto una vita che mi ha dato una grande apertura mentale». 
Ha compiuto 90 anni in clinica, il 4 gennaio. Auguri! 
«Quello mi è spiaciuto, perché già da piccolo il compleanno era una festa, come Natale e Pasqua. Un tempo, il 4 gennaio era anche San Tito». 
Perché la chiamarono così? 
«Mio padre lo aveva deciso prima che io nascessi, perché aveva fatto un sogno in cui andava in un giardino con un bambino che chiamava Tito. E io sono nato proprio il giorno del santo sul calendario. Comunque guardi che ho 90 anni, ma me li porto bene». 
Come passa le giornate? 
«Guardo il cinema: ieri ho visto Arrivederci professore, con Johnny Depp. Poi sto leggendo come un matto: ho finito due libri della mia collega Lorenza Foschini, Il vento attraversa le nostre anime e Il cappotto di Proust, e allora mi è venuta nostalgia e ho riletto All’ombra delle fanciulle in fiore. E sul filone dei libri già letti, poi è toccato a Philip Roth, con Il lamento di Portnoy. È molto divertente che i miei scrittori preferiti si chiamino entrambi Roth: l’altro è Joseph, quello de La marcia di Radetzky e Fuga senza fine». 
Fa ginnastica? 
«Dopo l’ultima polmonite ho dovuto fare fisioterapia. Ora il fisioterapista non può più venire a casa, ma ho imparato a memoria gli esercizi e li faccio da solo». 
Sente figlie e nipoti? 
«Le mie figlie sì, Brigida e Caterina: prima venivano a pranzo il sabato, adesso purtroppo no. La prima è medico e sono molto preoccupato per lei. Con le nipoti ci parla spessissimo Edda, io un po’ meno, ma mi faccio vedere durante le videochiamate: Carolina e Claudia vivono a New York, sono molto belle». 
Come la nonna, del resto. 
«Ah, Edda è imbattibile. Alla loro età gli dava una pista, ancora oggi mi chiedo come ho fatto a conquistarla, lei era corteggiatissima». 
E cosa si risponde? 
«A parte il fatto che ero belloccio, ero uno che sapeva parlare...». 
Mi dica una cosa: un bacio a Edda lo dà ancora? 
«Certo che glielo do, anche di quelli furiosi! Siamo tutti e due a casa, sani e tranquilli, quindi non c’è problema». 

Sta attento alla linea? 
«Sono un salutista, ma ho una collezione di vini rossi e ne bevo sempre almeno due bicchieri. L’ultimo che ho stappato è di Zaccagnini di Pescara, che cura anche i vini di Vespa». 
Quando tutto questo finirà, che cosa vuole fare subito? 
«Voglio uscire per la mia camminata veloce. Farò fast walking per tre quarti d’ora. E poi, quando tornerò in Sardegna d’estate, voglio prendere tantissimo sole: secondo me le polmoniti mi sono venute perché le ultime due estati non lo avevo preso». 
I numeri dei decessi non glieli devo dire io. Ha paura del Covid-19? 
«Io non ho più paura perché intanto ci sono stato molto vicino a morire con la prima polmonite, e poi mi dico: “Hai campato 90 anni, hai avuto soddisfazioni dalle figlie, dalla moglie”. Quando hai una moglie così bella e intelligente scappi... E invece noi siamo ancora insieme». 
Segue tutti i giorni la conferenza stampa di Borrelli? 
«Sì, e mi prende un’arrabbiatura incredibile per il linguaggio di certi medici, non tutti. Ma si possono chiamare i cani con gli agenti unità cinofile? Credo che le persone mi guardino ancora oggi con simpatia perché sanno di essere state il mio unico punto di riferimento. Nel linguaggio conta la chiarezza, ma anche la scelta delle parole».