il Fatto Quotidiano, 1 aprile 2020
Intervista a Raymond Gary
Pubblichiamo uno stralcio de “Il senso della mia vita”, l’ultima intervista rilasciata da Romain Gary a Radio Canada nel 1980, pochi mesi prima di suicidarsi: il libro, edito da Neri Pozza, è disponibile in eBook. H»
ROMAIN GARY Ho divorziato da Jean Seberg nel 1970, in parte perché l’idealismo di questa ragazza che cozzava contro continue delusioni era quello che avevo già vissuto io da giovane e non potevo tollerarlo, non potevo sopportarlo, non potevo starle dietro, non le potevo fare compagnia, non la potevo aiutare e in un certo senso mi sono arreso senza mai smettere di occuparmi di lei con le tragiche conseguenze che oggi il mondo intero conosce e di cui ormai mi rifiuto di parlare, dopo aver fatto sull’a r g o m e nto una conferenza stampa che ha avuto sicure ripercussioni in America. Non ne voglio più parlare. CHE ALTRO DIRE? Il mio lavoro continuava, lavoravo sette, otto o nove ore al giorno ai miei romanzi. In totale ne ho pubblicati una trentina... Al momento la mia maggiore preoccupazione è l’educazione di mio figlio e la prosecuzione della mia opera letteraria. Ho sessantacinque anni, non posso dunque prevedere nulla al di fuori del restringimento dell’orizzonte da tutti i punti di vista e mi limito a constatare, a mano a mano che procedo nella vita, un certo fenomeno dell’eterno ritorno nel senso che ciò che considero come acquisito viene riscoperto dalle nuove generazioni. In campo letterario lo si vede in un modo abbastanza comico: ogni quindici anni una nuova generazione scopre Kafka, adesso si è appena riscoperto il mio amico Albert Camus e si riscopre Saint-Exupéry... All’inizio di questa conversazione vi ho detto che, più che vivere una vita, se ne viene vissuti. Ho l’impressione di essere stato vissuto dalla mia vita, di essere stato oggetto di una vita anziché averla scelta e oltre a ciò, con la notorietà, si è manipolati dalla vita stessa. Con la notorietà avviene un curioso fenomeno che consiste in un’immagine che, grazie ai media e con la mediazione delle vostre telecamere, si fissa nel pubblico e ha pochissimo rapporto con la realtà d e l l’uomo. Mi rendo conto tutti i giorni, in tutto ciò che si scrive su di me, che non mi riconosco assolutamente in questo marchio che mi porto dietro. C’è una profonda differenza tra ciò che scrive un autore e lui stesso. Un autore mette il meglio di se stesso, della sua fantasia, nel libro e tiene il resto, “il miserabile mucchietto di segreti” come diceva Malraux, per sé... Insomma, capite anche voi nel contatto con i media che io, Romain Gary, vivevo in continuazione con un personaggio di Romain Gary che non ha assolutamente niente a che vedere con la realtà del mio io. Anzitutto il mio passato storico, condizionato dalla storia, dalla guerra, dalle ferite di guerra, dalle decorazioni, dalle baruffe e poi le mie origini russe, ecc. fanno sì che si sia fatto di me una specie di cosacco teppista, aggressivo e violento, e c’è ad esempio una leggenda da cui non riesco a liberarmi: quella di essere un gran bevitore. Non ho mai toccato liquori. Bevo appena un po’ di vino... È un personaggio costruito di sana pianta e ciò che mi caratterizza è, per l’ap – punto, la fobia dell’alcol, e in tutti i campi... L’unica cosa che mi interessa è la donna, non dico le donne, attenzione, dico la donna, la femminilità. Il grande motivo, la grande gioia della mia vita è stato l’amore per le donne e per la donna. Sono stato il contrario del seduttore malgrado tutto quello che si è voluto raccontare su questo argomento. È u n’immagine completamente fasulla e direi perfino che sono organicamente e p si c o lo g i ca m e nt e incapace di sedurre una donna. Non funziona così, è uno scambio, non è una presa di possesso grazie a chissà quale numero artistico di chissà quale specie, e quello che mi ha ispirato in tutti i libri, in tutto ciò che ho scritto a partire dall’immagi – ne di mia madre è la femminilità, la passione che ho per la femminilità... La tenerezza, i valori di tenerezza, di compassione, d’amore sono valori femminili e per la prima volta sono stati pronunciati da un uomo che era Gesù... Posso dunque semplicemente dire che il mio rapporto con le donne è stato dapprima un rispetto e un’adorazione per mia madre, che si è sacrificata per me, e un amore delle donne in tutte le dimensioni della femminilità, compresa natura limente quella della sessualità. Non si capirà assolutamente mai niente della mia opera se non si capisce il semplicissimo fatto che si tratta anzitutto di libri d’amore e quasi sempre amore della femminilità. Anche se scrivo un libro in cui la femminilità non appare, essa vi figura come una mancanza, come un buco. Come filosofia d’esistenza non conosco altri valori personali oltre la coppia. Riconosco che da questo punto di vista nella vita ho fallito, ma se un uomo fallisce nella vita, non vuol dire niente contro il valore per il quale ha cercato di vivere. Ritengo che la cosa più valida che ho fatto in vita mia sia quella di introdurre in tutti i miei libri, in tutto ciò che ho scritto, questa passione della femminilità sia nella sua incarnazione carnale e affettiva della donna, sia nella sua incarnazione filosofica dell’elogio e della difesa della debolezza, poiché i diritti dell’uomo non sono altro che la difesa del diritto alla debolezza. E se mi si chiede di dire quale sia stato il senso della mia vita, risponderò sempre – ed è ancora davvero bizzarro per un uomo che non ha mai messo piede in una chiesa se non per un fine artistico – che è stata la parola di Cristo in ciò che essa ha di femminile, in ciò che essa per me costituisce l’incarnazione della femminilità... Per il resto, che cosa volete che vi dica? Vorrei semplicemente avere ancora il tempo di continuare nella stessa direzione, il più a lungo possibile e, lo dico subito, non tanto per scrivere altri romanzi e ricavarne chissà quale gloria, ma semplicemente per amore della femminilità, per amore della donna. © RIPRODUZ