Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 27 Venerdì calendario

Intervista al nuotatore Luca Dotto

Luca Dotto avrà 31 anni nella stagione che all’improvviso è diventata olimpica, ma oggi si rifiuta di sintonizzare il mondo sul suo tempo. Continua a nuotare e lo farà anche nel 2021, a 10 anni dall’argento mondiale nei 50 stile libero, e chiede agli atleti di guardare oltre le proprie ambizioni.
Ha scritto un post per sgridare i colleghi. 
«Vorrei dire che era un invito amichevole, ma i miei toni non lo erano affatto. Non ho niente da insegnare solo che dopo aver letto 3 o 4 reazioni assurde mi è sembrato giusto dare la sveglia. C’è gente che soffre, gente che vive incertezze angoscianti, noi atleti non possiamo guardare ai nostri interessi, bisogna pensare alla comunità. Gareggiamo per l’Italia e l’Italia sta male». 
Non è stato difficile spostare il traguardo olimpico? 
«Siamo rinchiusi dal 9 marzo, come bestie. Ho continuato ad allenarmi dopo, però non certo con lo stesso spirito. Credo che il Cio abbia mostrato umanità nel posticipare i Giochi: ho tirato un sospiro di sollievo. Temevo non lo facessero e lasciassero prevalere l’interesse economico. C’è sempre gente che soffre mentre noi gareggiamo, ma un dolore collettivo non capita più dalla guerra». 
Phelps sostiene che molti atleti soffriranno di stress post traumatico. 
«Non vedere più all’orizzonte l’obiettivo della fatica porta scompensi, vero, però forse i colleghi disperati dovrebbero farsi un esame di coscienza. Chiedersi perché hanno fatto dello sport la loro carriera». 
Nel suo caso? 
«Mi piace nuotare, semplice. Di sicuro anche competere e migliorarmi ma non mi faccio definire da un’Olimpiade. Avrò 31 anni a Tokyo, chi è giovane potrà dire di essere un anno più forte io sarò un anno più vecchio. Pazienza. Continuerò anche dopo, nel 2022 ci sono gli Europei a Roma. Non penso a smettere, avrei rallentato nel 2021, lo farò ora che non c’è nulla da aspettare. Lo stress è di chi sa solo aspettare le gare come un pazzo. Così si diventa isterici». 
Dà per scontato che gli Europei, oggi riprogrammati a fine agosto, non si facciano? 
«Dati alla mano... Chi se la prende la responsabilità di un evento pieno di pubblico? Anche se a maggio, mi auguro, saremo fuori da casa ci vorranno mesi prima della normalità». 
Si è confrontato con chi ha espresso ansie sportive? 
«No. Ho solo sentito il bisogno di ricordare che siamo dei privilegiati. Sento sempre ripetere sacrifici... Sì, piccole rinunce, non esci la sera, va bene, ma per impegnarci in quello che ci piace davvero. Ci piangiamo troppo addosso». 
Come sta vivendo a Roma queste giornate?
«Da recluso, nuoto al mattino e rientro a casa. All’inizio qui l’avevano presa sotto gamba e io che ho la famiglia in Veneto, capivo che bisognava essere più responsabili. Ora mi fa effetto questa Roma silenziosa. L’epidemia ci ha fatto capire che abbiamo bisogno degli altri, di stare uniti, che non resistiamo alla solitudine. Neanche noi nuotatori abituati a vivere nell’acqua».