ItaliaOggi, 21 marzo 2020
Orsi & tori
Non è tempo di polemiche. Ok. Ma l’analisi e il ragionamento conseguenti no, questi devono essere consentiti, senza incrinare l’impegno comune, ma per capire cosa è accaduto e che cosa bisogna immediatamente correggere. Non pensa, Signor Presidente del Consiglio? Indipendentemente da tutto c’è un dato, a prescindere da come è stato calcolato, che fa venire i brividi: più morti in Italia che in Cina; ma soprattutto una strage, almeno in termini di contagi ma purtroppo anche di morti, fra medici e infermieri. Ecco qua il primo punto da analizzare. Giovedì 19 sera, il bravo Corrado Formigli, a Piazzapulita, ha mandato in onda più servizi che hanno fatto emergere la radice di questi anomali fenomeni: 1) Come era già noto, il contagiato e contagiante numero uno, ovviamente in maniera involontaria, non solo ha contagiato i compagni di calcetto, ma recatosi all’ospedale ha contaminato più medici e operatori sanitari. Perché? Evidentemente perché i medici del pronto soccorso non avevano ricevuto nessuna comunicazione tempestiva che il virus era arrivato o stava arrivando e quindi sui pericoli di contagio personale, pur essendo noto cosa stava succedendo in Cina. Evidentemente, si aspettavano il rischio da malati cinesi (che non si sono mai presentati) e non da italiani.Medici sprovveduti? Assolutamente no. Il fatto è che tutti loro, come tutti gli italiani, stavano vivendo in una sorta di sicurezza, di immunità, derivante dalla sciagurata decisione del governo (presa dal Presidente Giuseppe Conte assieme ai ministri interessati) di essere l’Italia il primo Paese al mondo a sospendere tutti i voli da e per la Cina. Come se i provenienti dalla Cina non potessero arrivare via Francoforte, via Dubai, via Parigi. Quindi l’illusione di essere al sicuro, quindi nessuna, dovuta, informazione preventiva su sintomi e metodologia di approccio nel caso al pronto soccorso arrivassero persone sofferenti con determinati sintomi e quindi da visitare con tutte le cautele.
Ma Formigli ha mandato in onda un servizio ancora più inquietante e allo stesso tempo rivelatore, quello riguardante l’Ospedale di Alzano Lombardo, dove sono avvenuti due fatti gravissimi, diventando per questo il focolaio della provincia di Bergamo. Primo fatto: sono stati riscontrati due casi di persone contaminate. Bene, l’Ospedale è stato chiuso per qualche ora ed è stato riaperto, in base alla ricostruzione fatta, senza compiere nessun atto di sanificazione. Secondo fatto, in base alla testimonianza raccolta di un infermiere, un medico di servizio al pronto soccorso ha scoperto di essere contagiato; ha parlato per telefono con il suo responsabile dal quale, sempre secondo la testimonianza, ha ricevuto l’indicazione di mettersi la mascherina e di finire il turno di notte.
Sicuramente un caso di grave ignoranza, che tuttavia coinvolge non solo i diretti interessati ma il sistema che non è stato tempestivo nell’informare su tutte le cautele da prendere. Non per questo, ma per generosità e senso del dovere, ci sono poi i medici che sono stati contagiati e che sono in numero non trascurabile anche morti. Eppure, il sistema e chi lo guida avranno visto le immagini dalla Cina, con personale protetto vestito come il primo uomo sulla Luna; avrà visto schiere di cinesi e coreani che pulivano con disinfettanti potenti le strade... figuriamoci gli ospedali.
