la Repubblica, 7 aprile 2020
Tra Google e suggeritori che razza di scuola è?
È uno spasso la scuola a distanza, con i ragazzi a dimensione foto tessera, 25 mezzi busti che non appaiono mai tutti insieme, ma a gruppetti che solo casualmente l’app raggruppa sul display della prof, la quale, tenendo acceso il microfono, stacca la videocamera perché da troppo tempo non va dal parrucchiere. Sono immagini casalinghe in spazi da reality. È la scuola dei somarelli, il paese dei balocchi nella tana del Grande Fratello che però, grazie all’Invincibile Armada e al Verismo di Verga, ha la maestà di un mistico sepolcro di civiltà, con letti sfatti in secondo piano, il ron ron live di una casa mezzo addormentata mentre un faccione sullo schermo spiega La Vergine cuccia.
La lezione senza studenti è, in Pirandello, il delirio del professore Bernardino Lamis che racconta l’eresia càtara «a una ventina di soprabiti impermeabili, stesi qua e là a sgocciolare nella buja aula deserta». Questa è invece la scuola infettata dell’Italia a porte chiuse.
È vero che l’emergenza giustifica la virtualità, ma così le lezioni sono solo i fotogrammi in movimento della promozione garantita, la partita a tennis senza pallina di Blow-Up. E gli amorevolissimi genitori, malcelati in casa propria, sovrintendono alla formazione del figlio nostro in pigiama, el me fieu coricato, el mi bimbo in braghe corte in cucina, a’ creatura, il piccinin, er pischello, il toso, il mio sbarbato che non può andare a scuola e perciò la riceve a casa: tre aule e doppi servizi con balcone.
E infatti, mentre la mamma reclusa sta preparando l’ennesima torta, il prof di Greco ha l’impressione di respirare un tanfo dolciastro di burro e di vaniglia. E quando chiede all’allievo di declinargli l’aoristo di lambano vede una mano di sorella che gli passa un bicchiere di latte e intanto gli suggerisce. Poi, durante la lezione di letteratura latina, scappa il gatto nero mentre papà consulta Google sull’etica nella poesia di Marziale. E infine su un rudimentale “gobbo” il fratello ingegnere in canottiera risolverà a stampatello il problema dell’asintoto verticale.
Ovviamente qui non mancano solo i banchi, il decoro e la solennità della lectio. I ragazzi se lo dicono, scambiandosi video di allegra derisione sulla piattaforma TikTok, dove si scopre che non tutti sono così bravi nella digitalizzazione e che proprio quelli che più odiavano andarci ora ri-vorrebbero la scuola: «E anche oggi, si studia domani». Anche a loro mancano i movimenti delle ciglia, i mezzi sorrisi e quello scambio di segnali impercettibili a tutti tranne che al professore, il quale sempre fonda la lezione sulla seduzione e dunque sul rapporto fisico e sul rischio: lo studente rischia di essere bocciato e ragliare come Pinocchio e Lucignolo, e il professore rischia di non essere capito, di essere contestato o peggio ancora preso a pernacchie. La lezione insomma è una di quelle cose belle e pericolose alle quali non puoi togliere il pericolo senza perdere anche il bello.