Avvenire, 4 aprile 2020
Dall’Uganda le misure dell’Oms a ritmo di rap
«Guarda cosa accade in Italia, dobbiamo stare tutti all’erta, tutti dobbiamo fare la nostra parte»: il sound è vivace, fa venire voglia di ballare, ma le parole pesano e il messaggio è più serio che mai. «Il coronavirus dilaga sull’umanità» canta Robert Kyagulanyi, in arte Bobi Wine, pop star e parlamentare ugandese, candidato alle elezioni presidenziali il prossimo anno contro l’intramontabile (da 34 anni al potere) Yoweri Museveni.
Con quasi ottocentomila visualizzazioni su YouTube in una settimana, il suo brano è circolato in diversi Paesi, tutti sensibili al tema del contagio, indipendentemente dalla latitudine. «Vedere nazioni come l’Italia faticare per affrontare il virus, significa che in un Paese come il mio e altri in Africa una pandemia simile sarebbe un disastro» ci dice al telefono da Kampala. «Il primo caso in Uganda risale a due settimane fa e finora siamo a 44. Questi almeno sono i dati ufficiali, ma mancano le attrezzature diagnostiche». Anche gli ugandesi vivono in isolamento, dopo l’annuncio del blocco completo. «È una misura che condividiamo, necessaria, ma le istruzioni del governo non sono praticabili qui, perché la nostra popolazione non può rimanere senza fare nulla per più di una giornata: se non sarà di coronavirus, moriranno di fame dentro le case. I bambini, di solito, mangiano a scuola, ma essendo le scuole chiuseè chiaro che si apre un problema alimentare».
Membro indipendente del Parlamento, alla guida di un movimento che unisce studenti, avvocati, medici, musicisti, Kyagulanyi invoca misure urgenti: «Parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Il governo deve fornire cibo. I nostri ospedali, poi, sono in pessime condizioni, da tempo chiediamo investimenti. E invece il governo spende il 40% del budget nazionale in difesa e armi e, lo scorso anno, meno del 7% in sanità. Il punto è che la classe dirigente va a farsi curare all’estero, in Europa. Il sistema sanitario qui è solo per i poveri, ed è corrotto».
Se per cambiare l’Uganda ci vorrà tempo, intanto, c’è un contagio da contenere: «Ho messo in musica le disposizioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, dalle misure sull’igiene all’isolamento sociale. Il riscontro è stato grande». Il messaggio di fondo è che di fronte al coronavirus – fame permettendo – tutti sono chiamati a fare la propria parte. L’attacco del brano lo dice forte e chiaro: «La cattiva notizia è che ognuno può essere una vittima potenziale. Ma la buona notizia è che ciascuno può essere la soluzione».