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 2020  marzo 28 Sabato calendario

A Palermo prime razzie alimentari

Tenuta sociale: appena due parole che racchiudono un problema enorme nel Sud del nostro Paese, Palermo in testa. Al momento il disagio e la protesta sono in una fase embrionale, ma il pericolo che esploda una bomba sociale è alto. I cittadini che per colpa del lockdown non possono lavorare e quindi non guadagnano perché non hanno un’occupazione regolare si stanno mobilitando, anche online, per razziare supermercati e centri commerciali.
Un fenomeno che sta preoccupando non poco le forze dell’ordine e la nostra intelligence. Dal Viminale e dai nostri servizi segreti filtrano notizie sull’esigenza di vigilare su questi focolai di protesta.
Doppio il canale di monitoraggio messo in atto: da una parte il controllo della Rete e dei social media da parte degli esperti informatici per rintracciare gli esagitati più pericolosi, dall’altra il presidio dei centri commerciali reso più facile visto l’impiego già in corso delle forze dell’ordine nelle strade per lo più deserte.
Certo è che dopo l’assalto al supermercato Lidl di viale Regione siciliana a Palermo, ieri, da parte di una quindicina di persone che hanno riempito i carrelli rifiutandosi di pagare alle casse, sono comparsi presidi di polizia, carabinieri e guardia di finanza davanti ai tre principali ipermercati della città. Su Facebook qualche ora prima si era costituito il gruppo «Noi» ( di cui, secondo le indagini, i quindici farebbero parte) che chiamava a raccolta affamati e senza lavoro per andare a svuotare gli scaffali. E ha scelto i social anche un trentacinquenne di Catania che è stato denunciato dopo avere inviato un messaggio audio su WhatsApp con cui invitava tutti alla disobbedienza per andare a saccheggiare supermercati e rivendite di prodotti alimentari.
Potrebbero essere le prime avvisaglie se si considera che, secondo i dati Istat sono 3 milioni e 700 mila gli italiani che vivono grazie al cosiddetto lavoro sommerso, di cui l’80 per cento al Sud. Baristi, garzoni, camerieri, manovali in nero, per non parlare di coloro che si «arrangiano» con lavoretti della bassa manovalanza criminale come parcheggiatori abusivi, venditori di sigarette di contrabbando e via discorrendo. Costoro non sono, ovviamente, garantiti da alcun decreto governativo e da alcun ammortizzatore sciale. E uno studio della Cgil conferma che una persona su tre in Sicilia (come nel resto del Sud) lavora in nero. Ambulanti, tuttofare, ma anche colf e badanti che da un giorno all’altro si sono trovati senza un euro in tasca.
Il nocciolo della questione dunque - al di là della speranza che il contagio da coronavirus rallenti presto e con esso l’isolamento sociale imposto per contenerlo - è tutta squisitamente politica.
Se il malcontento e la contestazione dovessero crescere in modo esponenziale, mettendo a rischio la tenuta sociale di una parte del Paese, non si potrebbe certo assistere a folle che reclamano prodotti alimentari mentre vengono represse a suon di idranti e manganelli. Occorre dunque una risposta politica, un aiuto economico concreto che possa sedare i focolai della ribellione.
Non è un caso che già qualche giorno fa il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e quello di Siracusa Francesco Italia, entrambi distanti dal provvedimento-manifesto dei Cinquestelle, abbiano chiesto un’estensione del reddito di cittadinanza alle fasce più deboli. E ieri il leader del M5S, Vito Crimi, ha ribadito «l’esigenza di estendere il reddito di cittadinanza a tutti i cittadini che non guadagnano a causa delle restrizioni per arginare il contagio Covid-19».
Adesso, intanto, è una corsa contro il tempo per dare risposte prima che la bomba deflagri. A Palermo il Comune, in collaborazione con la Caritas, l’associazione Banco Alimentare e l’associazione Banco delle opere di carità ha messo in campo un portale e un numero telefonico dove chi è in difficoltà può chiedere aiuto. In tre giorni si sono registrate 1800 famiglie.