Allora, se questa è stata la situazione, se sono cadute nel vuoto, fino alla decisione di queste ore, grazie anche ai consigli degli otto medici cinesi arrivati con l’aereo carico di materiale sanitario, le invocazioni di chi chiedeva e chiede provvedimenti più restrittivi, assoluti, non si può che concludere che ce la siamo cercata. In Cina, e si dirà che non è un regime democratico, nelle strade c’erano i carrarmati. Carrarmati o camionette: non si poteva mobilitare l’esercito già dal momento nel quale si era capito che solo costringendo le persone a stare in casa era possibile arrivare con un’onda lunga al picco e poi alla discesa? Invece, si è pensato che per una civiltà dove la libertà di movimento è assoluta (e per fortuna), bastassero slogan come «io sto in casa» e siparietti di personaggi più o meno influenti sul grande pubblico.
Chi ha il potere e il dovere di decidere dispone sicuramente delle predizioni, derivate dal data science, che da almeno dieci giorni collocano alla fine di aprile-primi di maggio il picco. Poi ci deve essere la discesa. Ma si sono lasciate impunemente filtrare notizie per cui il picco era questione di una o due settimane, e quindi, dai a riprenderti, da parte degli impuniti, la tua piena libertà. Costoro non hanno capito, magari non hanno avuto neppure il racconto o il ricordo, di quando suonava la sirena perché arrivavano i bombardieri (il più noto e temuto, mi raccontavano i miei genitori, a Milano lo chiamavano Pippo). E allora via tutti nei rifugi sottoterra. Ecco, almeno in guerra c’erano le sirene di allarme; con il nemico virus non ci sono sirene. E soprattutto non si scordi un dato, che il data science del professor Mario Rasetti e dei suoi allievi (prima di tutto Alessandro Vespignani a Boston, dove guida l’elaborazione dei modelli matematici per Oms) ha chiaro da tempo: per ogni ammalato acclarato ce ne sono quattro asintomatici, nemici loro malgrado, assai più insidiosi di Pippo, che ronzava sulle case di una Milano completamente spenta per il coprifuoco.
Insomma, lo hanno anche rilevato i sondaggi: c’è circa il 30% di italiani che non ha capito o non vuole accettare almeno due mesi di clausura. Meno male che finalmente il governo lo ha capito; ma non basta, si possono mettere le regole più severe della terra, se poi non c’è chi ha la capillarità e l’autorità per farle rispettare, le regole restano lettera morta. Certo, i ribelli hanno avuto dalla loro la sconsiderata arroganza di due capi di Stato o di governo come Donald Trump e Boris Johnson. Per fortuna degli inglesi, come mi ha raccontato il bravissimo professor Walter Ricciardi, che è nell’esecutivo dell’Oms e consigliere del ministro Roberto Speranza, il ministro britannico della Sanità è persona assai diversa ed è riuscito a far naufragare la teoria dell’immunità del gregge. Tuttavia, Johnson è ben lontano da fare quanto l’esempio positivo cinese e quello ritardato dell’Italia insegnano.
Quindi, non «io sto in casa», ma come minimo «io devo stare chiuso in casa»: almeno per due mesi. Sarà dura, ma come ha detto il professor Massimo Galli è meglio stare seduti su un divano o una poltrona, fino magari a sfondarle, che in guerra con le bombe. Eppure, guerra è, anche senza bombe.
* * *
C’è poi, inevitabilmente e conseguentemente, la guerra finanziaria e il crollo dell’economia. E le bombe qui ci sono. Inutile ricordare quella lanciata dalla vigorosa presidente della Bce, Christine Lagarde, che quando era ancora direttore generale del Fmi, non si fece velo nel raccontare la sua vita sessuale: farlo almeno due volte alla settimana, nonostante i 60, a lei faceva molto bene. Forse ha usato la stessa disinvoltura nel dire che il chiudere gli spread non era tema della Bce. Evviva. Perché alla fine quella bomba ha fatto aprire gli occhi a lei, alla Ue, ai tedeschi (si spera che continui) ai francesi..., meno che agli olandesi. Finalmente, dopo le lezioni di Mario Draghi, la Bce è tornata a essere la banca di fabbricazione di moneta di tutti gli Stati membri. E il mondo intero sa che quando ci sono le crisi, in genere, battere moneta è la cura giusta. Tuttavia, la Germania non ha ancora accettato ufficialmente che gli acquisti di titoli di Stato possano avvenire in maniera non proporzionale fra i vari Stati. Se la Bce rispettasse questa regola, povera Italia. Un correttivo, oltre che per merito del virus, è stato trovato su una regola collaterale e cioè che se non si possono comprare più titoli di Stato per chi ne ha bisogno (l’Italia) la Bce può comprare corporate bond dello stesso Paese.
