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 2020  marzo 23 Lunedì calendario

Intervista al governatore di Bankitalia Ignazio Visco

Lo ribadisce lui il «whatever it takes» di Mario Draghi, come è naturale e giusto che sia. Per Ignazio Visco l’azione monetaria della Bce a sostegno dell’economia europea infettata dal Covid-19 «è oggi sufficiente», mille miliardi di acquisti programmati per titoli pubblici e privati, eppure ciò non toglie che, «se necessario, siamo pronti a fare di più». Ci è piovuta addosso una crisi che «riguarda l’intera economia mondiale», è «uno choc globale»: l’impatto per quest’anno, ammette il governatore della Banca d’Italia, «sarà elevato, ma le politiche economiche in atto stanno facendo il massimo per limitarne la durata e la forza». L’Italia reagisce «come si deve» e le manovre del governo, come quelle delle istituzioni comunitarie, vanno nel senso giusto per superare «una fase transitoria dalla quale usciremo». Serve ora una controffensiva concertata, con «un maggiore coordinamento tra Paesi» e «uno strumento che possa essere utilizzato in breve tempo», permettendo all’Ue di «finanziare collettivamente quella vera e propria ricostruzione che dovrà seguire la fase di emergenza». Il coronabond, insomma. O qualcosa di molto simile che anche «ci porti avanti sulla costruzione di una Europa Unita».
Il tono di voce di Visco è pacato, rispecchia la gravità dei tempi senza venature di allarme. Il mondo è cambiato, pulsa nella sospensione. Il dramma che viviamo gli fa tornare in mente Hemingway e «Addio alle armi», trama di conflitti e sentimenti forti. Si confessa vicino e ammirato per chi combatte in prima linea negli ospedali, dove anche alcuni suoi famigliari sono impegnati. Segue gli eventi, «per lo più a distanza», con continue teleconferenze con il Consiglio Bce, con governatori e ministri, in ambito europeo, a livello di G7, di G20». E anche la Banca, assicura, «ha risposto all’emergenza con rapidità e oggi oltre il 90% del personale lavora regolarmente da casa: facciamo fronte a molteplici impegni e non manchiamo di fornire il nostro apporto, con analisi e proposte, alle autorità italiane ed europee».
Come valuta la risposta del Paese? E le possibilità di uscirne senza pagare un prezzo troppo alto?
«Di fronte a una situazione così inattesa e difficile, non è il caso di dare giudizi, ma di fare tutti il nostro dovere perché le misure eccezionali che sono state prese abbiano successo. Esse sono rivolte a proteggere la salute e la vita di tutti, vanno seguite con la massima attenzione nella consapevolezza dei rischi. Mi sembra che il Paese stia reagendo come deve; credo che il messaggio del Governo e la necessità di comportamenti responsabili siano chiari a tutti».
Avete un’idea di quanto tutto questo peserà sulla nostra economia e per quanto? 
«Gli economisti della Banca d’Italia fanno continue valutazioni sui possibili costi per la nostra economia. L’impatto per quest’anno sarà elevato, ma le politiche in atto stanno facendo il massimo per limitarne forza e durata. È importante che sia chiaro che questa fase, difficilissima per il nostro paese e per la vita di tutti noi, è comunque transitoria. Ne usciremo tanto prima e meglio quanto più responsabili saremo nei nostri comportamenti».
Qual è la vostra valutazione per l’Italia e per l’Europa? 
«È una crisi che riguarda l’intera economia mondiale, che ci investe nel profondo: tocca la nostra vita, il nostro modo di stare insieme; colpisce l’economia reale, le imprese e i lavoratori; si estende inevitabilmente al sistema finanziario. Proprio perché la crisi è globale, la risposta deve essere globale. Un maggiore coordinamento tra paesi ci consentirà di uscirne tutti insieme prima e con minori costi».
La Bce ha predisposto il suo bazooka. Si dice da tempo che i margini per la politica monetaria sono limitati. È vero? Sino a che punto?
«Abbiamo dimostrato che non ci sono limiti alla nostra azione quando si tratta di adempiere al nostro mandato. La portata degli interventi stabiliti è senza precedenti. Porteremo gli acquisti di obbligazioni pubbliche e private oltre i mille miliardi quest’anno e forniremo alle banche tutta la liquidità necessaria per sostenere il credito a famiglie e imprese. Faremo tutto quello che serve per assicurare il buon funzionamento dei mercati finanziari e la trasmissione della politica monetaria in tutta l’area dell’euro».
Ci sono margini per ampliare la portata e lo spettro di intervento della banca centrale?
«Teniamo costantemente sotto controllo le condizioni economiche e finanziarie. L’insieme delle misure adottate s’è dimostrato efficace nell’allentare le tensioni; crediamo oggi che sia sufficiente, ma se necessario saremo pronti a fare di più. Non tollereremo il rischio che la trasmissione della politica monetaria venga compromessa in alcun paese; siamo pronti ad aumentare le dimensioni del programma, e a variarne composizione e durata».
La mossa di Francoforte, e la crisi in generale, ha fatto emergere le usuali differenze fra paesi del Nord e del Sud dell’Europa. È un ostacolo che può essere aggirato?
