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 2020  marzo 26 Giovedì calendario

La ricerca del vaccino negli Usa

«Contagion», spettacolare film di Steven Soderbergh, 2011, con Matt Damon, Gwyneth Paltrow e Kate Winslet, immagina un’epidemia che, trasmessa dai pipistrelli di Hong Kong allo chef di un ristorante, minaccia il mondo con i suoi virus. Se vi pare anticipi la pandemia, con mostruosa precisione, è grazie al professore di epidemiologia della Columbia University W. Ian Lipkin, consulente del regista. A metà gennaio, il dottor Lipkin, mentre l’area di Wuhan cade nella morsa Covid-19, lascia il campus dell’università e va a studiare i primi casi, aiutando i colleghi cinesi. Alla fine della quarantena, tornato a casa, positivo ai test, commenta: «S’è capitato a me, può capitare a chiunque, il virus è dappertutto, anche in America».
Per combatterlo, milioni di colleghi di Lipkin, ovunque nel mondo, si stanno mobilitando in una campagna scientifica che non ha precedenti nella storia umana. Uniti 24 ore al giorno dai social media, a dispetto dei fusi, medici, microbiologi, biologi, data scientists, esperti di reti, comunicano con strumenti sconosciuti ai loro colleghi negli anni 2000, al tempo della Sars. La piattaforma Slack è impugnata, per esempio al Wisconsin National Primate Research Center, per un dialogo di sms costante e già il 22 gennaio si cominciava a lavorare a un modello comune per affrontare poi la malattia.
La differenza con il passato è nella gigantesca galassia di dati disponibile oggi, prodotta in gran parte negli ultimi 24 mesi. L’informazione è disponibile, ma servono strumenti, tempo computer e operatori per analizzarla. Kai Kupferschmidt, corrispondente del magazine «Science», cita la storica testata «The New England Journal of Medicine», che pubblica il primo articolo scientifico su Covid-19 solo 48 ore dopo averlo ricevuto, tagliando i tempi di verifica al minimo. Anziché operare rinchiusi nel loro laboratorio, come in passato, gli scienziati mettono online, in tempo reale per esempio su twitter, i passi avanti fatti, permettendo dunque a ospedali e istituti lontani di assimilarli e corroborarli. Un istituto italiano di prima linea è in contatto quotidiano con un’università americana (i docenti ci han chiesto di non esser citati) e test, campionature, curve di progresso del male vengono confrontati negli Usa, non appena raccolti in corsia a Milano. «Abbiamo creato una biblioteca di sapere in un mese e mezzo» riconosce Jeremy Farrar, del Wellcome Trust.
Su richiesta dell’Office of Science and Technology Policy (Ostp) della Casa Bianca, è stato assemblato al volo un database con ogni informazione sul virus: la National Library of Medicine ha elencato le pubblicazioni scientifiche, Microsoft ha impegnato gli algoritmi collazionando le voci più rilevanti, l’Allen Institute for Artificial Intelligence le ha mutate da pagine web e pdf in testi leggibili via via da nuovi algoritmi (disponibile AI2’s Semantic Scholar website ). L’Ostp vuole ingaggiare l’Intelligenza artificiale contro il virus, spezzando i problemi complessi a compiti ridotti, e lasciandoli risolvere alla massa dei collaboratori. Premi da 1000 dollari sono assegnati agli sviluppatori che, per primi, trovano la soluzione a un task particol.
«Anziché attendere il lavoro di un genio - sorride stanco un informatico di Princeton University - lanciamo contro l’epidemia 50.000 lillipuziani online, più forti di ogni Gulliver». La scorsa settimana, calcola Kupferschmidt, 261 articoli sono stati pubblicati dalle riviste scientifiche, ma ben 283 sono apparsi sui «preprint», le anticipazioni online e i loro server, bioRxiv e medRxiv, sono schiacciati dalle nuove proposte, "almeno 10 al giorno" dice John Inglis del Cold Spring Harbor Laboratory, diretto a lungo dal leggendario premio Nobel Jim Watson. Neppure il leggendario Watson, padre del Dna, avrebbe potuto però da solo reggere a questa armata di cervelli, collegati online. La prossima volta che leggerete il solito ignobile post contro la scienza, «camici bianchi servi dell’industria farmaceutica», mentre girano i falsi video sul virus nato in laboratorio e i post attribuiti al consulente del nostro governo Gunter Pauli, che addossa i morti del virus alla rete 5 G, pensate grati ai milioni di uomini e donne che spendono il meglio di sé per salvarci la vita.