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 2020  aprile 02 Giovedì calendario

Quintali di orchidee al macero

Meravigliose Michelangelo, viola, o rosa antico, e le candide Divina, le Raffaello gialle o rosa. Tutto al macero, via. L’uomo che butta le orchidee, ne ha già buttate quintali, perciò è molto infelice. È una grande bellezza sprecata, e sono anche un sacco di soldi. Fino al primo decreto, l’imprenditore Donato Menin copriva «tutta Italia, isole comprese» con la sua produzione di bellissime Phalaenopsis, è il più importante produttore italiano e sfida da anni in Europa i temibili competitor olandesi. Ora dice «resisto solo per la passione. Ma siamo messi molto male». Anche ieri, 8mila piante fiorite gettate sul camion per essere smaltite.
La Menin Floricoltura di Carceri, fabbrica di orchidee provincia di Padova, patisce la chiusura causa coronavirus, non è la sola azienda che fatica di questi tempi ma è un esempio della crisi che avanza, oltre che un pezzo del Made in Italy che se ne va in malora. Più passa il tempo, più camion di orchidee vanno alla distruzione, né si possono regalare, e come si fa a regalare una produzione settimanale di fiori? Cinquantamila piante a settimana. Se anche le mettessero fuori dai cancelli, si creerebbero file e assembramenti, né è pensabile portarle nei cimiteri del Veneto, sguarniti di fiori come in tutto il Paese, con tristi sepolture quando va bene, o angoscianti file di camion che trasportano salme a cremare in altre regioni.
«Il danno è enorme, 250mila euro la settimana», dice Menin. Situazione simile per altre produzioni dell’agricoltura nazionale, la floricoltura è una parte e «la riapertura dei garden è stato sì un primo passo. Ma non c’è ripresa», spiega Dino Scanavino, presidente di Cia-Agricoltori italiani (300mila aziende, quasi tutte a conduzione famigliare, 900mila iscritti). Mariangela Cattaneo, vicepresidente provinciale di Imperia, produce a Sanremo gelsomini, rosmarini e verde reciso, ederina, asparagus, viburno. Anche lei trita quello che non può vendere, perché manca un anello fondamentale della filiera: i grossisti. «Il decreto ha stabilito che possono riaprire i garden. Ma sono quasi tutti chiusi, e anche i fiorai. E perché dovrebbero aprire, poi, se non c’è il consumatore finale? Sarebbero solo spese, di bollette e personale. E si esce solo per comprovata necessità, dice il decreto. Quindi, nessuno può uscire per comprare fiori». D’altra parte, ricorda Cattaneo, «lo stesso governatore del Veneto ha detto di non essere d’accordo sulla riapertura dei garden, “fate a meno di andare a prendere le primule da piantare in giardino, state a casa”». In Lombardia, lo stesso, tutto chiuso.
E tornando al Veneto e alle orchidee Menin, coltivate in 60mila metri quadri di serre, il titolare dice «noi siamo messi in croce dalla produzione settimanale. Se non vendiamo quelle pronte, le piante piccoline non trovano spazio». È una catena, «e io ho 65 anni, la mia carriera l’ho fatta, ho vinto cinque volte di seguito il premio qualità alla Horti Fair di Amsterdam… Ma i miei figli, e i miei nipoti? Ho 50 dipendenti, tutti bravi operai che ci tengono, alle orchidee. È un dispiacere enorme, buttare tutti questi fiori».
Il problema, di chi produce, è poi sempre quello: a chi vendo? «I grossisti non stanno lavorando, qualcuno mi spieghi a chi do le mie piante». Vietate le cerimonie, quindi niente funerali, matrimoni, battesimi e cresime, feste, perché la vendita del mazzo di fiori è solo una piccola parte del settore. Il grosso sono le corone, gli addobbi, le chiese da allestire, ma chissà quando tutto questo ripartirà. Nel frattempo, si contano i danni. Il settore nel 2019 ha registrato un aumento record dell’export del 7,6 per cento, con 884 milioni, e saldo positivo tra import export di duecentottanta. La Germania era il primo cliente. Ora non più. Chi produce i fiori recisi stagionali registra un danno del 100% non recuperabile. I fiori stagionali, i gerani, le petunie, le begonie? Mancato fatturato del 60/70 per cento. Chi fa piante d’alto fusto, arbusti da fiore, acidofile, è sotto del 30/40 per cento. «E bisogna consumare prodotti italiani, non mi stancherò mai di ripeterlo», dice Donato Menin, intanto parte un altro carico da 8mila Phalaenopsis colorate, e avanti così.