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 2020  marzo 24 Martedì calendario

I server di Facebook rischiano di fondersi

«Se l’epidemia non si ferma i nostri server rischiano di fondersi». A dare l’allarme è lo stesso Mark Zuckerberg, padre padrone di Facebook, Instagram e, appunto, del noto sistema di messaggistica istantanea. Questa la notizia. Ma dalla notizia scaturisce una riflessione. Spesso, anche da queste colonne, abbiamo criticato il clima poco democratico e molto politicamente corretto dell’algoritmo di Facebook. Ma questa volta il punto è un altro. La pandemia ci ha rinchiusi in casa, ha congelato fino a nuovo ordine i nostri rapporti sociali(e non è detto che il caldo estivo si porti via tutte le attuali costrizioni) e modificato la nostra vita lavorativa. Ed è in questo scenario apocalittico che il tanto vituperato capitalismo della Silicon valley assume un ruolo differente, da ammortizzatore social(e) e soprattutto da ammortizzatore emotivo. Attutisce le solitudini, riduce le distanze, fa sentire più vicine le voci che ora si odono lontane.
Gli squali dell’economia 2.0 sono fondamentali, oggi più che mai. Glovo ci porta la spesa o un piatto di pasta calda; Amazon ci rifornisce di libri (e quant’altro) per ingannare la quarantena; Facetime, Zoom o gli altri servizi di videoconferenza ci permettono di continuare le nostre riunioni lavorative. E poi Netflix, Facebook, Instagram, Google e tutti i servizi offerti dalla rete e dalla web economy. Servizi assolutamente superflui – in tempi normali – che adesso sono diventanti generi di conforto per attraversare un deserto del quale non si conoscono esattamente le dimensioni. L’allarme del re dei social nasce da un dato di fatto: l’utilizzo della banda è aumentato considerevolmente, il traffico quotidiano dei dati è superiore a quello che si registra durante la notte dell’ultimo dell’anno, giusto per dare una dimensione al fenomeno.
D’altronde capita sempre più spesso di ricevere videochiamate da chi fino a qualche settimana fa nemmeno mandava un sms. La costrizione nel perimetro della propria abitazione esplode, spesso, in una esasperata socialità virtuale che dovrà per forza essere ridimensionata. Netflix e Youtube, tra gli altri, hanno provato a correre ai ripari diminuendo la qualità dei video in Europa (da alta a standard) per permettere a tutti di poter accedere ai loro contenuti. Anche il mondo dei colossi del web uscirà cambiato e ridisegnato dall’esperienza della pandemia. E probabilmente cambierà anche il nostro rapporto con le tecnologie e la rete. Alla fine il capitalismo, anche quello spietato della Silicon valley, non è lo sterco del demonio.