il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2020
Iil virus blocca le rilevazioni meteo
In Italia – L’inverno, che quando era stagione non c’è stato, è venuto a visitarci da lunedì 23 marzo con fredde raffiche di bora e tramontana. Rispetto alla tiepida settimana precedente le temperature sono piombate giù di 15 °C, portandosi a circa 5 °C sotto media. Le minime talora sono scese a valori che – curiosamente – non s’erano visti negli scorsi mesi invernali, specie in montagna (-13,1 °C a Sestriere, -14,5 °C al Passo Pordoi), ma qua e là anche in pianura, con -6 °C nella Bassa modenese e -4,5 °C presso Oristano. Spruzzate di neve hanno imbiancato le spiagge di Rimini e Bari, oltre che città interne come Arezzo e Perugia. Molti allagamenti in Sicilia, da Palermo a Siracusa, sotto il diluvio di mercoledì 25 marzo (161 mm a Catania, record in almeno 18 anni di misure, e ben 309 mm sui fianchi dell’Etna). Un evento freddo vistoso e tardivo, ma non eccezionale, come in questo periodo se ne sono visti diversi (e fin peggiori) anche in anni recenti: il 24 marzo 1998 caddero 20 cm di neve sui Castelli Romani, l’8 aprile 2003 si imbiancò Lecce, e il 25 marzo 2013 la pioggia congelantesi paralizzò Trieste. Quest’anno il problema è semmai il precoce sviluppo della vegetazione per il caldo anomalo delle settimane scorse: il gelo è arrivato su fiori e germogli che erano in anticipo di tre settimane, danneggiando frutteti e vigneti dall’Emilia-Romagna alla Sardegna. E da domani tornerà più freddo, con neve a quote collinari. L’Ispra stima che con le restrizioni alla mobilità per il Covid-19 le emissioni serra nel primo trimestre 2020 in Italia siano calate del 5-7% rispetto a un anno prima: tuttavia per contrastare i cambiamenti climatici serviranno misure strutturali a lungo termine per l’efficienza energetica, le rinnovabili, il trasporto pubblico ed elettrico, e il telelavoro.
Nel mondo – Il freddo degli ultimi giorni ha interessato anche gran parte d’Europa, talora più anomalo che in Italia. Ad Antibes, Costa Azzurra, una minima di -1,6 °C (26 marzo) non si era mai registrata così tardi nella stagione, e la neve ha imbiancato la Baviera e i Balcani. Invece in molte città degli Stati Uniti meridionali (New Orleans, Corpus Christi, Houston) si sta chiudendo un marzo tra i più caldi, con 3-4 °C sopra la media, e un’ondata di calore è in corso con punte di 38 °C, inedite in questa stagione. Più a Nord sono le alluvioni a fare disastri: il 20 marzo nell’Indiana 6 automobilisti sono morti nel crollo di un ponte sul fiume Sanes in piena. Nello Yemen già dilaniato da povertà e guerra civile, martedì scorso un nubifragio da 75 mm di pioggia e la conseguente alluvione-lampo hanno investito la città di Aden facendo due vittime. Inondazioni anche nelle province meridionali dell’Iran (almeno 11 morti) e in Papua Nuova Guinea (10 vittime per una frana). Invece la siccità, gli scarsi deflussi d’acqua dolce e la conseguente salinizzazione stanno gravemente colpendo le risaie del delta del Mekong (Vietnam). Il 5 marzo, dopo l’inverno polare, la banchisa artica ha toccato un massimo stagionale di estensione di 15 milioni di chilometri quadrati, lontano dai record negativi del 2015, 2016, 2017 e 2018, ma mancavano pur sempre 590.000 km² rispetto alla media, due volte la superficie dell’Italia. In tempo di Coronavirus molti aerei restano a terra, così vengono a mancare preziose misure meteorologiche d’alta quota (Amdar, Aircraft Meteorological Data Relay) che di solito alimentano i modelli previsionali: secondo il Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (Ecmwf) l’effetto negativo si fa sentire con un calo di qualità soprattutto nei pronostici di vento e temperatura ad altezze di 10 km, proprio al livello delle rotte aeree, e si sta cercando di rimediare lanciando più palloni-sonda dagli aeroporti.