ItaliaOggi, 26 marzo 2020
Periscopio
È il momento degli spacciatori di facili entusiasmi. Fausto Carioti. Libero.
Noi diciamo messa tutti i giorni. Non possiamo farlo con il popolo, ma lo facciamo per il popolo. Monsignor Beschi, vescovo di Bergamo (Aldo Cazzullo). Corsera.
Ritenere che Conte possa essere un riferimento per i progressisti... Be’, diciamo che girando per l’Italia non lo sento assolutamente realistico. Giuliano Pisapia. (Alessia Gallione). Il Venerdì.
Molti sono sicuri che passerà la nottata. Si ingannano pensando che il virus si stanchi di martoriarci. Sento che non è così. Vittorio Feltri. Libero.
A Pasqua finiscono gli arresti domiciliari di Emilio Fede per il caso Ruby anche se, con il coronavirus, passa dai domiciliari penitenziari a quelli sanitari. Finisce un tunnel ed entra nell’altro. Roberto Alessi, direttore di Novella 2000.
Lo sport avrà tanti difetti ma, a differenza della vita, nello sport non basta sembrare, bisogna essere. Gianni Mura, scrittore. (Giorgio Lambri). Libertà.
Le cosiddette Sardine pensavano che il 12 marzo fosse il momento migliore per presentare il loro fondamentale libro contro Salvini. Il momento, essendo le librerie chiuse, è in effetti perfetto. Filippo Facci. Libero.
Mi sento un uomo di sinistra. Anzi di centro-sinistra. Massimo Giorgetti, stilista di Msgm. Corsera.
In Mediaset abbiamo i due papi: Confalonieri è papa Ratzinger, Pier Silvio è papa Francesco. Il Camerlengo è Mauro Crippa, il potente capo dell’informazione. Non le dico chi è il Tesoriere, sennò Gianluigi Nuzzi ci fa un libro. Paolo Del Debbio (Antonio Dipollina). il Venerdì.
«Sono un uomo di legge, per credere all’aldilà ho bisogno di prove. Credo troppo nell’aldiquà, se così posso chiamarlo. E siccome dall’altra parte non c’è niente, anzi l’altra parte neanche esiste, per questo io da qui non me ne voglio andare». Bruno Segre, 101 anni, avvocato di Torino, nessuna parentela con Liliana Segre. (Maurizio Crosetti). il Venerdì.
Il passaggio del Padre Nostro riformato è quello in cui si prega il Signore di «non indurci in tentazione». Questo non piace all’odierno pontefice perché Dio, essendo infinitamente buono, non può tenderci la trappola del peccato. Dunque, via la versione evangelica con l’indurci, per la bergogliana: «Non abbandonarci alle tentazioni». Giancarlo Perna. la Verità.
Devo confessarvi un segreto: ho simpatia per Dibba, lo vedo come un ragazzone, uno scapocchione con la testa ciondolante che già racconta nelle sue circumnavigazioni intorno al collo la sua psiche instabile e il suo nomadismo pendolare. Ma Dibba è il Puro, l’Irriducibile ai compromessi. Non amò il governo con la Lega, detestò quello col Pd, mi pare che disprezzi il Conte Zelig. Non volle ministeri, non ebbe poltrone, solo canoe per guadare contro la corrente i fiumi più impetuosi del pianeta; non va su Amazon, semmai va in Amazzonia, a sostenere i poveri indigeni e le foreste attaccate. Robinudde. Marcello Veneziani. Panorama.
Tutto l’impianto dei rapporti tra esecutivo e legislativo, tra potere centrale e Regioni ed Enti locali, tra potere politico e funzioni autonome dello Stato, va finalmente riformato, se non vogliamo che dalla crisi della democrazia rappresentativa nelle forme che finora abbiamo conosciuto si passi alla fine della stessa democrazia in un regime di contrattazioni tra poteri economici, finanziari, mediatici che di volta in volta assumono la figura di questa o quella «loggia», di questo o quel cerchio magico, di questo o quel tecnico-manager. Massimo Cacciari, filosofo. L’Espresso.
Anche nel 2012 i superstiti del vecchio Pci, diventati i big del partito democratico, seguitavano a lamentarsi. Di chi? Di Tonino, ossia Antonio Di Pietro. Lo ritenevano un cannibale politico, mosso da un unico scopo: mangiarsi pezzo per pezzo l’elettorato del Pd. Ma i vertici democratici non avevano il diritto di lamentarsi. Erano stati loro, sotto la bandiera del Pds, ad aprirgli le pietre della politica e a farlo subito senatore. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.
Nella sua memoria, i ricordi dei pranzi di Hitler erano nitidissimi. «All’improvviso, da una porta interna, compariva lui, il Führer. Non capivo da dove arrivasse, ancora non sapevo del camminamento segreto. Tutt’intorno alla sala si disponevano le SS in borghese. Vestiva sempre in abiti civili». A tavola il tiranno sanguinario si rivelò vegetariano: «Mai carne. Solo patate, verdure e legumi, molto speziati, perché un attacco con i gas mostarda durante la prima guerra mondiale gli aveva rovinato le papille gustative. E soprattutto dolci, tantissimi dolci, torte enormi coperte di panna montata». E pure astemio: «Beveva poco. Un sommelier stappava bottiglie d’annata, mica vino da chiacchiere. Ma lui lo assaggiava appena. In tavola erano più numerose le caraffe d’acqua». Stefano Lorenzetto, scrittore. l’Arena.
Davanti a un’insalata di riso, nella penombra di una allegra cucina in una casa della campagna umbra, Gaia Servadio sembra improvvisamente spogliarsi dei suoi ricordi, che sono ricchi di persone talentuose e di esperienze talvolta uniche. Dopo un paio d’ore di conversazione, in cui il tintinnio delle parole risuonava armonioso, eccola alle prese con una terra arsa dal sole, l’acqua che scarseggia, e la solitudine che accarezza il vasto paesaggio e lascia lievemente attoniti. Londra è ormai diventata la sua patria e l’Italia una gradevole dépendance dove alleggerire i pesi che l’inverno inglese, fatalmente, carica sulle spalle. Antonio Gnoli. La Repubblica.
L’Europa ha balbettato, sta arrivando ma è in ritardo. La governatrice della Bce, Christine Lagarde, poteva evitarsi l’uscita sullo spread e il relativo tonfo della Borsa Italiana (il peggiore nella sua storia). La Lagarde ha iniziato con un Quantitative easing timido per poi quadruplicarlo poche ore dopo. Questi balbettii non dovevano esserci. Renato Brunetta, deputato Forza Italia.
In un paese come l’Italia, che da molto tempo produceva meno scrittori dell’Irlanda ma più letterati dell’Eurasia, la grande palestra della cretineria intellettuale è stata la letteratura. Per molto tempo i nostri scrittori, anche i migliori, hanno trattato le parole «consacrate» (quelle che sancivano le investiture poetiche) come vergini introvabili, cercandole però nei bordelli letterari. In fondo «coltivazione del delirio» e «immedicabile silenzio» non eran molto meglio di «processi reali», «portare avanti», «voglia di socialismo», «stare insieme», «spessore concettuale», «tunnel della droga» che ci hanno torturato negli ultimi anni. Saverio Vertone, Le rivoluzioni incrociate. Passigli Editori, 2001.
«Così sia». Ma non è mai così Roberto Gervaso. Il Giornale.