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 2020  marzo 22 Domenica calendario

L’armadio dei tempi migliori

Apri l’armadio e in un angolo ci sono, dimenticati, un paio di pantaloni di raso, due giacche di velluto, due camicie di seta. Come in milioni di armadi di signore. Eppure ti chiedi, ma come è possibile? Da che pianeta vengono, da quale vita? Un 7 o un 31 dicembre, una annuale inaugurazione della Scala, un fine anno come tanti? Ma di che anno, di quanti anni fa? Ecco liberarsi dalla memoria un “Turco in Italia” rossiniano, le sue immagini, il suo suono, una serata di gioia,all’opera, e all’intervallo i foyer zeppi di gente elegante, sorridente, esaltata dallo spettacolo: il secolo scorso, l’anno scorso?
No, era il 22 febbraio 2020, trenta giorni fa, un mese d’inverno che di solito accumula lavoro, impegni, incontri, serate in casa con gli amici, o a far quello che si chiama divertimento e ognuno ha i suoi. Nel frattempo il mondo si è ribaltato, in Italia, in Europa, in tutti i continenti, contemporaneamente; tutto è scomparso, persino i ricordi faticano a farsi vivi. Non c’è più un rifugio, un’isola di salvezza e da dovunque si sia fuggiti il virus ci ha preceduto. Quella sera di febbraio il virus si era già nascosto ovunque, già erano comparsi i contagiati, non i primi purtroppo; troppo evasivo e prorompente per comprenderlo subito, soprattutto noi dalle vite troppo facili anche quando non lo crediamo, tanto da sentirci immuni da tutto. Il pomeriggio dopo quella ultima sera luminosa e felice, la Scala ha chiuso, si era già chiusa l’immensa Cina, ha chiuso Milano, poi l’Italia, poi l’Europa, e infine il mondo che si credeva salvo. È successo in trenta giorni, un tempo che oggi sembra infinito ed è invece paurosamente breve, e c’è chi comincia a temere che non finirà mai o comunque troppo tardi: abbiamo sempre più notizie e ne sappiamo sempre meno, siamo fermi a un presente drammatico che si moltiplica senza confini, ogni giorno senza respiro, numeri sempre più cattivi. Ma davvero eravamo arrabbiati, circondati da nemici, e nemici noi stessi, certi di dover essere risarciti di non si sa cosa e da tutti, armati da quei clic che ci hanno dato l’accesso all’insulto, al rancore, all’esibizione dell’ignoranza, della supponenza, della miseria morale, individuale e politica? E adesso tutto quel tempo perduto facendoci male, saremo in grado di recuperarlo? Adesso che constatiamo cosa vuole dire vivere come topi, capiremo quanto eravamo fortunati? In che meraviglioso paese vivevamo, e sottolineo, purtroppo per molti, vivevamo? Quanto gente ha perso il suo tempo migliore per odiare “gli altri” e non solo i migranti? E come si comporteranno con medici e infermieri di colore questi patrioti pericolosi, li faranno cacciare? Forse i soli italiani degni di dichiararsi tali sono le persone quasi tutte ignote che stanno usando la loro sapienza, il loro coraggio, la loro umanità, la loro vita per curare, assistere, aiutare gli altri, anche i peggiori. Allora pensi, se ci salviamo saremo diversi, certamente migliori, ma poi stupidamente vai sui social o guardi la televisione e capisci che no, non è così: oggi più che mai ci sono due Italie, e una è tuttora orribile.
Più tempo passa meno riusciamo a immaginarci il futuro: guardo le mie vecchie giacchette che “fanno sera” e chissà: ci sarà un’altra Scala per chi ne ha nostalgia, e tutto il resto scomparso per chi ne sente la mancanza, una vacanza, un film, una bisboccia, un nuovo amore? La nostra vecchia felice vita?