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 2020  aprile 04 Sabato calendario

In morte di Sergio Rossi

Sergio Rossi si è spento giovedì sera, 2 aprile, non senza lottare, all’età di 84 anni. L’imprenditore sammaurese aveva contratto il coronavirus ed era ricoverato da giorni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Bufalini di Cesena. A dare l’annuncio della morte è stato il figlio Gianvito, a sua volta imprenditore a capo del brand famoso nel mondo. 
La notizia commuove non soltanto il mondo calzaturiero del Rubicone, ma quello del Made in Italy tutto, che l’imprenditore perfezionista maniacale ha contribuito a rendere grande nel mondo. 
Sergio Rossi, fondatore del calzaturificio che porta il suo nome, era nato nel 1935 a San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena). La sua storia è quella di un amore incondizionato per la scarpa, iniziato sulle ceneri di un’Italia consumata dalla Seconda guerra mondiale e appreso da un padre artigiano, che ha sempre realizzato scarpe su misura. 
Calzolaio provetto già a 14 anni, produceva d’inverno, insieme con il fratello Franco, le calzature che avrebbe poi venduto in estate, al banchetto lungo la Riviera, anticipando la filiera del prêt-à-porter. Il suo talento viene ben presto notato e avvia un cammino di successo da giovane stilista a grande imprenditore. Una carriera straordinaria, che ha innalzato San Mauro Pascoli a capitale mondiale della calzatura femminile di lusso. Instancabile nel ricercare un equilibrio tra confort e design, ha saputo trasformare le scarpe femminili in oggetti di culto che cominciò ad esportare prima degli altri. Era il 1966 quando firmò il primo sandaletto: rosso, quasi un ricamo sul piede reso stabile dalla suola anatomica e rialzata. Un inno alla femminilità e all’eleganza della Dolce Vita, lo definì, segnando quello che sarebbe diventato il suo stile. 
«Arruolai i migliori artigiani da tutta Italia per imparare i segreti della comodità, di come la suola deve sempre aderire al piede per non creare scompensi dannosi alla salute», raccontò. «Il nonno è il miglior maestro del mondo», commentava ascoltandolo il nipote Nicola, laureato alla Bocconi ma contagiato dalla passione familiare per le calzature. 
L’ascesa internazionale di Sergio Rossi è segnata dalle collaborazioni con i grandi talenti della moda, la più sentita, forse per entusiasmo e affinità creativa, fu quella con un giovanissimo Gianni Versace. 

Rossi ha fatto l’imprenditore calzaturiero fino al 1999 quando cedette il 70 per cento dell’azienda al gruppo Gucci e nel 2005 anche il rimanente 30%. Nel dicembre 2015 il marchio Sergio Rossi è tornato italiano, acquistato dal fondo Investindustrial di Andrea Bonomi, che lo ha fatto rinascere proprio attingendo ai modelli straordinari del vasto archivio che l’imprenditore qualche mese fa era tornato a visitare, come ricorda l’amministratore delegato dell’azienda Riccardo Sciutto: «Amava le donne ed era in grado di catturare la loro femminilità in un modo unico, creando l’estensione perfetta della gamba attraverso le scarpe» 
Sergio Rossi ha dato tutto sé stesso al lavoro, ma anche alla sua comunità, ha ricordato con commozione la sindaca di San Mauro Luciana Garbuglia. «Una grande perdita aggravata dal fatto di non avergli potuto porgere l’ultimo saluto collettivo». Per questo domani a San Mauro Pascoli è stato proclamato giorno di lutto cittadino. «Sergio Rossi ha dato lavoro a tanti sammauresi e ci lascia dei valori importanti – continua la sindaca —. Ha voluto donare le conoscenze apprese in una vita alle generazioni future, trasmettendole tramite il Cercal, scuola fondata con i suoi compagni d’avventura romagnoli». 
Chi lavorava al suo fianco pare fosse contagiato dalla carica creativa. «Un leader naturale, amato e rispettato» per i collaboratori con i quali ha creato una grande famiglia. E ai giovani voleva far capire la fortuna che si ha nel poter trasformare la propria arte in un lavoro, creando bellezza con le mani, «meglio che stare davanti a un computer». 
Un marito, padre, nonno, e capostipite di una famiglia che ha seguito il suo esempio. La famiglia porge, con amore, il suo ultimo saluto: «Con il fuoco inestinguibile della tua passione, ci hai insegnato che non ci sono limiti per chi ama ciò che fa. Addio maestro».