Ma per capire come tutto è interconnesso, occorre descrivere cosa è successo quando tutte le Borse d’Europa (come sarebbe tutto più semplice se ce ne fosse una sola europea) hanno proibito le vendite allo scoperto. Immediatamente lo spread italiano è andato alle stelle. Per quale ragione? Molto semplice: fino a quando si poteva vendere allo scoperto, gli speculatori vendevano titoli delle banche italiane che sono piene di titoli di Stato. Non potendo più vendere le azioni delle banche, nell’intento di speculare sui Btp, si sono diretti fulmineamente e direttamente sui titoli di Stato italiani. Lo spread è salito alle stelle. E finalmente tutti, a cominciare dalla Lagarde, si sono convinti a non giocare più a spillino, ma hanno annunciato mille miliardi annui per l’acquisto di titoli da parte della Bce e lo spread è rientrato.
Ma non è finita: c’è ancora un grave pericolo per il debito italiano e non solo. Il pericolo si chiama rating. Teoricamente la Bce dovrebbe poter comprare solo titoli investment grade, cioè con un grado di sicurezza elevato. C’è da credere che la Bce ai tempi del virus se ne farà un baffo. Non potendo proibire alle agenzie di rating, tutte private a parte quella cinese, di emettere rating sugli Stati, le banche, le società, la Bce dovrà infischiarsene, perché altrimenti sarà di nuovo un disastro.
Il problema è più complesso per gli istituti previdenziali: anch’essi devono comprare solo titoli investment grade e teoricamente, fra l’altro non potendo battere moneta, dovrebbero anche vendere quelli in portafoglio. È evidente che gli Stati dovranno intervenire.
Come si vede, Signori governanti e Madame Lagarde, c’è ancora molto da fare.
In particolare, oltre a tutti gli altri provvedimenti che l’Europa e i singoli Stati dovranno prendere per non veder cadere le aziende come birilli e i disoccupati lievitare a dismisura, c’è un problema immediato da risolvere: quello delle obbligazioni corporate che sono ad alto rischio e che sono state emesse negli ultimi tempi in grande quantità, visto i tassi molto bassi. Un bel rebus da affrontare. Unica soluzione, ancora una volta, dovrà comprarli la Banca centrale europea stampando moneta. La liquidità assumerà le dimensioni di una marea crescente, con tutti i pericoli che abbiamo già visto con le passate crisi finanziarie, provocate da chi ha abusato di questa liquidità.
Ma per pensare al futuro non ci sono solo questi problemi. C’è da domandarsi in quale mondo, dopo il Coronavirus, si svilupperanno questi problemi. Una visione probabilmente estrema, di quale sarà il mondo nei prossimi anni, la trovate nell’articolo, che Gabriele Capolino ha scritto riportando le previsioni contenute in un’analisi del Mit che riprende una simulazione dell’Imperial college di Londra (che ha fatto cambiare idea al biondo Boris Johnson). L’articolo, uscito in anteprima sul sito www.milanofinanza.it, è stato letto oltre 670 mila volte, cioè ci sono già 670 mila italiani che possono cominciare a capire che mondo sarà domani. Personalmente sono molto più ottimista, ma non si deve dimenticare che già nel 2015 il fondatore di Microsoft, Bill Gates, scriveva: non si morirà di missili ma di virus. A meno che non si cambino abitudini sociali e con esse non cambi il mondo.