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 2020  marzo 28 Sabato calendario

Diego Abatantuono e il calcio

«Sogno più del solito. E nei sogni non riesco mai a terminare ciò che sto facendo. Mi sveglio e ci metto un po’ a fare i conti con la realtà. Penso a chi vive solo, forse perché ho sempre patito la solitudine. Ma non capisco chi, in piena notte, per farti compagnia, manda messaggi o video allarmanti. Dormire in pace diventa un problema». 
Diego Abatantuono continua a tirar tardi la sera, a tenere la tv sempre accesa, a commentare con ironia ciò che ha di fronte. Compreso questo tempo segnato dall’ inquietudine, da abitudini comunque stravolte: «La salute fisica è un pensiero costante. Cerco di fare movimento. Bevo meno, mangio in modo più sano. L’alimentazione per me è importante anche se guardandomi non si vede. Sentirsi in forma: impossibile. L’obiettivo è mantenermi in un fuori-forma accettabile». 
Niente partite, niente riunioni con gli amici. Per lei, una vera rivoluzione... 
«Sì, i raduni a casa erano una costante. Ogni sera cambiava il cast con il pallone protagonista. All’inizio ero dispiaciuto perché gli amici sono fondamentali. Poi, alla mancanza delle partite ho dedicato scarso interesse. Forse perché chi governa e gioca a calcio mi infastidisce. È come se l’universo-pallone avesse la pretesa di porsi come eccezione comunque. Una esagerazione costante: il denaro sempre al centro, il vizio di trovare scorciatoie, le liti su temi marginali in questo momento. Del resto è così da tempo: se commetti un reato fuori dagli stadi vai in galera, non te la cavi con un daspo». 
Niente calcio, niente Milan. Se non altro, si è interrotto un patimento da tifoso? 
«Ecco, noi milanisti siamo quelli che soffriamo meno. Anche se il problema resta. Servirebbe un presidente che si sostituisca a un Fondo. Un imprenditore illuminato, legato alla città, al senso del fare. Non mi illudo che accada». 
Parla come un appassionato di sport deluso dallo sport. È così? 
Stare al passo 
Lo sport non riesce a stare al passo in una fase critica per tutti: noi milanisti soffriamo meno 
«Mi sembra che lo sport non riesca a stare al passo in una fase problematica per tutti. Hanno rimandato i Giochi olimpici: spiace ma non possiamo star qui a compatire gli atleti che dovranno cambiare i loro piani. Si sono fermate le fabbriche, la ristorazione, il turismo, il cinema. C’è gente che ha perso un lavoro, che farà fatica a tirare avanti. Per non parlare di chi perde una persona cara. Beh, non mi pare che un atleta sia il primo della lista-emergenze». 
Decreti, regole ferree. Si sente tutelato da chi governa il Paese? 
«Penso che chiunque sia al Governo debba essere aiutato e penso che chiunque non sia al Governo abbia gioco facile a criticare. Mi aspettavo un senso di responsabilità più marcato perché va bene fare opposizione ma davanti a una emergenza come questa diventa difficile programmare il futuro». 
A proposito, guardando avanti, cosa la preoccupa e cosa la rassicura? 
«Vorrei avere una certezza da fine buio, una luce là in fondo. Penso a chi è giovane, al bisogno di scambiare di tutto con i coetanei. Se avessi vent’anni impazzirei costretto in casa. Chissà, forse il web, dopo questa abbuffata, sarà sostituito dal piacere della parola guardandosi in faccia. Mi conforta l’idea di una presa di coscienza individuale. Qualcosa che faccia sparire quella frenesia da viaggi continui, da crociere nei canali veneziani, da aperitivi perenni, da spese pazze e profitti esagerati. Stiamo imparando che se si rompe un tubo o una lampada servirebbe sapere come aggiustarli. Che il lavoro di un artigiano è prezioso. Mi aspetto una umanità ridestata, più disposta all’affetto reciproco, all’amore, per contrastare chi vorrà esasperare una violenza, una arroganza. Non sarà facile ma sarà indispensabile».