La Stampa, 1 aprile 2020
Strage nelle case di riposo
C’è una strage silenziosa che fino a oggi è stata ai margini dei rilevamenti del Covid-19. È quella che avviene giorno dopo giorno nelle Rsa, le residenze per anziani pubbliche e private, dove il virus miete vittime verso gli ospiti più fragili. Il personale è spesso veicolo di contagio. In molte strutture mancano ancora attrezzature adeguate. Confrontando il numero dei morti a 28 giorni dall’inizio dell’epidemia la Germania, che ha una popolazione anziana come la nostra, aveva solo l’1% dei nostri decessi. Che rischiano di essere solo la punta di un iceberg a guardare i numeri di una indagine dell’Istituto superiore di sanità (Iss), su un campione di 236 Rsa, le Residenze socio assistenziali dove risiedono i nostri anziani più fragili.
Le cronache di questi ultimi giorni raccontano di un numero di decessi via via crescente, ma i morti per Covid non certificati come tali, potrebbero essere molti di più. Tra i 19.575 residenti delle Rsa oggetto dell’indagine i morti accertati per Covid negli ultimi due mesi sono "solo" 57, ma a questi se ne aggiungono 666 con sintomi simil-influenzali, e almeno la metà di loro, temono i ricercatori dell’Iss, potrebbero aver perso la vita per colpa del virus, soprattutto a marzo, quando l’influenza, quella vera, è andata scemando.
Sono le cronache a darci la diffusione del fenomeno. A Monselice vicino a Padova su 156 ospiti 75 sono contagiati. A Merlara nella stessa provincia solo 6 ospiti su 69 sono sani. Poi ci sono i numeri dei morti. A Mediglia vicino a Milano sono stati 61, a Quinzano d’Oglio 32, a Lodi 43, 30 a Clusone vicino a Bergamo, 20 a Iseo in provincia di Brescia. Numeri che da soli superano i decessi accertati dall’Iss, ma siccome sono persone mai sottoposte a tampone non rientrano nella casistica.
Considerando che nelle Rsa in realtà vivono ben 300mila anziani, come ha ricordato il Professor Roberto Bernabei, geriatra del Gemelli di Roma e componente del Comitato scientifico del governo, non è azzardato che le vittime del Covid in quei luoghi che dovrebbero essere di assistenza siano almeno 3.000. E dove siano da ricercare le cause di questa catastrofe è scritto nelle risposte fornite proprio da chi gestisce queste strutture. Che nell’86% dei casi ha denunciato la difficoltà a reperire i dispositivi di protezione individuale, nel 36% la carenza di personale perché molti si sono messi in malattia per paura del contagio, mentre il 27% ha ammesso di non sapere come fare a isolare dagli altri gli anziani affetti da Covid.
«Gli ospiti delle Rsa sono i più fragili dei fragili, perché hanno un’età media di 85 anni e patologie importanti. È una zona molto grigia – ha ammesso Bernabei - dove l’intervento è difficile perché ci sono differenze tra le Regioni e persino tra Asl e Asl. Ne abbiamo parlato al Comitato, è un terreno da arare».
I problemi all’origine della strage nelle Rsa è dovuto in parte al contagio provocato dagli assistenti che hanno una vita doppia, dentro la struttura a contatto con gli anziani, nel mondo reale dove prospera il virus. A Rapallo e a Camogli la cosa è stata risolta con il personale che si è autoisolato con gli ospiti. Poi c’è il problema della mancanza di mascherine e strumenti adeguati. La Sanità è in mano alle Regioni, toccherebbe a loro far fronte, ma quello che sta succedendo lo vedono tutti. Il professor Bernabei non crede che serva una campagna di tamponi massivi per gli anziani: «Sono troppi, non ci sarebbe la possibilità. Considerato che l’età media è 85 anni, molti hanno altre patologie, si potrebbe anche incorrere nel rischio di accanimento terapeutico verso gli anziani. Meglio sottoporre a tampone tutto il personale delle Rsa, per isolare i possibili portatori di contagio dall’esterno».