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 2020  aprile 08 Mercoledì calendario

Sono stato sconfitto dalla burocrazia Ue

Perdonatemi, ma io credo che la priorità adesso sia fermare la pandemia e salvare milioni di vite.  Questo ha precedenza sulle carriere, sulla politica e sulla bellezza di un certo tipo di ricerca. La scienza dev’essere al servizio della comunità, specialmente nei momenti di emergenza. E questo lo è, perché solo la scienza sconfiggerà Covid-19.
Il mio incarico come presidente del Consiglio europeo della ricerca (Cer) finisce qui: ho presentato le dimissioni alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Avevo preso servizio a gennaio scorso, motivato dall’entusiasmo per questa rispettata agenzia di finanziamento, dalla mia dedizione verso gli ideali di una Europa unita e dal desiderio di essere al suo servizio.
Queste motivazioni idealistiche si sono scontrate con una realtà diversa. Segnali inquietanti che avevo raccolto già dai primi momenti si sono trasformati in raggelanti certezze. Nei momenti di emergenza le persone, e le istituzioni, mostrano la loro natura profonda. Già dall’inizio della pandemia era evidente che questa sarebbe stata una tragedia senza precedenti e che a soffrine di più sarebbero stati i più deboli. Ho dunque subito presentato una mozione per il lancio di un programma scientifico focalizzato su Covid-19. Ho creduto necessario fornire ai migliori scienziati gli strumenti e le risorse per combattere la pandemia con nuovi farmaci, vaccini, metodi diagnostici e nuove teorie scientifiche sul contenimento.
L’ente di governo del Cer ha però votato contro la mia proposta, unanime, senza neppure discuterne. Lo ha fatto con tale veemenza da opporsi alla mia presidenza in toto da quel momento in poi. Il voto contrario alla mia mozione è stato basato sul fatto che il Cer finanzia progetti basati sul principio di spontaneità scientifica (il cosiddetto «bottom-up»), senza privilegiare priorità di ricerca. È vero che la Commissione possiede anche altri programmi che sono invece «top-down», e diversi di questi sono stati in parte diretti su iniziative collegate alla pandemia. Purtroppo, però, questi formano un insieme di attività senza cabina di regia e con una componente limitata di scienza di frontiera. È pur vero che il Cer finanzia le eccellenze scientifiche europee basandosi sulle scelte presentate dai ricercatori stessi e senza considerazioni di beneficio sociale («impact»). 
Ma nel mio idealismo ho creduto che in circostanze così tragiche fosse dovere dei migliori combattenti imbracciare le armi migliori e dirigersi alla frontiera. Ho creduto che questo non fosse il momento di disquisire sulle sottigliezze metodologiche o di misurare se tutti i raggruppamenti disciplinari avrebbero beneficiato in maniera paragonabile da un’iniziativa su Covid-19. E sono rimasto esterrefatto dal voto contro la mia mozione. 
Un sollievo parziale è stato portato dalla presidente von der Leyen, che mi ha chiesto di proporre considerazioni su come l’Europa dovrebbe ora affrontare la pandemia. Ho sviluppato il piano richiestomi. Il solo fatto che io abbia lavorato con lei ha scatenato ulteriori terremoti interni. Von der Leyen ha comunque trasferito la mia proposta a diversi livelli amministrativi, dove si è disintegrata subito. Può ancora essere che alcuni dei miei suggerimenti entrino in futuro a fare parte del piano d’intervento europeo. Devo però dire che finora sono rimasto estremamente deluso dall’ approccio anti-pandemia del sistema Europa. Lo sono per l’assenza di coordinamento sanitario tra gli Stati, per l’opposizione a programmi di solidarietà nei riguardi dei Paesi più colpiti, per le politiche unilaterali riguardo alle frontiere e la mancanza di programmi scientifici sinergici e a largo raggio. 
A questo punto, ho visto abbastanza. La divergenza tra le mie priorità e la visione della struttura di governo del Cer è chiara. In questi tre mesi a Bruxelles ho incontrato persone di notevole talento e dedizione, ma ho dovuto constatare inefficienze paralizzanti. In questi momenti c’è bisogno di azioni decise, finalizzate, efficaci: su queste si concretizzano le responsabilità e si manifestano gli ideali. Ringrazio quindi chi mi ha offerto l’opportunità di servire l’ideale europeo per questo periodo, allo stesso tempo troppo breve e troppo lungo. Per me è arrivato il momento di tornare al fronte, alla frontiera della lotta contro Covid-19, con risorse e responsabilità reali, lontano dagli uffici di Bruxelles, al servizio di chi ha bisogno. Il mio ruolo europeo, nonostante il titolo altisonante, è stato di consigliere. In futuro sarò onorato di continuare a fornire consigli pubblici, trasparenti e gratuiti, se l’ Europa me ne volesse chiedere.(l’autore era presidente del Consiglio europeo di ricerca)