Avvenire, 1 aprile 2020
Pechino cambia i numeri sul coronavirus
Già svaniti gli effetti della diplomazia della mascherina, Pechino fa partire un’altra operazione: quella sui dati. La discrepanza tra i numeri cinesi relativi alla diffusione del Covid–19 e quelli del resto del mondo alimentano più di un sospetto. Il più benevolo: i dati dell’infezione sono sottostimati. Il più malevolo: sono truccati. Sta di fatto che la Commissione sanitaria nazionale cinese ha deciso di modificare il metodo di raccolta dei dati, inziando a censire anche gli asintomatici, vale a dire le persone positive al Covid– 19 ma che non mostrano i segnali evidenti della malattia. Secondo l’organismo al 30 marzo, gli asintomatici risultavano 1.541. Tutto questo mentre la Banca Mondiale stima che l’epidemia costerà alla Cina una crescita rallentata al 2,3 per cento (dal +6,1% del 2019), producendo 11 milioni di nuovi poveri nell’intera regione dell’est asiatico. Secondo quanto riportato dal South Cina Morning Post, il 60% delle persone che hanno contratto la malattia a Wuhan erano casi asintomatici o avevano sintomi molto lievi. Come tali non sarebbero stati segnalati alle autorità, sfuggendo alle statistiche ufficiali. Intanto Pechino sventola la bandiera dell’ottimismo. La diffusione del contagio è «sostanzialmente bloccata» a Wuhan. Lo ha affermato il direttore della Commissione sanitaria nazionale Ma Xiaowei. Sono oltre 63mila i pazienti guariti nell’Hubei, con un tasso di recupero dalla malattia del 93%, ha dichiarato l’alto funzionario del governo cinese. Dei 42.600 membri del personale medico e sanitario inviati in prima linea nessuno è poi risultato positivo al test sul coronavirus.