Tuttolibri, 21 marzo 2020
Intervista a Luigi Garlando
Se l’intervista tra due nativi anni ’60 si svolge su Skype, per uno spettatore esterno l’effetto potrebbe essere quello di trovarsi di fronte a due nabbi leggendari. La voce cade, il video è scentrato, si muovono tasti a caso... Per me è frustrazione pura, dura un attimo ma basta per farmi sentirmi inadatta a questi tempi qui. Lui, invece, Luigi Garlando, 56 anni, giornalista sportivo e amatissimo autore di libri per ragazzi, non fa un plissé, forte del fatto che da più di un decennio è perfettamente sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda dei nativi digitali. I suoi titoli dedicati alla squadra di calcio delle Cipolline (la serie Gol!, di Piemme Il Battello a Vapore) dal 2007 a oggi hanno venduto milioni di copie in Italia e all’estero: mentre lo contatto è proprio alle prese con la scrittura del numero 64 della serie. Con il calcio gioca facile, direte voi. Ma non è questo il punto: per lui è la scrittura a essere un bellissimo gioco ed è il motivo per cui riesce a far innamorare i giovanissimi alla lettura. E poi il campo su cui si muove è sconfinato.
Giovanni Falcone (un titolo da 300mila copie, adottato in tutte le scuole), Che Guevara, Papa Francesco sono tra i protagonisti eccellenti nei suoi romanzi per ragazzi. Ora tocca a Dante Alighieri…
«Il filo rosso che lega questi grandi personaggi è la passione infinita per qualcosa. I lettori a cui mi rivolgo si trovano nell’età in cui è difficile trovare qualcosa per cui spendere il massimo delle energie. Così, scelgo una parte importante della vita di uomini dominati dalla passione per spiegare qualcosa per cui vale la pena vivere. Con Dante, vorrei che arrivasse il suo grande senso etico. Un personaggio all’apparenza così lontano, che invece con i ragazzi ha punti di contatto sorprendenti».
Non a caso Dante usava le rime, come fanno oggi i giovanissimi con il rap.
«Approfondire questa analogia mi ha dato un piacere immenso! Ricordiamoci che i primi versi li ha scritti quando aveva 20 anni con l’urgenza di comunicare, usando il dialetto quando l’unica lingua riconosciuta era il latino, e parlando in rima… Come fai, oggi, a sentire lontanissimo un tipo così? È un gioco che mi piace fare: staccare il quadro dalla parete e calarlo nella stanza per farlo conoscere meglio. Senza esagerare con le semplificazioni».
Per questo libro ha giocato sul serio, o meglio: ha buildato, killato e usato il Vampafucile per raggiungere la Vittoria Reale.
«Sì, ho fatto una full-immersion di Fortnite, il videogioco del momento. È successo un sabato mattina grazie all’aiuto del figlio di un’amica e due suoi compagni. Mi sono lasciato trascinare dentro il mondo della Battle Royale: ho fatto domande, seguito i loro ritmi e ascoltato il loro linguaggio. Volevo che il videogioco fosse il terreno d’incontro tra Vasco, il protagonista del libro, e Dante Alighieri. Sono negato con i videogame. Ma fanno parte della realtà dei ragazzi, se vogliamo comunicare con loro non possiamo fare finta che non esistano».
Da genitore la preoccupa il tempo dei nostri figli "rubato" dai videogiochi?
«Su questo tema si rischia di dire cose banali. Certo, mi preoccupo se mia figlia che ha 10 anni sta incollata al video. Fortnite, poi, soprattutto tra gli insegnanti, ha pessima fama… Ma il primo segreto per comunicare con i ragazzi è parlare delle cose che amano. Come scrittore sono nato così: ho cominciato a parlare di calcio riempiendo un buco incomprensibile nella narrativa per ragazzi. Dopo la scuola, i bambini, che cosa fanno? Giocano a calcio! Da lì è nata la serie delle Cipolline. Oggi tutti giocano a Fortnite, quindi: perché non parlare di Fortnite? È un punto di partenza per parlare di tutto».
Vasco, il protagonista, ha 14 anni e usa Fortnite per «scacciare il leone che gli morde il cuore».
«Lui fa il bulletto, è presuntuoso, ricco e anche bello. Ma nessuno ha capito l’odio che Vasco ha dentro per la morte della mamma, nemmeno il papà. Torna a casa da scuola e virtualmente ammazza tutti, si sfoga con il mouse sognando di diventare un giocatore professionista. La realtà è che non sa come gestire in altro modo il dolore che ha dentro. Bambini e ragazzi possono dire qualcosa attraverso i videogiochi. Non deve passare solo il messaggio che si usa Fortnite per non studiare. I videogiochi possono essere un modo per comunicare con gli adulti».
