Corriere della Sera, 2 aprile 2020
Panatta e il silenzio di Wimbledon
«La prima volta ero ancora junior. Mi impressionarono il silenzio, perché sull’erba la palla non ha peso né rumore, e la compostezza del pubblico. Solo i tifosi azzurri, in una Davis che giocammo contro la Gran Bretagna a Wimbledon, riuscirono a far casino nel tempio del tennis».
Adriano Panatta (foto), indimenticato campione, di Wimbledon conserva il rimpianto del quarto perso con Du Pré nel ‘79 ma anche tanti bei ricordi.
«Il match sul centrale contro Neale Fraser, per esempio. Con un cerimoniere inglese elegantissimo e antipaticissimo che prima mi accoglie in un salottino con i divani fiorati e mi dice: c’è la famiglia reale nel royal box, faccia l’inchino. Oddio, l’inchino! Io, che sono repubblicano? Mi rivolgo a Fraser: Neale, che devo fà? E lui, australiano fino in fondo: basta che accenni un gesto con la testa. E così fu».
La singolarità del luogo?
«Wimbledon è pura storia d’Inghilterra. Ha un fascino unico. È snob e classista: solo i più forti si cambiano sotto il centrale. È tradizione: le code, le fragole, il pimm’s. Chi ama il tennis deve andare i primi giorni, sui campi secondari. Spettacolo».