Corriere della Sera, 6 aprile 2020
Intervista a Sandro Tonali
Allenasse ancora il Brescia, il grande Carletto Mazzone gli darebbe senz’altro del «giovane vecchio». Battezzò così Andrea Pirlo quando quest’ultimo, stagione 2000-01, aveva 21 anni. Sandro Tonali, che proprio a Pirlo viene da molti paragonato, in realtà più per suggestione che per reali analogie tecniche, di anni ne ha uno in meno. Ma le stesse idee chiare. Sul campo e fuori.
Il suo presidente Cellino dice che considera la stagione conclusa. E che se vi obbligano a tornare in campo, ritira la squadra.
«Sto col presidente. Giocheremo solo se e quando sarà davvero possibile, non un giorno prima. Si è giocato anche troppo, prima di interrompere. Ricordo l’atmosfera surreale della partita col Sassuolo, l’ultima. Non aveva senso. Qui parliamo di morti, di ospedali, di salute. Il pallone è una festa. Io posso anche essere pronto a giocare, ma la gente lo è? Festeggiare per un gol? Arrabbiarsi per una sconfitta? Con quello che sta succedendo? Non scherziamo. La mia famiglia è a Lodi, io vivo a Brescia. Non vedo il mio papà e la mia mamma da due mesi. Il calcio è una cosa, la vita vera un’altra. E lo dice uno per il quale il calcio è tutto, un sogno che si sta avverando».
Il Brescia è ultimo. C’è chi sostiene sia una mossa di convenienza per restare in serie A.
«Io non voglio nessun regalo. Siamo dove siamo perché ce lo meritiamo. Ma la salute viene prima di tutto. Quando si potrà giocare, giocheremo. A porte chiuse, se così si deciderà. Ma, vedrete, sarà un altro Brescia. Perché giocheremo anche per chi sta soffrendo, per chi ha perso un nonno o un papà, per chi allo stadio non ci sarà. Daremo quello che non siamo riusciti a dare fin qui. Perché solo chi vive a Brescia o Bergamo sa quello che stiamo passando. È come la guerra. Da fuori forse non si può capire. Ma credo che tutti usciremo migliori da questa emergenza mondiale».
C’è qualcosa che sta imparando dalla quarantena, da queste nuove regole di vita?
«A dare il peso giusto alle cose. Abito a Cellatica, un paese appena fuori Brescia. Qui si sentono ambulanze a tutte le ore del giorno e della notte, gli ospedali sono in una situazione drammatica. Ho la fortuna di poter stare accanto alla mia ragazza. Stiamo insieme da cinque mesi. Uno, passato in quarantena. Ieri abbiamo costruito un campo da tennis in giardino, mettendo la rete, tracciando le righe. Per fortuna abbiamo uno spazio grande».
Come fa a tenersi in forma? Alcuni suoi colleghi sostengono sia impossibile, che al massimo si possono limitare i danni.
«Io e Giulia facciamo quello che fanno tutti: videochiamate, playstation, guardiamo le nuove puntate della Casa di Carta. Ascolto Ultimo, il mio cantante preferito. Mi tengo in forma con i programmi che ci ha dato mister Lopez insieme al suo staff. Quando mi serve qualcosa un chiarimento, un consiglio, li chiamo. Qualche volta vado al centro sportivo per fare terapie. Insomma, sto bene. Ma non posso non pensare a chi soffre. Anche solo a chi un giardino o un cortile non ce l’ha. Mia nonna a Sant’Angelo Lodigiano è a casa rinchiusa da un mese. Non può andare al cimitero a portare i fiori al nonno. Per lei è una privazione immensa. Come fai a non pensare a tutto a questo?».
Si discute da settimane sul taglio degli stipendi ai calciatori.
«Ognuno deve fare la sua parte».
C’è l’idea di organizzare a fine emergenza un’amichevole fra Brescia e Atalanta, la partita della memoria, fra le squadre delle due città più colpite dal Covid-19. Una partita per non dimenticare. Che ne pensa?
«Che io ci sto. È una grande idea. Con l’incasso da distribuire agli ospedali, a chi ha sofferto. Andrebbe organizzata tutti gli anni, d’estate. Per non dimenticare. Perché quando tutto questo inferno sarà finito, non dovremo dimenticare. Ma ripeto: io davvero credo che da tutto questo usciremo migliori, dobbiamo uscire migliori».
Ha pensato a quale sarà la prima cosa che farà?
«Una corsa. Anzi, un tiro in porta, in una porta vera»
Presto sarà estate. Al prossimo calciomercato ci sarà la fila. Inter, Juve, Chelsea, Manchester United: la vogliono tutti. Dove va?
«Non ci penso, non m’importa, non ora. E non lo dico così, per sviare. A me interessa chiudere al meglio la stagione, perché sento di avere ancora molto da dare al Brescia e a Brescia, che ha creduto in me. Poi, vedremo».
Cellino dice che non è in vendita nemmeno per 300 milioni. Fra l’altro al Brescia lei è arrivato gratis, a 12 anni, dal Piacenza fallito.
«Il presidente mi vuole bene, come a un figlio. E io voglio molto bene a lui, mi dà sempre consigli importanti. Non lo so, sono un sacco di soldi. Un po’ fa effetto sentire certe cifre, ma io sono sempre abbastanza calmo e sereno, è una mia qualità».
È vero che tifa Milan, anche se da bambino la scartavano sempre ai provini?
«Sì. E Gattuso era il mio idolo. Oggi fra i giocatori m’ispiro a Modric».
Lei gioca regista arretrato, alla Pirlo. Che ne pensa del fatto che la paragonino spesso a lui?
«Colpa dei capelli. Non mi dà fastidio, figuriamoci, però per me non è un paragone adatto. Avere somiglianze è una cosa, ma poi in campo è tutto diverso, Pirlo aveva una qualità pazzesca. Non so chi riuscirà a raggiungerlo».
Lui era un regista vero, fu proprio Mazzone al Brescia ad arretrarlo in quel ruolo. Secondo il c.t. Mancini lei è tagliato anche come mezzala: avendo un po’ più di libertà, arriverebbe forse anche qualche gol in più...
«Non mi spiacerebbe affatto. In fondo ho iniziato da mezzala. Ma dove mi mettono, sto. Basta giocare».
L’emergenza
La quarantena mi ha insegnato a dare il giusto peso alle cose Sento ambulanze
di giorno e di notte
A proposito di Nazionale, quanto le è spiaciuto il rinvio dell’Europeo?
«Poco. Perché so che fra un anno saremo ancora più forti. Siamo un bellissimo gruppo, giovane, ambizioso, per me esserne parte è un orgoglio enorme. Che emozione, l’azzurro. Se cresciamo come esperienza, possiamo solo migliorare. E se miglioriamo, diventiamo forti davvero».