Corriere della Sera, 30 marzo 2020
Storia del blitz di via Fracchia
GENOVA Quarant’anni dopo il blitz dei carabinieri del 28 marzo 1980 a Genova in cui furono uccisi quattro brigatisti, Riccardo Dura, Lorenzo Betassa, Piero Panciarelli e Annamaria Ludmann, l’operazione di via Fracchia continua a far discutere, non solo a Genova. Un post dell’ex br Barbara Balzerani «in memoria» provoca un’inaspettata reazione su Facebook: una raffica di pugni chiusi e richiami «ai fucili» e a «non dimenticare, nell’eventualità di una resa dei conti».
Balzerani posta la fotografia della lapide di Riccardo Dura, con la scritta: fiori freschi e memoria viva. E riceve oltre trecento condivisioni e commenti che hanno indotto la Digos ad aprire un’indagine imperniata sull’ipotesi che ci sia un avvicinamento tra vecchi ex brigatisti e nuovi anarco-insurrezionalisti, nonostante la evidente distanza delle posizioni ideologiche e dell’età anagrafica.
Il tenore reducista dei commenti al post di Barbara Balzerani sembra cancellare i quarant’anni intercorsi da quel 28 marzo e voler far rivivere un clima di odio e violenza che il Paese si è lasciato alle spalle.
Diversi commenti ricordano i brigatisti con i loro nomi in clandestinità, Cecilia, Roberto, Antonio, Pasquale. «Sono passati quarant’anni e noi non dimentichiamo mandanti e esecutori, onore ai compagni combattenti», «Partigiani caduti in un agguato infame», «Un raid politico, una strage», «Ricordo e onoro i compagni caduti», «Fu terrorismo di Stato», «In alto i pugni e in alto i fucili» sono alcuni dei commenti raccolti dal post, alcuni con diretti richiami alla lotta armata. Difficile calare queste frasi rivolte con rabbia al passato degli Anni di piombo nell’attualità di oggi.
La dinamica del blitz in via Fracchia condotto da Michele Riccio non è mai stata completamente chiarita, intorno all’appartamento nel quartiere popolare di Oregina dove avvenne l’irruzione fu subito creato un cordone di sicurezza e nulla si seppe delle stesse autopsie sui corpi dei terroristi. Alla madre di Annamaria Ludmann fu vietato di vedere il corpo della figlia.
Due anni fa, nella primavera del 2018, la Procura di Genova aprì un’inchiesta sull’irruzione in via Fracchia quale «atto dovuto» a seguito di un esposto dell’ex ricercatore universitario e storico Luigi Grasso che avanzava l’ipotesi di omicidio volontario basata sulla circostanza che Riccardo Dura sarebbe stato ucciso con un colpo alla nuca mentre era steso a terra.
Ma quando il procuratore capo Franco Cozzi chiese le carte relative ai fatti di via Fracchia si scoprì che l’intero fascicolo era scomparso. È stata quindi aperta una seconda inchiesta, questa volta per furto aggravato dagli archivi del Palazzo di Giustizia di Genova.
Quello che si sa è che nel 2016 il fascicolo su via Fracchia avrebbe dovuto essere trasferito da Genova agli archivi di Morimondo nell’hinterland milanese dove però non è mai arrivato.
È sempre rimasta oscura anche la vicenda legata ai trenta fogli scritti dal leader democristiano Aldo Moro durante la prigionia che – secondo alcuni – sarebbero stati conservati proprio nell’appartamento di via Fracchia. Il magistrato genovese Luigi Carli affermò di aver sentito in una riunione di magistrati che le trenta cartelle erano state trovate nel covo ma venne smentito da Gian Carlo Caselli.