La Stampa, 7 aprile 2020
Nell’hotel di Milano tra malati e dottori
Era stato il primo a chiudere Roberto Bernardelli, 71 anni, storico albergatore milanese ed è stato il primo a riaprire. In realtà, di hotel ne gestisce due attigui dietro al Duomo, il Cavalieri e The Square, e dalle cucine del primo partono pasti di beneficenza per gli anziani delle periferie, mentre nelle camere del secondo ospita medici e malati. «Cosa dovevo fare? In una situazione del genere! Sempre meglio che tenere l’albergo vuoto e passare le giornate a contare i danni», racconta sbracciandosi. The Square è l’unico albergo di Milano dove convivono personale, medici, malati e pure qualche ospite. Un esperimento che solo Bernardelli riesce a tenere insieme con pragmatismo lombardo: «Abbiamo diviso i piani. Alcuni sono chiusi e uno quasi, nel senso che è riservato ai quarantenati in attesa del secondo tampone. Sette persone in isolamento che vengono da un ricovero in ospedale. La malattia può avere una convalescenza molto lunga e ancora contagiosa».
A un altro piano ecco i medici. Quattro fuorisede di supporto agli ospedali milanesi, che hanno un ascensore e un percorso dedicati. In un altro piano ancora albergano tre ospiti, una coppia di pensionati che non sono riusciti a partire, uno che lavora in Borsa e una bancaria. Allo stesso livello dorme anche Bernardelli con la moglie, mentre il figlio «beato lui» si è ritirato in campagna.
Quando si entra in hotel un inserviente prova la febbre e alla reception hanno pure il saturimetro. «Prima di mandarci malati e medici è venuta la Protezione civile a fare l’ispezione e ci ha dato tutte le regole di comportamento», chiarisce Bernardelli. In particolare, ai quarantenati va servito il pasto fuori dalla porta da un cameriere con mascherina, guanti e tuta protettiva. I malati in camera a loro volta usano i guanti e disinfettano tutto. Ogni due giorni sigillano la biancheria e la lasciano fuori dalla porta. Restano due settimane e comunicano solo per telefono.
In albergo lavorano tre portieri a rotazione al ricevimento, tre amministrativi, tre cuochi e una guardia notturna. «Paura? Non con tutte queste precauzioni – conclude Bernardelli –. Ho temuto di peggio domenica a consegnare 400 pasti della nostra cucina alle case popolari con l’aiuto di trenta volontari tra taxi e Ncc, che di solito si odiano. Una situazione disperata, tanto che ci torneremo a Pasqua». Intanto l’hotel rimane gratuitamente a disposizione del Comune e degli ospedali per beneficenza, pochi giorni fa non c’era nessuno, ora sono 11, domani dalla porta potrebbero entrarne altri. «Tanto fino all’anno prossimo non si vedranno molti clienti».