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 2020  marzo 23 Lunedì calendario

I 50 anni della Citroën SM, che Cruijff pretese nel contratto

È stata una scommessa, una sfida, uno spicchio di grandeur che in quegli anni la Francia estendeva al cielo grazie al Concorde, il primo aereo supersonico per uso civile. 
Soprattutto, è stata una macchina meravigliosamente bella e allo stesso tempo molto sfortunata, alla fine sconfitta da eventi non controllabili, come la crisi del petrolio, ma anche da errori commerciali nella battaglia contro rivali della stessa categoria, soprattutto nell’area Mercedes, Bmw e Porsche. 
Cinquant’anni fa al Salone di Ginevra (quest’anno saltato all’ultimo minuto dopo 89 edizioni a causa dell’emergenza sanitaria mondiale) la Citroën presentava la SM, una Gt che coronava l’idea di entrare nel segmento delle coupé di lusso, affiancando una sorella maggiore alla mitica DS. La Dea, peraltro, avrebbe fornito componenti della sua tecnologia, dai fari orientabili alle sospensioni idropneumatiche. 
Flaminio Bertoni, lo stilista varesino padre delle più iconiche vetture del Double Chevron, avviò gli studi della nuova ammiraglia. Ma un ictus spense il suo genio e fu il suo erede, Robert Opron, ad arrivare al traguardo. Nel frattempo nel mosaico era entrato un tassello chiave: nel 1968 la Citroën aveva acquisito il controllo della Maserati. Quindi riusciva a mettere le mani su motori potenti per dare un cuore adeguato, oltre che italiano, alle ambizioni della nascitura. 
La sigla SM stava per Sport-Maserati, ma per tutti fu Sa Majesté, Sua Maestà. Il pubblico rimase strabiliato: trazione sulle ruote anteriori, con asse più largo rispetto a quello posteriore; il sistema Diravi a indurimento progressivo dello sterzo; i due fari interni del gruppo ottico «3+3» che seguivano l’andamento della strada; la morbidezza dell’assetto; poltrone comodissime, vere chicche come l’orologio ovale Jaeger incastonato nel cruscotto che replicava quello della Maserati Merak. 
E poi un’estetica affascinante: coda tronca, muso carenato e cerchi in vetroresina. Quanto al propulsore, la Citroën impose alla Maserati tempi stretti. L’ingegner Giulio Alfieri rispose, piccato, che il motore era già pronto. Ma era un 8 cilindri e non rispondeva alle norme fiscali francesi. Così «tagliò» due cilindri e creò un V6 da 2,7 litri con 170 cavalli di potenza (ci sarebbe poi stata una versione a 3 litri, da 180 Hp e con iniezione elettronica). Fino all’avvento della Lancia Thema 3.2, la SM, con i suoi 220 orari, era l’auto a trazione anteriore più veloce della sua epoca. 
Il pubblico rimase colpito. I Vip pure: la ebbero Alain Delon, il compositore John Williams, lo Scià di Persia Rezha Pahlavi, in Italia Cino Tortorella (il Mago Zurlì) e Renato Pozzetto. Johan Cruijff quando firmò per il Barcellona la chiese come benefit e Jay Leno, comico statunitense, ne ha ancora una in collezione. Il cinema fu a sua volta affascinato; Burt Reynold la guidò per Palm Beach in Quella sporca ultima meta, Ben Stiller la utilizzò in Zoolander. 
L’inizio promettente inciampò però nei guai: su tutti, la meccanica delicata (le cinghie della distribuzione erano fragili) che mandò in crisi i concessionari. Non aiutò poi il mancato boom negli Usa, dove la SM arrivò con una fanaleria diversa e senza proiettori orientabili. Fu auto dell’anno nel 1972, ma non sfondò. 
Citroën in Europa ampliò l’offerta con una versione cabrio (la Mylord) e tentò di dare smalto all’immagine con i rally e facendola diventare l’auto presidenziale. Ma esagerò a ritoccare il prezzo: la SM finì per costare come una Fiat 130 – 8,6 milioni di lire – e poco meno di una Bmw 3.0 CSL. Troppo. La crisi del petrolio segnò il capolinea. La Peugeot, diventata proprietaria del Double Chevron, nel 1975 chiuse la produzione a 12920 esemplari. 
Oggi Sua Maestà continua la sua storia nel pianeta delle auto storiche: averne una – chi scrive l’ha sperimentato – significa vivere la guida da un punto di vista esaltante. Con alcuni grattacapi, ma anche con sensazioni davvero uniche.