ItaliaOggi, 7 aprile 2020
Periscopio
L’America, per Gino Strada, è il regno del Male in mano a una cricca di gangster che puzzano di petrolio, di whiskey e di polvere da sparo. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
La malattia cinese un giorno finirà. Ma quando ciascuno dei nostri Paesi l’avrà affrontata e vinta per proprio conto, i popoli, per natura inclini a chiudersi in se stessi, si legheranno di più alla loro nazione. Oltre ai legami della Storia, le dovranno il superamento di quest’ultima difficoltà, e l’Ue sarà vista come una perfetta intrusa. Giancarlo Perna. LaVerità.
Con Lucio Battisti, Mina detenne il ruolo di Santa Patrona dell’Italia canora, la cui capitale volgare resta Sanremo. Poi Battisti passò dall’invisibilità all’aldilà e restarono solo canzoni spiritiche in coppia con lui. Il medium alle volte fu Mogol, il mitico Giulio Rapetti. Marcello Veneziani. Panorama.
Veronica Grassi è formidabile nel non concedersi quasi mai, e accendere l’attenzione sempre. Soprattutto con la sua categoria preferita: uomini, vecchi, potenti. Del resto quasi tutti i veri potenti italiani sono uomini e vecchi. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Mi diplomai in conservatorio, dopotutto venivo da una famiglia che era stata ricca e che le traversie della vita gettarono nella più nera miseria. Per me il viaggiare è stato un modo per dire grazie a mio padre Fosco, al senso che aveva dello spazio e alla frase che da bambina gli sentivo ripetere: devi conoscere un posto, ma per farlo occorre che tu ci viva. Toni Maraini, storica dell’arte. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Cosa penso dell’Isoardi che si fotografa a letto con Salvini? Un tempo con una foto così ci facevo una copertina, adesso bruciano tutto quanto loro. Ma quello che raccontano loro di se stessi non è la verità. Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). il Giornale.
Il virus segue la via della Seta, passa da un luogo simbolico, l’Iran, arriva in Europa e da qui in Occidente. Un tempo le pandemie, come la peste, camminavano lente, con i topi e le pulci. Questa, più moderna, ha avuto una diffusione istantanea. Come Sarajevo ha posto fine alla Belle Époque, così questa pone fine al dorato trentennio della globalizzazione e al prodotto illuminato di quella che è stata l’ultima ideologia del Novecento, il mercatismo: l’idea che il divino mercato è tutto e fa tutto. Come il vecchio mondo era liberté, égalité, fraternité, così il mondo successivo, un mondo che ora ci si svela effimero, è stato globalité, marché, monnaie. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia (Andrea Indini). il Giornale.
Rimettermi il camice è stato abbastanza semplice. Ho 64 anni, ma non sono ancora così arrugginito. Ho un’esperienza trentennale sul campo ed è stato bello, in questo momento, far fruttare gli studi di medicina. A Bellano mi conoscono tutti, quindi quando mi hanno visto in ambulatorio nessuno si è stupito. Se servisse presterei la mia opera anche in ospedale, ma credo che cerchino figure diverse. Andrea Vitali, scrittore (Barbara Gerosa). Corsera.
Sono favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati ma non basterebbe. Ci vorrebbe, mi passi l’espressione, anche quella dei letti o dei divani. Siamo sinceri: come in ogni luogo di lavoro, anche negli uffici giudiziari fra colleghi nascono amicizie, complicità, e talvolta si intrecciano storie personali, più o meno segrete. Lei pensa che non si parli anche di fascicoli, inquisiti e imputati? Raffaele Della Valle, avvocato difensore di Enzo Tortora (Marisa Fumagalli). Corsera.
Mi metto a scrivere quando mi sento costretto a raccontare la verità per sbugiardare qualcun altro. O quando prevale il desiderio di complicare certe questioni che altri fanno facili. Jonathan Franzen, scrittore (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Non ho l’istinto materno, non mi sono mai pentita di non essere diventata madre, perché non mi piace affatto il mondo in cui viviamo. Da ragazzina forse sì, perché è anche una forma di narcisismo vedere quello che tu produci e come sarebbero i tuoi figli. Non sento un periodo futuro molto positivo. Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata (Giuseppe Fantasia). Huffington Post.
Peggy Guggenheim era legatissima al padre, morto sul Titanic. Andava più d’accordo con i mariti, una volta diventati ex. Disse che il suo grande amore fu lo scrittore inglese John Holms, morto precocemente. Il surrealista Max Ernst, il secondo marito, era un grande amore, ma non del tutto ricambiato. Lui si approfittò di Peggy che lo aiutò a scappare dall’Europa. Karole Vail, nipote di Peggy Guggenheim (Dario Pappalardo). la Repubblica.
Il mondo dei vecchi è un mondo di ombre, le ombre degli amici morti. Anche il mondo che hai conosciuto e a volte, con l’energia e l’incoscienza della giovinezza, hai dominato, è scomparso. Il paesaggio è cambiato, i luoghi pure, gli oggetti sono diversi, altri i miti, gli idoli, gli attori, le letture di riferimento. Sei un sopravvissuto. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
Voto: 10. Pierfrancesco Favino. È l’unico attore italiano capace d’immedesimarsi nel personaggio al punto da trasfigurarsi. Lo attestano le sue interpretazioni di Bettino Craxi (Hammamet di Gianni Amelio) e Tommaso Buscetta (Il traditore di Marco Bellocchio). Con la seconda rappresentava il nostro Paese agli Oscar, ma non è stato candidato come miglior film straniero. È la mafia del cinema, bellezza! Stefano Lorenzetto, Arbiter.
Arrivo alla grande a Granada imboccando la calle Caldererìa che sembra un segmento del suk di Tunisi o di Marrakech: pelletterie, pasticcerie a tutto miele, sale da tè dove si può poppare dai narghilè. I commerci sono in mano ai marocchini. Stanno qui da due o tre generazioni. Hanno sgobbato duro e visto Granada trasformarsi in Eldorado. Con due milioni e mezzo di presenze l’anno, l’Alhambra è il monumento più visitato in Spagna. Anche da turismo islamico che, in crescita, resta una galassia ancora tutta da esplorare. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
A mezzogiorno, mentre stavamo navigando fra Taranto e Manfredonia, ci si scopersero addosso quattro navi ad un trar d’archibugio, e ci chiamarono all’ubbidienza. Volevo fuggirle, ed avremmo potuto, che stavamo a sopravvento; ma considerato che coll’artiglierie potevano fare qualche mala opera, presi partito di andare a loro. Erano legni viniziani che venivano da Cipri, e conducevano a Vinegia, Caterina Cornaro, regina di quell’isola. Saputo l’esser nostro, non ci dettero noia, e dietro loro seguivamo il viaggio. Massimo D’Azeglio, Ettore Fieramosca. Vallardi, 1963 (prima edizione 1833).
Prodi: il morto a galla. Roberto Gervaso. il Giornale.