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 2020  aprile 02 Giovedì calendario

Un esperimento sulla lettura del pensiero

Perché parlare, quando basterebbe solo pensare. In dieci anni di lavoro, i dispositivi per leggere i pensieri sono passati da poche sillabe a 50 frasi e 250 parole. Joseph Makin ed Edward Chang, la coppia di scienziati dell’Università della California a San Francisco specializzata in questo settore da fantascienza, è riuscita a penetrare nella mente di quattro uomini e “osservare” le scene che stavano guardando. Il test non è per tutti: i volontari hanno una forma di epilessia piuttosto grave. Per controllare la malattia, nel loro cervello erano stati impiantati 150 elettrodi. I neuroscienziati californiani hanno sfruttato questo “cablaggio” per dare un’occhiata a cosa accade dentro al cervello quando pensiamo e parliamo.
Nel tradurre il pensiero in parola, il cervello emette piccole scariche elettriche. Sono i segnali che spingeranno i muscoli della gola e della bocca a produrre i suoni, e gli elettrodi possono registrarli. Un conto però è catturarli, un altro interpretarli. Davanti a questa difficoltà si erano arenati molti tentativi del decennio trascorso. Nel migliore dei casi, gli apparecchi per leggere il pensiero erano riusciti a raccogliere il 30-40% delle parole pensate, con un vocabolario di un centinaio di termini. A luglio dell’anno scorso, lo stesso gruppo di San Francisco era riuscito a “leggere” i pensieri di alcuni volontari impegnati in un dialogo con domande e risposte. Ma anche in quel caso l’accuratezza era stata al massimo di due frasi su tre.
Il test californiano di oggi, pubblicato su Nature Neuroscience, ha ottenuto invece una precisione del 97%. “La nostra idea – spiegano gli scienziati – è stata quella di sfruttare gli algoritmi usati per tradurre un testo da una lingua all’altra. Abbiamo pensato che decodificare i segnali elettrici del parlare fosse come interpretare una lingua sconosciuta”.
Le scariche elettriche del cervello – è stata la scommessa – possono essere tradotte come qualunque idioma straniero, con l’aiuto della stessa intelligenza artificiale che lavora nei nostri computer. Anche gli algoritmi, prima di imparare la “lingua del cervello”, hanno dovuto studiarla. I volontari hanno letto varie volte ad alta voce le descrizioni di alcune immagini, in cui 50 frasi si ripetevano in contesti diversi. Dopo varie sessioni di addestramento (ciascuna frase è stata letta per almeno tre volte), il software si è cimentato con la lettura silenziosa. E ha dovuto dedurre il contenuto dell’immagine esclusivamente dai segnali provenienti da un’area della corteccia cerebrale nei pressi delle tempie. Il tasso di errore è stato del 3% delle parole pensate. A mettere in difficoltà l’algoritmo sono state soprattutto le frasi che avevano una pronuncia simile (la lingua usata era l’inglese). “Il tasso di errore dei traduttori per uso professionale – spiegano i ricercatori – deve ricadere entro un limite del 5%, anche se ovviamente con un vocabolario molto più ampio”.
Il software ha dimostrato che i segnali cerebrali sono simili fra gli individui. Quelli emessi da un uomo durante la lettura potevano aiutare a interpretare anche quelli di un altro individuo.
Sulle tecnologie per leggere il pensiero si stanno concentrando i big dell’informatica, per rendere gli assistenti vocali addirittura capaci di interpretare le nostre intenzioni. Apparecchi del genere non sono ovviamente ancora maturi e avere elettrodi impiantati nel cervello non è certo pratica che può essere estesa a tutti. I ricercatori californiani puntano a mettere a punto strumenti per consentire alle persone paralizzate di comunicare. Un sistema di questo tipo sarebbe forse stato utile all’astrofisico Stephen Hawking, scomparso due anni fa, dopo una vita trascorsa semi-paralizzato a causa della Sla.
“Con questi malati – si rendono conto gli scienziati – ci sono casi in cui è impossibile addestrare il software con l’audio originale. Ma anche così la nostra tecnica ha dimostrato di avere un tasso di errore accettabile, entro margini che gli permettono di essere sfruttato con profitto”. La lettura del pensiero in fondo ha solo dieci anni di età. È come se andasse in quarta elementare. Continuando a studiare, non potrà che migliorare.