La Stampa, 3 aprile 2020
Gigi Proietti e il coronavirus. Intervista
Nun me fa’ ride proprio gniente, ripenso al colera e al vibrione. Anche quella era una tragedia, c’era poco da scherzare, ma almeno avevamo dimestichezza con le cozze, diciamo che le conoscevamo meglio e sulle cozze è più facile fare battute. Nell’Amleto ci sono momenti comici. Sto coronavirus invece è un mistero per tutti, un nemico mascherato, uno Zorro alla rovescia e io non ho messaggi da dare. Dico solo restiamo a casa, perché così finisce prima, più gente resta a casa prima finisce tutto».
Gigi Proietti, nel live di Raiuno che ha raccolto fondi per la Protezione civile lei ha letto «Viva l’Italia», di Francesco De Gregori, questa pandemia ha rafforzato il patriottismo?
«Non sono mai stato nazionalista ma sono orgoglioso di essere italiano e romano, noi romani abbiamo cuore e non siamo campanilisti, mi sento romano come milanese o bergamasco».
Ha prestato la sua inconfondibile voce allo spot della Polizia di Stato diretto ai «non più giovani», come lei per invitarli ad accettare le regole dei «domiciliari». Come sta andando la sua reclusione ? «Sono più di tre settimane che non metto piede fuori dalla porta. Letteralmente. La spesa e i giornali che leggo tutti i giorni ce li portano a casa. Quando è iniziata l’emergenza avevo appena finito di girare Io sono Babbo Natale, film di Edoardo Falcone con Marco Giallini che dovrebbe uscire a Natale. Avevo deciso di prendere un po’ di giorni di riposo. Certo se la quarantena dovesse durare altri mesi non so come reagirò. Per ora tengo botta e so di essere un privilegiato: ho un giardino dove sgranchirmi e una moglie con la quale vado d’accordo. E poi io non sono un frequentatore di banchetti e aperitivi».
Staremo tutti in casa fino a Pasquetta. Poi ci potrebbero essere delle aperture per fasce di età. Prima, forse, i giovani e le donne, poi tutti gli altri.
«Beh, in questi caso io sarò liberato in un altro scaglione perché non sono di primo pelo. Ma va bene così. La salute è un bene primario e non me la sento di criticare il governo perché secondo me sta facendo bene, tenuto conto che l’Italia è stato il primo paese europeo a dover affrontare l’emergenza. Amo la politica ma certe polemiche non sono politica. Dobbiamo stare attenti a non farci male da soli. Certo la monnezza c’è, ma se noi per primi la enfatizziamo all’estero pensano che le città sono tutte sommerse di rifiuti. Se fai un’intervista a El Pais e dici che il governo non sa affrontare l’emergenza che immagine dai dell’Italia?».
Come trascorre le sue giornate? Anche per lei è un rito la conferenza stampa della Protezione civile alle 18?
«Per forza. Leggi i quotidiani e non si parla di altro, vai sul web ed è lo stesso. Ovvio che aspetti con ansia le notizie sull’andamento dell’epidemia. Siamo tutti dentro un incubo, un angosciante film dell’orrore. È come se le nostre vite fossero sospese. Non possiamo fare a meno di seguire il flusso delle notizie. Stando in casa inoltre si vede molta più televisione. Vedo con un misto di stupore e ammirazione commentatori che hanno verità da comunicare su un fenomeno che invece a me fa paura perché resta misterioso. Vabbè, sono anni così. Uno dovrebbe tapparsi occhi e orecchie. Però da quello che sento è tutto risolto con i migranti. Da tre mesi a questa parte non ne sentiamo parlare più. Vuol dire che allora il fenomeno non era così pesante. Mi stupisce piacevolmente. Era un problema esagerato: si parlava solo di quello. Per non parlare dello slogan uno vale uno. Ecco, mi sembra che soprattutto in questo tempo non è così. Tutti vorremmo che gli altri fossero migliori, invece dobbiamo cominciare da noi stessi. Non dico di fare l’esame di coscienza ma almeno cerchiamo di conoscerci meglio. Questo virus è la prima globalizzazione riuscita, non guarda in faccia nessuno, è come la livella di Totò. Non sono un sociologo né uno scienziato. Ma nel mio mestiere so che non esiste un pubblico del teatro, il pubblico va formato, giorno per giorno. Come la democrazia. A me hanno insegnato che la democrazia va difesa giorno per giorno, non basta averla conquistata».
Quando riprenderà la stagione del Globe Theater?
«Speriamo a giugno. Quest’anno oltre a Shakespeare avevo pensato di riprendere anche Molière. Magari ci facciamo finalmente quattro risate».