la Repubblica, 29 marzo 2020
Il calendario e il patto col diavolo
Una sera di molti anni fa Gianni Mura mi portò a cena in uno dei “suoi” ristoranti di Milano. Era giovedì ed era già inquieto per la rubrica che avrebbe dovuto uscire nel fine settimana. Disse: «Sai, ho la pretesa che ognuna sia migliore della precedente. E quando hai una rubrica della domenica: è sempre domenica». Pensai: ecco una cosa che starò attento a evitare. Appunto. Se non altro, evito il confronto con la precedente: Gianni resta davanti. E non solo adesso è sempre domenica, ma anche lunedì o sabato, nel tempo sospeso, con la vita fra parentesi e tutto lo sport nello spogliatoio.
Non è che la stiamo prendendo con filosofia, è la filosofia a prendere noi. Il paradosso di Zenone, per dire, quello per cui Achille, benché piè veloce, non raggiungerà mai la tartaruga perché, mentre arriva al punto in cui si trova, l’altra si sarà spostata più avanti.
A noi tocca il paradosso di Gravina, presidente della Federcalcio. Continua a spostare in avanti la data in cui ricominceranno le partite, contando di aver superato il virus, ma quello avanza e Gravina lo insegue: 2 maggio, metà giugno, entro Ferragosto. Manca soltanto l’idea di convocare l’intera serie A all’isola d’Elba venerdì 14 e giocare no stop, partite di 45 minuti, chi vince resta in campo, come quando un cortile era il mondo. Ora che il mondo è un cortile, che cosa dovrebbero evitare i presidenti? Di comportarsi come bambini. Avere smanie. Sfidare il destino, senza accorgersi di averlo già alle spalle. Proporre sacrifici di massa, perché poi la massa sacrifica te. Promettere riaperture a Pasqua, senza specificare di quale anno.
Quando il gioco si fa duro, i duri smettono di giocare. Dividono le perdite, ciascuno secondo le possibilità. È in momenti come questi che si giudica un giocatore, avverando infine il testo di De Gregori: “dal coraggio, dall’altruismo”. Il capitano del Pordenone, Mirko Stefani, offre la sua casa di vacanza a medici e infermieri. Gli idoli del Barcellona non rinunciano al taglio dello stipendio anche se non stanno svolgendo il loro lavoro. È così che si spezza un legame secolare fatto di ideali comuni, antifranchismo, solidarietà perfino nel modulo di gioco. Un giorno verrà presentato il conto. Zenone considerava illusione il movimento. Qui ci si illude del contrario: che tutto torni come prima. Ci sono calciatori che telefonano ai vecchi, soli, con la pensione minima. Un avviso: quelli si segnano il numero da cui è arrivata la chiamata e se non farete anche voi la vostra parte di sacrifici, poi vi svegliano di notte, come incubi ricorrenti. Ci sono presidenti frenetici che indicono (poi disdicono) allenamenti sul vuoto. Altri che impongono di ritrattare dichiarazioni preoccupate e andare in campo, fidandosi di loro, anche se propongono come antidoto “vodka, sauna e duro lavoro”. Che cosa dovrebbe fare un leader all’altezza della situazione? Aspettare. Cercar di capire.
Soprattutto questo: che ogni calendario è una convenzione. Lo scenario migliore è un empio desiderio. Quello peggiore un patto col diavolo, da firmare al volo, perfino per una stagione biennale 2019-2021. Si ricomincia da dove si era rimasti, ma nel nuovo anno, si risparmia un mercato, ci si prende il tempo per curarsi davvero. Usare la testa e il cuore. Per i piedi, non c’è fretta.