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 2020  aprile 02 Giovedì calendario

Intervista a Maria De Filippi

Senza pubblico, senza ospiti, è uno dei pochi programmi di intrattenimento in onda. Domani è il giorno della finale di Amici, la più strana per Maria De Filippi nella storia del programma. 
Ha avuto senso andare comunque avanti? Non era combattuta? 
«Una parte di me diceva di non voler andare in onda. È stato molto faticoso: passi il tempo a parlare d’ altro, aspetti il bollettino della protezione civile, sei circondata da cameraman con le mascherine; e poi all’improvviso ti ritrovi a giudicare canzoni e quadri di danza. Non dico che l’ho vissuto con un senso di estraneità, ma sicuramente è stato qualcosa di profondamente diverso. Alla fine però d’accordo con Pier Silvio Berlusconi mi sono convinta che andare avanti era la scelta giusta: mi ha spiegato che per Mediaset era importante avere un’alternativa all’informazione, che c’era bisogno anche in tv di quella normalità che ci è venuta a mancare». 
Era come non essere mai in onda, il pubblico è la vera differenza tra le prove e la diretta... 
«Sì, è tutto strano, particolare, ti sembra di fare una perenne prova, l’unica differenza quando inizia la puntata è che sei truccata. Ma penso che queste dirette sospese nel tempo abbiano portato in tutti una dimensione più vera, autentica. I ragazzi non hanno percepito quanto a casa possono piacere o non piacere; non avevano il feedback delle reazioni del pubblico; quando cantano, quando discutono con la giuria, non hanno nessun applauso o segni di dissenso. E nel silenzio diventa tutto più drammatico». 
È per questa autenticità che l’abbiamo vista piangere, quasi un inedito per lei? 
«La storia di Jacopo mi ha emozionato, lui è l’ultimo dei romantici, era scisso: ci teneva tanto a proseguire, ma soffriva la distanza con la sua fidanzata. Questa atmosfera rarefatta mi ha reso più sensibile: il pubblico ti condiziona, ti aiuta a trattenere le emozioni, mentre nel silenzio riesci a lasciarti andare alle emozioni». 
Dopo 20 anni ha capito il confine che divide il successo dal dimenticatoio? 
«Il mondo della musica ormai è velocissimo, molto più di prima, il consumo è rapido, la selezione è spietata, una vera formula non c’è. È come per i tormentoni estivi: partono in 30, ne rimangono 3, gli altri muoiono. Quando cerchi un tipo di sonorità che fanno tutti, la inflazioni e vinci solo se sei fortissimo». 
È in corso una contrazione degli investimenti pubblicitari, ci saranno ripercussioni sui budget. Come cambierà la tv? 
«Ci sarà per forza una ripercussione, i ragionamenti sui programmi vanno ripensati, magari dovremo abituarci a una riduzione del pubblico. Ma la tv – la tv che faccio io – ha sempre rispecchiato la realtà e dunque dovremo rimodularci: bisognerà dare più importanza alle parole e meno ai comportamenti e quello che diremo dovrà corrispondere ai sentimenti che manifestiamo. La busta di C’è posta che si toglie e l’abbraccio si potranno ancora fare? Ora non lo so. Ma so che la tv deve corrispondere a quello che succede fuori». 
È cambiata la vita di tutti noi. Le persone più adulte sono maggiormente a rischio: lei fa avanti e indietro tra casa e ufficio, non ha paura per Maurizio Costanzo? 
«Prendiamo tutte le precauzioni. Al lavoro siamo tutti con le mascherine e manteniamo le distanze, viviamo una quarantena collettiva. A casa è tutto disinfettato con l’alcol, le scarpe rimangono sul pianerottolo, all’ingresso c’è l’amuchina, per la cena si sta nello stesso tavolo ma lontani. A tutti noi è venuta a mancare la normalità, che adesso capiamo essere la cosa più importante del mondo: la tua vita normale – per quanto a volte la ritenevi banale – è invece essa stessa la vita più vera».