Infatti, Dante, che è più avanti di tutti, sceglie di lanciare una sfida a Vasco in quel mondo lì.
«Sì, per Vasco Fortnite è come il paese dei balocchi e Dante è la sua Fata Turchina. Il riferimento a Pinocchio è ricorrente in tutto il romanzo. Un burattino che deve diventare un bambino di carne. Vasco è un Pinocchio moderno: va alla scuola Collodi, la sorella maggiore viene "mangiata" dal pescecane, il naso è un tormentone in molte pagine».
Però a differenza della Fata Turchina, l’Alighieri parla in terzine.
«Sì, Dante si esprime in versi. All’inizio, nel videogioco, Vasco è convinto che dietro a quelle parole ci sia Nabil, suo compagno di classe rapper e ambientalista, rivale anche in amore. Ma poi, avviene l’incontro in piazza San Giovanni, a Firenze, dove Dante, che agisce sotto copertura facendo il mimo, gli dà appuntamento e gli parla, così:
"Non ti bastò Fortnite e la sorpresa
che ti feci alla festa l’altro ieri
quando facevi gol insieme a Chiesa?
Altra prova ti do dei miei poteri?
Chiedimi ciò che immagini segreto.
Vedrai che so vederti nei pensieri"».
L’uso disinvolto delle terzine dantesche mi ha conquistato! Chissà che fatica...
«In realtà mi diverto da sempre a comporre in terzine, per me è un po’ come il sudoku. Tanto che da anni ho nel cassetto 34 canti su Tangentopoli, girone per girone. Quell’allenamento lì è stato fondamentale, lo avevo nelle dita da un bel po’. Nei ringraziamenti però metto le mani avanti: non è un testo dantesco, spero che gli accademici non siano troppo severi!»
Dante aiuta Vasco a imparare a scegliere tra bene e male, ma anche a relazionarsi con la morte.
«La morte è una presenza quasi invadente tra le pagine, sia quando la affronto dal punto di vista umoristico sia quando la tratto seriamente. Era necessario affrontare il tema, che tra l’altro cade nella drammaticità di questi giorni in cui teniamo addirittura la contabilità dei morti a causa del Covid-19, con riferimenti a paure quasi medievali».
E poi c’è l’amore...
«È fondamentale per riflettere sulle relazioni. Però il capitolo che mi sta più a cuore è quello sull’integrazione: la mescolanza delle persone è sempre stata il danno delle città, dice Dante, è il male del mondo… Anche qui, insieme al poeta, si riflette sull’etica e non è certo lui ha fare la lezioncina! I ragazzi di oggi hanno un forte senso etico perché sono loro i depositari dell’ideale. Per questo Dante comunica così bene con loro».
Ma Dante è anche "un bambino di 700 anni che da un calcio al pallone ed è felice come una Pasqua"!
«È così! C’è una frase di Vittorio Sermonti (illustre dantista, ndr) che mi ha accompagnato durante la scrittura del romanzo: "Dante è così moderno che non ha bisogno di essere attualizzato". Detta così suona un po’ come la bocciatura di questo libro… Ma per me da sempre Dante è un buon amico, lui c’è, quindi non mi sono sentito di doverlo "attualizzare"... anche quando impara a palleggiare è proprio lui!».
Mi pare che nella modernità in cui è stato catapultato si diverta molto.
«L’effetto collaterale del genio è la curiosità. Tutto ciò che è nuovo, come l’hoverboard o lo stadio, impallina Dante. Che in più ha questo senso della miccia che si accorcia: sa che starà sulla terra ancora per poco e quindi è bulimico, vuole sperimentare più che cose può. La partita tra Fiorentina-Juve (altro che guelfi e ghibellini!), la scala mobile nei grandi magazzini... affronta tutto in modo molto leonardesco!».
Scommettiamo che dal 31 marzo molte tesine di terza media - se non addirittura qualche tesi di laurea triennale - saranno ispirate alla comparazione tra Divina Commedia e Rap?
«(Ride, ndr). Chissà, certo penso di poter dare uno strumento prezioso agli insegnanti. Nel libro ci sono molti spunti pronti da usare in classe, speriamo che nessuno si fermi solo a Fortnite. Anche perché la storia è lunga più di 500 pagine. Sembra quasi la sceneggiatura per un film. Ecco, sì... questo è di sicuro il mio libro più cinematografico».
A questo punto io oso con il pensiero: addirittura, ci vedo una serie. Tutte le piattaforme sono avvisate: Dante è pronto anche per provare l’esperienza del binge watching. Scommettiamo che si troverà da dio?