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 2020  marzo 27 Venerdì calendario

Periscopio

Bisogna riconoscerlo: in quasi mezzo secolo di potere la Dc, che pure si chiamava Cristiana, non arrivò mai a tanto. Scalfaro aveva la spilla dell’Azione Cattolica all’occhiello, ma non la brandiva di continuo. Quanto a De Gasperi, si limitava ad andare a messa con Andreotti. Uno parlava con Dio e l’altro col prete, scrisse una volta Montanelli. Sì, ma a me il prete rispondeva, chiosò Andreotti, e la questione finì lì. Massimo Gramellini. Corsera.
A un certo punto scatta sempre quel meccanismo per cui sei una forza politica, il tuo alleato inizia a prendere molti più voti di te e tu, invece di farti un paio di domande, te la prendi con la televisione e con Del Debbio. E no, così è facile e sono capaci tutti. Paolo Del Debbio (Antonio Dipollina). il venerdì.

«Posso cominciare con una domanda di filosofia calcistica?», chiesi quando finalmente, liquidati i colleghi specializzati, Gigi Buffon fu da me. «Vada, vada», rispose dimostrandosi più sbrigativo a tu per tu, rispetto alla platea che un po’ lo intimidiva. «Il portiere», dissi, «è l’unico che usa le mani. In che altro si distingue dai compagni?». «Può sembrare più estroverso e pazzerello», rispose, «ma è solo più sensibile e solitario. Fa un po’ di scena per farsi compagnia mentre gli altri giocano. Un modo per attirare l’attenzione». Gigi Buffon, portiere (Giancarlo Perna). LaVerità.

Figurante ma senza neanche figurare in un ruolo, Giuseppe Conte è l’ologramma di una figura inesistente, disegnato in piattaforma come un gagà meridionale degli anni 50. Un po’ come Mark Caltagirone, il fidanzato irreale di Pamela Prati; è solo una supposizione. Trasformista, a questo punto, sarebbe già un elogio, comunque un passo avanti, perché indicherebbe un passaggio da uno stadio a un altro. Conte, invece, è solo la membrana liquida che, di volta in volta, riveste la situazione, producendo un molesto acufene in forma di eloquio. Conte cambia voltura a ogni utente e rispetto a ogni gestore (non fu un caso nascere a Volturara). Marcello Veneziani. Panorama.

Per la prima volta tra gli iraniani si è diffusa una rabbia popolare che nemmeno il governo potrà continuare a ignorare. Ho aggirato l’approvazione del governo al progetto con una bugia astuta, dicendo che si trattava di quattro cortometraggi girati da altrettanti registi. Per tutto questo ci sarà un prezzo da pagare, ma io ho deciso di dire quello che penso, a prescindere dalle conseguenze. Mohammad Rasoulof, Orso d’Oro alla Berlinale (Valerio Cappelli). Corsera.

Girando per le università, conversando con i giovani, vi rendete conto che, pur provando desideri, amori ardenti, hanno paura di stabilire legami affettivi duraturi che li tengono imprigionati e non danno loro nessun vantaggio, anzi possono avvelenare la loro vita e dare dolore. Perché? Alcune spiegazioni sono psicologiche: a volte hanno genitori che non andavano d’accordo, altri hanno divorziato. Ma la spiegazione di fondo è sociale. Sanno che il mercato del lavoro è smisurato, vi sono opportunità per tutti, in tutti i campi, ma proprio questa sterminata offerta li lascia incerti e si rendono anche conto che, in realtà, sebbene le scelte siano infinite, di fatto le strade loro praticabili sono pochissime. Francesco Alberoni, sociologo. Il Giornale.

Sono cresciuta con la sicurezza che la ricchezza ci sarebbe anche stata, ma l’ho vista anche scomparire per mille e una ragione da tanta gente. Ho visto ricchezze paurose che una volta non esistevano. La gente ricca dell’epoca dei miei genitori oggi sarebbe gente mediamente possidente. Non esistevano quelle ricchezze per cui un uomo solo era più ricco di un Paese. Gli americani hanno l’idea della comunità e dei doveri di condividere, in Italia c’è meno. Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata (Giuseppe Fantasia). Huffington Post.

È evidente che Verdi sia un compositore italiano, che Cajkovskij o Stravinskij siano russi e Ravel francese. Ma oggi si può ancora distinguere la nazionalità di un compositore? «Certo. Oggi l’ecologia dovrebbe insegnarci che ogni cosa ha un suo ambiente ideale, che non è casuale, e col quale chi cresce tesse tutta la sua tela. Prendiamo il primo tema del Primo Concerto di Cajkovskij, una melodia ampia, lunga, estesa che però non porta a niente. Solo chi nasce negli Urali può scrivere così». Salvatore Sciarrino, compositore siciliano (Piera Anna Franini). Il Giornale.

Una religione può fare a meno di Dio? Sì, il caso del buddismo antico è, da questo punto di vista, esemplare, ma non certo l’unico. Ciò da cui non si può prescindere è l’idea del divino. Occorre sapere che l’orizzonte dell’umano non è autosufficiente, c’è sempre qualcosa di ulteriore comunque definito. Giovanni Filoramo, studioso delle religioni (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Ci sono anatroccoli belli che da adulti diventano cigni neri, e ci sono brutti anatroccoli che da adulti alzano in volo grandi ali bianche, raccolgono il dolore sotto la pancia e ne fanno una forza per attraversare la vita. Franco Moro Bolzoni, Le parole che si dicono di notte. Albatros, 2019.

Finii al pronto soccorso per uno dei tanti accidenti dell’età. Ero prete solo da sei mesi quando, senza infarto, mi applicarono cinque bypass al cuore. In rianimazione supplicavo Dio: «Mi hai appena chiamato al sacerdozio e già mi vuoi portare lì? Avrei così tante cose da fare...». Al risveglio credevo che fossero trascorsi cinque minuti. La dottoressa rideva: «L’è cinq dì ch’al parla al Signùr!». Vede? Mi ha lasciato qui. Don Angelo Curti, diventato prete in tarda età dopo essere rimasto vedovo (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Il marito la seguiva mormorando: «Tina, Tina, per l’amore del cielo, restiamo calmi». Aveva, in confronto alla moglie, lo scarso rilievo che, nei quadri della Natività, hanno i paggi dei re Magi. Guglielmo Zucconi, Una storia pulita. Fabbri editori, 1990.

Era appena finito di piovere quando Kramer si avviò verso la metropolitana. Indossava un vecchio impermeabile sopra il solito abito grigio, con camicia e cravatta. Aveva un paio di scarpe da corsa Nike, con strisce sui lati. Le scarpe marroni di cuoio le portava in una borsa di plastica da supermercato. Tom Wolfe, Il falò delle vanità. Mondadori, 1988.

Pur avvicinandosi il tramonto, le cicale non cessavano un istante di frinire, faceva molto caldo, e c’era abbondanza di mosche e di polvere; tuttavia l’ambiente (per chi si prendesse la pena di osservarlo) era in sé molto bello, col mare azzurro a poca distanza, e l’isola montuosa e verde di Corfù che ne emergeva là di fronte. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares,1983 (ha 33 edizioni).