ItaliaOggi, 4 aprile 2020
Periscopio
Il mio giornalismo è più pane e salame e meno tecnologico. Gianni Mura. (Giorgio Lambri). Libertà.
Sono per i matrimoni a scadenza, della durata al massimo di dieci anni. Considero senza scadenza l’amicizia. Ferdinando Camon, scrittore. (Luca Pavanel). il Giornale.
Senza fare di ogni erba un fascio, sia chiaro: alcuni cronisti giudiziari sono succubi dei pm. Con tanti saluti alla difesa. Raffaele Della Valle, avvocato difensore di Enzo Tortora. (Marisa Fumagalli). Corsera.
Trent’anni fa, io e mio padre scrivemmo insieme La straordinaria storia dell’uomo: lui descriveva l’evoluzione con approccio giornalistico, io ci arrivavo con un approccio più da ricercatore, avevo ancora addosso la polvere dello scavo. Alberto Angela, divulgatore scientifico in tv. (Elvira Serra). Corsera.
Il coronavirus, l’emergenza sanitaria e la crisi economica che ha generato hanno messo a nudo l’intero sistema. A sgretolarsi è il mondo come lo conoscevamo fino a ieri. La nuova Sarajevo è un luogo remoto, all’interno della Cina, la scintilla malefica sprigionata dall’incontro tra due civiltà, una rurale con dentro usi e costumi millenari e una iper moderna. Se si guarda su Google Maps la mappa luminosa del mondo, la costa cinese appare illuminatissima, mentre l’interno è una sconfinata superficie senza luce, rurale ma con dentro almeno mezzo miliardo di persone. Dalla mappa si capisce che il virus non è venuto fuori da un laboratorio scientifico ma certamente da un laboratorio sociale, dall’incrocio forzato tra passato e futuro. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia. (Andrea Indini). il Giornale.
Contro la querela per diffamazione non c’è rimedio e le condanne sono spaventose. Se il sistema fosse sano, l’offeso, anziché querelare, dovrebbe, scrivendo al giornale, esporre le proprie ragioni e sbugiardare, se è il caso, il giornalista che ha sbagliato. L’umiliazione, posso assicurarlo, è un ammaestramento efficace. Giancarlo Perna. LaVerità.
Ora che Dibba torna, lo scenario politico italiano si apre a due soluzioni rigorosamente simmetriche per far saltare il voto e il faticoso bipolarismo tra centro-destra e grillo-sinistra: un governo istituzionale di salvaguardia e in alternativa la fluidificazione del movimento. Ai bordi del campo si scaldano due figure opposte: da una parte Ale Dibba, dall’altra Mario Draghi. A lungo evocato come spauracchio, intrattenimento serale o captatio benevolentiae verso i poteri forti, Draghi appare ormai da anni come il jolly delle istituzioni, il potenziale Presidente della Repubblica, del Consiglio, della Croce Rossa, il Commissario europeo o della nazionale o di chi volete voi. Figura speculare a Dibba, il suo contrario; per coltivare così gli opposti estremismi del nostro paese senza ripiegare nel bipolarismo dell’alternanza a cui ci eravamo abituati con la Seconda repubblica. Marcello Veneziani. Panorama.
Voto. 5-. Konrad Krajewski. Forte del suo passato da elettricista, nel 2019 l’elemosiniere pontificio protestò contro il distacco della corrente agli inquilini abusivi di un palazzo di Roma e tolse i sigilli apposti al contatore per morosità. Sette mesi dopo, nessuno, men che meno il cardinale, ha saldato il maxidebito di circa 300 mila euro. Complimenti, eminenza. Fiat lux purché paghi Pantalone. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Sono convinto che l’effetto più importante del mio lavoro sia far sentire le persone meno sole. È una cosa che mi sento ripetere spesso: come se le vignette esprimessero una sorta di comune sentire che infonde coraggio e fa compagnia. Altan. (Simonetta Fiori). la Repubblica.
C’è una ritrovata solidarietà nazionale, abbiamo riscoperto la bandiera e l’inno di Mameli. Non ho mai capito quando in tanti volevano cambiarlo col Va pensiero del Nabucco. Non c’entra niente, quello è l’inno di un popolo oppresso, invece di Fratelli d’Italia mi piacciono sia i versi che la musica. Pippo Baudo, presentatore tv. (Silvia Fumarola). la Repubblica.
All’interno della vasta tenda un russare diffuso, di chi deve liberarsi dalle angustie del giorno, accomuna tutti i cavalieri. Fuori albeggia e tutto il campo è come cristallizzato in questa promessa di luce. Pupi Avati, I cavalieri che fecero l’impresa. Mondadori, 2000.
Mio padre impiegato di banca era stupito da tanta dedizione. Gli eroi di allora erano i supereroi di oggi. Poi mio padre fu trasferito per lavoro a Messina e fantasticai meno. Mi sembrò che anch’io dovessi emanciparmi dalla famiglia. Decisi che l’università l’avrei fatta a Milano. Alla Cattolica. Salvatore Natoli, filosofo. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Quando si affronta il capitolo Al-Andalus spagnolo, il tema dei temi resta quello della convivenza tra monoteismi: islam, cristianesimo ed ebraismo. Da storico accorto, Castilla preferisce parlare di «coesistenza». D’accordo, ma fino a che punto pacifica? «Non fu un paradiso. Andò a momenti», sfuma. «Stiamo parlando di un periodo di sette secoli: si rende conto di quanti sono sette secoli?». Altroché: per capirci, sono l’arco di tempo che ci separa dall’epoca di Dante. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
Si avvicina pure un tipo con una gamba più corta, parrucchino clamoroso e giacca fucsia con le tasche piene di salatini, un mezzo matto che si imbuca sempre. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Se il pupo tanto vezzeggiato e coccolato s’innamora, la mamma italiana finge di condividerne la felicità ma, sotto sotto, e nemmeno tanto sotto, semina zizzania, nella speranza di alienargli, con tutti gli espedienti, leciti e illeciti, più subdoli che palesi, la compagna, in cui non vede la possibile nuora, ma l’incombente rivale. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
È vero che i vecchi amano raccontare il proprio passato, e ne abusano, come sto facendo io, ora. Ma questa è un’altra storia. Perché lo possono infiocchettare come vogliono, tanto non c’è più nessuno che può verificare o smentire. Cacciar balle sulla propria giovinezza è forse uno dei pochi piaceri dei vecchi. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
Eravamo sorti a Taranto; e quivi riposatici, uscimmo del porto una mattina per andare a Manfredonia. Era una nebbia folta del mese di maggio, e la nostra barca, due vele latine e dodici remi, volava sul mare piano come una tavola. Massimo D’Azeglio, Ettore Fieramosca. Vallardi, 1963 (prima edizione 1833).
Chiedo agli altri più di quanto gli altri possano chiedere a me. Roberto Gervaso. Il Giornale.