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 2020  marzo 22 Domenica calendario

Intervista a Fabio Tortu

Alieno in un mondo che ha smesso di correre, lanciare e saltare, Piè Veloce non si concede facoltà di scelta: «Certo che l’epidemia di coronavirus mi preoccupa, ma c’è una cosa che ora non posso proprio permettermi di fare: dubitare che l’Olimpiade di Tokyo venga inaugurata il 24 luglio, come da programma». 
E così, a 123 giorni dai Giochi più infettabili e futuribili della storia, mentre le certezze del numero uno del Cio Thomas Bach vacillano di fronte a un’onda montante di dissenso e critiche, Filippo Tortu infila ogni giorno mascherina e guanti e si allena a porte chiuse al campo di atletica di Giussano, di cui ha le chiavi come il custode, unico abitante di un tartan vietato agli umani. Chi ha scelto di mestiere la lotta ai centesimi (l’anno scorso era stato un millesimo a regalargli la qualificazione alla finale mondiale di Doha, 32 anni dopo Pavoni), non può vacillare. 
Filippo, ci racconta l’amore per lo sprint ai tempi del virus? 
«La mia routine non è cambiata. Le incertezze legate ai Giochi non impattano un progetto iniziato nel 2016: sono quattro anni che penso all’Olimpiade di Tokyo. Il lavoro con papà non ha subito rallentamenti. Mi alleno come se il primo agosto cominciassero le batterie dei 100». 
Eppure le condizioni ambientali in cui allenarsi sono radicalmente cambiate. 
«Ho trasportato la palestra nella casa di Costa Lambro. In taverna c’erano gli attrezzi di mio padre, abbiamo aggiunto quelli che servivano a me. Mi sgranchisco nel giardino. Abbiamo modificato i luoghi, non i modi». 
Come fa a mantenere la concentrazione su un evento così incerto? 
«La situazione mondiale è tragica, cerco di aggrapparmi agli aspetti positivi: dovendo arrangiarmi con quello che ho a disposizione, ho ripreso a fare cose che non facevo più da anni. Esercizietti, mica chissà che. Ma è un tornare alle origini che mi fa sentire ancora più vicino alla mia a-tletica». 
Certi suoi colleghi dicono: allenarsi è troppo rischioso, l’Olimpiade va rinviata. Non condivide? 
«Li capisco. È un’ansia che ti sale: abbiamo tutti fretta di sapere quale sarà il destino del nostro sogno. Però sono tranquillo: il Cio prenderà la decisione giusta». 
Quale piano B preferirebbe: le porte chiuse, un rinvio? 
«Se proprio deve essere, uno spostamento al 2022. Nel 2021 ci sono già i Mondiali, un evento che a livello psicologico ti prosciuga». 
Certo lei, rispetto alla Pellegrini (31 anni) o a Montano (41), ha il vantaggio dell’età: 22 il 15 giugno. 
«Nel 2016 sfiorai i Giochi di Rio. Tutti a dirmi: che problema è, hai tempo! Ma io ero dispiaciuto perché mi sentivo in forma. La verità è che nessuno sa come starà tra uno o due anni. No, io non spero nel rinvio». 
Com’era l’agenda, prima della pandemia? 
«Debutto all’aperto a metà maggio, poi Golden Gala a Napoli. Spero non venga annullato». 
Con il calendario della Diamond League rivoluzionato, andrebbe a correre a Shanghai, in Cina, il 13 agosto? 
«Non esistono più zone di mondo tranquille. Quando è esplosa l’epidemia ero in ritiro a Tenerife, alle Canarie: tre quarti dei ragazzi erano stati ai Mondiali militari di Wuhan dell’ottobre 2019». 
È in contatto con qualcuno? Sente i colleghi per aggiornarsi sulle evoluzioni? 
La palestra in taverna, gli esercizi nel giardino: vado avanti senza tifare per un posticipo dei Giochi. La telefonata di Duplantis 
«Dopo aver letto che l’Italia è al centro del contagio in Europa, mi ha scritto Armand Duplantis. Era preoccupato: come stai? Come vanno le cose laggiù? Lui era negli Usa ma la situazione era ancora tranquilla: mi ha raccontato che stava giocando a golf...». 
Come impiega l’inevitabile tempo libero da passare in casa? Ha riscoperto hobby, passioni, film? 
«Ho rispolverato la cineteca: Bud Spencer e Terence Hill, soprattutto. Ho appena rivisto Pari e Dispari. La giornata gira intorno agli allenamenti ma sto studiando per l’esame di matematica e la sera ascolto musica. Ho requisito i 400 vinili di papà e mi sono creato una piccola tana nella mia stanza: al buio, con le cuffie, riascolto di tutto. Da Paolo Conte agli Stones, da Battisti a Patty Pravo». 
Un’ottima occasione per riordinarla, quella stanza. 
«Farei felice mamma, ma continuo a essere disordinatissimo. Ho solo sistemato sugli ometti la collezione di maglie da calcio. Ne ho un centinaio, le ultime prese a Londra: quella del Chelsea e quella azzurra di Del Piero al Mondiale 2006, trovata in un mercatino». 
I 200 metri non sono in programma, conferma? 
«No, quest’anno la preparazione è finalizzata ai 100. A Tokyo, naturalmente, correrei anche la 4x100». 
Partenza modificata per essere più efficace. 
«Abbiamo cambiato i primi due o tre passi. Dettagli, tipo l’angolo della braccia dopo l’uscita dai blocchi. Agli Assoluti di Ancona, sui 60, mi sono piaciuto ma ci vorrà un annetto per assimilare tutto per benino». 
Tra gli obiettivi c’è il record italiano sui 100 metri da ritoccare, quel 9”99 che ha quasi due anni? 
«Preferisco chiamarlo personale più che record. Sì, nella mia testa l’idea c’è. Sto seguendo una curva di crescita costante: l’anno scorso, con la finale mondiale, mi sono confermato ad alto livello, ma questa dovrà essere la stagione del miglioramento». 
Che tempo servirà per entrare in finale a Tokyo? 
«Non bisognerà fare calcoli. Al Mondiale di Doha ci sono entrato con 10”11. Ma l’Olimpiade, in qualsiasi data verrà fatta, sarà totalmente imprevedibile». 
Per le condizioni particolari che l’hanno preceduta. 
«Non è facile mantenere il focus. Qualcuno tra i favoriti magari non starà benissimo, perché in questi giorni sta mollando l’allenamento; poi c’è sempre l’outsider, chi non avevi considerato. Saranno Giochi pazzi e impronosticabili, molto legati alla psicologia degli atleti più che alla forma fisica. Chi arriva più pronto di testa, vince». 
Ha già sentito il suo amico Livio Berruti per un consiglio? 
«Sistemando la cameretta ho appena ritrovato l’invito per la festa dei suoi 80 anni e il menù con dedica personalizzata. Appena metto giù con lei, lo chiamo per sapere come sta».