Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 22 Domenica calendario

Anthony Fauci, l’immunologo che tiene a bada Trump

Silenzio, parla Fauci. È il più importante virologo del Paese, il più esperto e il più libero. Da qualche settimana è anche il talismano dell’America, per acclamazione. Alla fine Donald Trump si è rassegnato: può solo aggiustargli il microfono, cedergli la parola e annuire vistosamente quando questo uomo minuto, con la zazzera bianca e gli occhialini anni Settanta, gli sta dicendo con garbo: ma allora non hai capito un tubo. 
Anthony Fauci, 79 anni, è il direttore del National Institute of Allergy and Infectious diseases, con sede a Bethesda, a un passo da Washington. Dal 30 gennaio, quando il leader americano lo ha chiamato nella task force anti-virus della Casa Bianca, ha ridotto da cinque a quattro le ore di sonno e ha rinunciato alla camminata quotidiana di 3 chilometri. 
Nella sua carriera ha lavorato per sei presidenti, da Ronald Reagan a Trump, e fronteggiato numerose malattie infettive, dall’Aids a Ebola. Ma è lui stesso a dire che questa epidemia è potenzialmente la più pericolosa, la più devastante per gli Stati Uniti e per il mondo. 
«Sono di New York, come si può capire dal mio accento», dice con il vezzo di molti abitanti della Grande Mela. Come dire: non ho pregiudizi, mi interessano i fatti, i risultati. 

È nato a Brooklyn. Il bisnonno era arrivato a New York alla fine dell’Ottocento da Sciacca, in Sicilia. Suo padre possedeva una farmacia che impegnava tutta la famiglia. La madre e la sorella stavano al banco. Tony faceva le consegne nel pomeriggio quando era un liceale e poi tra un esame e l’altro alla Cornell University Medical College. 
Ha sempre lavorato per il governo. A 28 anni entra nel National Institutes of Health e a 44 anni diventa direttore del National Institute of Allergy. Ed è ancora lì, in queste ore, a vagliare le ipotesi per trovare una terapia e un vaccino per sconfiggere il Covid-19.  
I primi tempi i reporter della Casa Bianca gli chiedevano se il presidente «gli avesse messo la museruola». E il dottor Fauci, con «The Donald» che lo scrutava da almeno mezzo metro più in alto, rispondeva: «Non porto museruole». 
Il team d’emergenza, però, sembra funzionare. Il vice presidente Mike Pence prende appunti su un grande block notes, cerchiando e sottolineando le frasi di Fauci, le filtra con gli umori trumpiani e le trasforma nella «strategia» per contenere il coronavirus. Il «dottore» vorrebbe ancora di più: da giorni, per esempio, raccomanda di interrompere tutti i collegamenti aerei interni nel Paese. Una decisione traumatica, visto che per gli americani i voli sono come i treni per gli italiani. Ma probabilmente anche in questo caso si farà come vuole «Tony».