«Le ricostruzioni della discussione nel Consiglio direttivo fatte da alcuni giornali non sono corrette; sarà evidente quando saranno pubblicate le minute. Abbiamo avuto, come sempre, un dibattito intenso e approfondito. Ci sono state limitate differenze di vedute sulle modalità dell’intervento. Ma tutti i membri del Consiglio non solo sono stati d’accordo sulla necessità di agire, ma anche su quella di chiarire bene nella comunicazione che il pacchetto adottato è una risposta proporzionata alle mutate condizioni di mercato».
Qual è il ruolo che attende gli Stati europei per sostenere le imprese e l’economia.
«Va innanzitutto affrontata la sfida di contenere la diffusione del virus e di sostenere il sistema sanitario messo a dura prova. Al contempo bisogna operare a favore delle imprese, specie quelle più piccole, e delle famiglie. I provvedimenti varati mirano a scongiurare il rischio che l’epidemia e le misure di contrasto della sua diffusione mettano in pericolo posti di lavoro e reddito dei cittadini. Giustamente il Governo ha annunciato il proposito di introdurre nuove misure in base all’evoluzione della crisi».
Quali sono le priorità per l’auspicata "fase due", quella che dovrà cominciare quando il contagio sarà esaurito?
«Molto dipenderà dalla durata della pandemia. Non è da escludere che la ripresa possa essere inizialmente caratterizzata da una creazione limitata di posti di lavoro; sarà quindi necessario mantenere per un certo periodo condizioni monetarie e di bilancio espansive, mentre andranno favoriti investimenti in formazione e adottate riforme strutturali, delle quali peraltro da molto si parla».
L’Italia parte con un debito altissimo. Quanto pesa sulle possibilità di rapido. Basta spendere bene per non avere contraccolpi?
«Gli interventi per contenere la diffusione del virus, per limitare quanto più possibile la perdita di vite umane, per aiutare famiglie e imprese in difficoltà in realtà riducono il rapporto tra debito e prodotto rispetto a uno scenario in cui non fossero effettuati. Il livello del debito non sarà un ostacolo all’adozione di queste misure: le istituzioni nazionali ed europee dovranno continuare ad agire in maniera coordinata e con misure adeguate».
Tutto questo potrà essere fatto solo se lo spread non taglierà le gambe alla ripresa auspicata. È possibile?
«La Bce ha mostrato nei fatti, oggi come in passato, la propria determinazione a mantenere condizioni finanziarie distese così che l’orientamento molto espansivo della politica monetaria possa continuare a trasmettersi pienamente in tutti i paesi. La ripresa contribuirà a comprimere ulteriormente lo spread, dato che favorirà un calo ulteriore del rischio. Superata la crisi, dovrà esser chiaro che spesa corrente, misure fiscali, investimenti pubblici vanno inquadrati in una strategia coerente di cui il ritorno a una graduale e continua discesa del rapporto tra debito e prodotto, sia pure da un più alto livello, non può non far parte. È necessario affinché al recupero del tasso di crescita dell’economia corrispondano tassi di interesse sul debito pubblico il più bassi possibile». 
Ursula Von der Leyen ha detto che si valuta un coronabond. Lei è un fautore degli "eurobond". Qual è la soluzione praticabile davvero?
«La "sospensione" del Patto di stabilità dimostra la consapevolezza della gravità della situazione e la ferma intenzione delle istituzioni Ue di favorire una risposta coordinata all’emergenza. Sarebbe altrettanto importante definire rapidamente uno strumento che possa consentire di finanziare collettivamente la "ricostruzione" che dovrà seguire la fase di emergenza. Questa fase, così dura per tutti, deve costituire l’occasione per conseguire passi avanti nella costruzione dell’Europa unita».
Come si possono convincere i cosiddetti "falchi" che non c’è nulla di immorale nel condividere la spesa per rilanciare l’Europa?
«Non so se quelli che lei chiama "falchi" pensino che un’azione condivisa di rilancio dell’economia europea sia "immorale", francamente ne dubito. Credo che manchi fiducia, questo sì. Soffriamo ancora le conseguenze delle ferite aperte dalla crisi finanziaria globale e da quella dei debiti sovrani. Ma questo non è il momento di temere comportamenti opportunistici perché abbiamo tutti troppo da perdere se l’Europa non si muove coesa. Nessun paese può vincere da solo questa sfida».
Il ruolo delle banche per abbeverare l’economia è centrale. Il sistema italiano è in grado di rispondere?
«Negli ultimi anni il sistema bancario si è significativamente rafforzato. Le misure adottate dal Governo e l’ampia liquidità fornita dall’eurosistema fanno sì che gli intermediari siano in condizione di sostenere l’economia reale in questa difficile fase e, non appena ne saremo usciti, pronti a sospingere la ripresa».
Quanto è importante che il dibattito politico italiano, mai tranquillo e sereno a dire il vero, si sintonizzi sull’esigenza di lavorare per il benessere comune e non per costruire sulle differenze?
«Serve un paese unito perché è necessario l’impegno di tutti. Anche il rapporto con l’Europa deve riacquistare serenità. Non è il momento di divisioni: i virus non sono di parte e, come abbiamo visto, non rispettano le frontiere».